Ambientato nella Francia di fine Settecento, “Delitto al Grand Trianon” è un delizioso romanzo giallo che sfodera intrecci, fraintendimenti, situazioni stravaganti sullo sfondo di una Versailles animata da dame, gendarmi, nobiluomini e faccendieri. “Perché lì, nella Reggia di Versailles, di gente strana ne girava parecchia. Tra dames di corte, dames di compagnia, conti, marchesi, carrozze e scuderie, insomma, c’era un tale via vai di gente e cose in movimento, che ci si perdeva”
Vien da chiedersi subito cosa sia questo Trianon del titolo, e con una piccola ricerca scopriamo che il “Grand Trianon” è un palazzo rivestito di marmo rosa adiacente alla reggia di Versailles fatto costruire da Luigi XIV per la sua favorita Madame de Montespan, nel 1670. In una delle sue stanze, poco prima dell’inaugurazione del palazzetto dove si sarebbe trasferita Maria Antonietta, il “Petite Trianon”, viene trovato morto impiccato Antoine Mauront, tipografo con un passato di lavoro a Londra. Un suicidio, o un omicidio mascherato da suicidio? Il crimine appare legato al furto di un baule misterioso, senza valore, avvenuto poco prima in una caserma.
Saranno il Capitan Coucubert, a capo della guarnigione che protegge re e nobili della reggia di Versailles, e il suo sottoposto Cancasson a indagare l’accaduto. Mentre Cancasson è un ex contadino, molto astuto e dal grande fiuto, Captain Coucubert è uno scapolo impenitente che si fa ammaliare dalle bellezze di corte, ed in particolare da una dama piena di charme che gli fa perdere la testa: «Forse sono troppo solo, fanculo al mondo! Diciamo che ho bisogno d’une femme, ma qui dove la trovi una che ti fa bollire il sangue e ti dice che quella donna è quella giusta per te? Qui alla Reggia, sono tutte vecchie e intriganti dames, e poi, a noi soldati, queste femmes non ci guardano nemmeno. Vogliono il denaro e il potere, mentre io ho bisogno di tre cose: l’amour, une belle fille, e una casa dove portare une belle fille.»
Come li descrive la stessa autrice i due sono “due stravaganti investigatori, ironici e imprevedibili. (…); una coppia di investigatori scorretti, un po’ Don Chisciotte e un pò Sancho Panza.” Due personaggi dall’ironia irresistibile alla caccia di un assassino e di un mistero che metterà in luce una trama losca e complicata.
Tante le escursioni nella lingua francese (forse un po’ troppe, per chi non conosce la lingua) e le descrizioni accurate di un variopinto carosello di personaggi e di un’atmosfera lontana ma ancora molto affascinante: “Versailles è Versailles, non c’è che dire. È un posto che quando entri non vorresti più uscirne. L’hanno pensata bene gli architetti, quando hanno progettato di fare giardini pazzeschi, con viali, alberi, boschetti, dove potersi nascondere a fare l’amore senza essere visti, con quest’aria profumata che ti trascina e non ti lascia più andare via.”
Un romanzo leggero ma intrigante che sa trasportarci nei fasti e nelle miserie di un’epoca lontana con ironia e con uno stile semplice e scorrevole, proprio come una deliziosa operetta di fine Settecento. Nessun guizzo letterario, ma intrighi e personaggi che intrattengono piacevolmente.