Se non fosse già occupato da Carlo Lucarelli, il posto d’onore nella tavolata degli scrittori che ambientano i loro gialli in epoca fascista, spetterebbe di diritto a Angelo Marenzana. Alessandrino d’origine, Marenzana ha vissuto e lavorato per alcuni anni nella mia terra, lasciando un’impronta mica male: ha diretto una rivista di cui si sente tutt’oggi la mancanza e creato, nelle vesti di assessore provinciale, il Salone del libro. Di lui ho avuto così modo di apprezzare doti umane e professionali (ha scritto e pubblicato molto) e, più recentemente, la sua ultima fatica.
“Alle spalle del cielo” (Baldini & Castoldi) è la conferma di uno scrittore di razza, i cui punti di forza sono a mio avviso la caratterizzazione dei personaggi, che spesso strizzano l’occhio al mondo del fumetto, l’accurata ricostruzione storica e l’ambientazione: Alessandria, città che conosce come le sue tasche. Il risultato? Gialli che magari non hanno ancora incontrato il successo di vendita auspicato, ma che di certo sono noti a chi segue la narrativa di genere.
“Alle spalle del cielo” racconta le vicende dell’ex commissario Lorenzo Madia, costretto a lasciare il bancone del suo negozio di tessuti per dare una mano al cognato Vito Todisco, anch’esso commissario, impegnato in una complicata indagine che si svolge tra le nebbie cittadine. Todisco, però, è alle prese con le “faccende” della guerra e per questo chiede aiuto a Madia. Scapolo, clarinettista, l’ex poliziotto è il vero protagonista del romanzo. Un protagonista ricco di sfumature, molto umano, tutto da scoprire e da amare. Il lettore che, come me, non ha vissuto gli anni del fascismo, ha modo di toccarli con mano. Marenzana non si risparmia: la musica dell’epoca, le sirene d’allarme, i bombardamenti, tutto il corollario della guerra viene descritto nei minimi particolari. Ne esce un bel libro (ottima la copertina) che suggeriamo di acquistare non soltanto a chi si ciba di gialli storici, ma anche a chi ha voglia di leggere un romanzo con la R maiuscola, sebbene in qualche passaggio l’incedere sia un po’ rallentato da arzigogoli forse evitabili.
All’autore (e all’editor) perdoniamo volentieri: 1) alcune ripetizioni 2) alcuni luoghi comuni, vedi l’incipit del primo capitolo: “Teneva il bavero della giacca alzato e le mani nelle tasche dei calzoni” 3) e infine il “settimanale locale” (pag. 37) che – ahimè, lui, incolpevole – otto righe più tardi si trasforma in quotidiano.
Se fosse una canzone “Alle spalle del cielo” suonerebbe come un vecchio 45 giri: “Sapore di sale” di Gino Paoli. Voto: 7 e mezzo.
Alle spalle del cielo
Alessandro Garavaldi