Avevo perso lo sguardo tra le fiamme del caminetto. Graffiavano il libricino dalla copertina nera come lunghe dita. Le pagine venivano sollevate dal fuoco come respiri cadenzati, per poi trasformarsi in cenere. E cenere fa rima con oblio. Tra le fiamme vidi il bagliore di un lucchetto slacciato. Forse quello non sarebbe bruciato. Presi l’attizzatoio e feci cadere il lucchetto tra i ceppi di legno. Sentii picchiettare sulla spalla. “Ma che…?” sbottai, voltandomi di scatto.
“Dicevo che è un po’ presto, per accendere il camino”. Pietro mi scrutava con aria interrogativa.
“Non hai sentito le previsioni? Aria dalla Siberia in arrivo” dissi.
Lui si grattò sul capo, dove i capelli avevano lasciato il posto a una calotta di pelle. Dovette pensare qualcosa del tipo: mia moglie è impazzita. Si è data al riscaldamento preventivo, perché l’espressione si fece confusa. Alzò la mano in segno di resa e si lasciò ingoiare dalla sua poltrona. Trasalii vedendo che aveva l’iPad di Gabriele in mano. Poteva contenere qualcosa di compromettente. Pietro non poteva sapere. Non doveva sapere.
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