MilanoNera ha incontrato il noto criminologo Massimo Picozzi e il giornalista Mauro Zola per parlare della nuova antologia da loro curata per Cairo: 10 storie che celebrano il concetto di mostro, in stile rigorosamente true crime
Mauro, Come nasce l’idea di questa antologia e da dove viene un titolo cosě geniale?
Come spesso succede: per caso. Alla presentazione di Casi Freddi, antologia che io ho curato e a cui Massimo Picozzi ha partecipato, scherzavamo sul fatto di scrivere costantemente di delitti e tragedie, e da una battuta č saltato fuori questo titolo.
Cairo Publishing ci ha chiesto di curare insieme un’antologia in linea con questo concetto, ed essendo amici č stato un piacere lavorare insieme.
Cosa cambia rispetto a Casi Freddi, uscito all’inizio dell’anno per lo stesso editore e curato sempre da te?
In realtŕ ha poco a che vedere con Casi Freddi, un’antologia per la quale, visto l’argomento (i cold case) avevo scelto come autori addetti ai lavori come Garofano, Intini, lo stesso Massimo. Per 3MST abbiamo preferito puntare su autori di cui ci piacesse il modo di scrivere, o meglio il loro approccio alla comunicazione, visto che non si tratta di soli scrittori.
Come avete impostato l’antologia? E soprattutto, potete dirci in anteprima quali autori hanno partecipato?
Per dare un filo comune ai vari racconti abbiamo approfittato del fatto che usciremo poco prima di Halloween: da lě č arrivata l’idea di identificare dieci archetipi di mostri classici come il vampiro, il lupo mannaro o lo zombie, e di legare ad ognuno un fatto realmente accaduto. Potremmo dire che č il primo esperimento di true horror. Dieci i mostri e dieci anche gli autori: in ordine rigorosamente alfabetico Donato Carrisi, Diego Cugia, Michele Giuttari, Laura Pariani, Maria Rita Parsi, Massimo Picozzi, Paolo Roversi, Cinzia Tani, Mauro Zola e il team dello Zoo di 105.
Molti di loro non avevano mai scritto un true crime, qualcuno non l’ha fatto neppure in questa occasione, ma il risultato finale č ottimo.
Professor Picozzi, ma da dove arriva questo bisogno di celebrare i morti?
In realtŕ la pensata non l’abbiamo avuta proprio noi, e ne condividiamo volentieri la paternitŕ con l’uomo di Neanderthal, o con l’ominide di turno candidato a rappresentare
il primo anello della catena. Non č che un cadavere sia un gran bello spettacolo per i nostri sensi, soprattutto se ancora fresco. Forse pensiamo che far festa con i defunti sia un modo per non dimenticarli, ma non c’entra solo il debito di riconoscenza, piuttosto speriamo che lo stesso trattamento verrň riservato a noi quando sarŕ il momento, ovvero… il piů tardi possibile.
Sarebbe terribile immaginare che, con tutta la fatica che abbiamo fatto per sopravvivere a tasse e mutui, figli e suocere, poi ce ne andassimo senza lasciar traccia nella memoria altrui.
Eclissi, tenebre, buio. Che cosa rievocano queste parole nella mente delle persone e perché vengono associate alla paura e ai mostri?
Sarebbe bello credere che la storia dell’uomo sia fatta di amore e sentimenti, quando invece č cresciuta a generose dosi di panico e terrore. Niente č peggio di Mostro. Sembrerŕ strano, ma piuttosto che fissare l’oscuritŕ e non vederci altro che il nulla, la nostra mente preferisce riempirla un po’, anche di figure terribili.
E tra i mostri, visto che non c’č prova di dove siano finiti tutti quelli che ci hanno preceduto, ci stanno a pieno titolo tutti loro: i morti, con le varianti dello zombie, del fantasma, degli scheletri che danzano al ritmo battuto da un triste mietitore, con tanto di falce… e mantello!
Ecco perché, a mio avviso, se a qualcuno č venuto in mente di onorare i morti non č per la paura di essere dimenticati, quanto piuttosto, mi concederete il neologismo, perché tutti ne abbiamo una paura fottuta!