Cuore capovolto – Paola Barbato



Paola Barbato
Cuore capovolto
Neri Pozza
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Fino a che punto una persona può definirsi  “sacrificabile” in virtù della contrapposta salvezza di un innocente? Si può distruggere la reputazione di una donna anziana solo perché è l’unico mezzo per poter sbloccare un sistema che solo allo step successivo permette di togliere dal pericolo dei ragazzi innocenti? 

Sembra il conflitto di Raskolnikov in “Delitto e Castigo”, invece se lo domanda Alberto Danini, un esperto informatico della Polizia Giudiziaria operativo a Roma, presso lo SCO, dove  ha in carico la sezione “figure fragili”.

Il suo è un raffinato lavoro di mimesi: fermo sulle panchine dei parchi o in un angolo di un Mc Donald, studia come un’ombra il comportamento -e soprattutto il gergo, sempre in evoluzione- dei più giovani, con lo scopo di fingersi uno di loro nei cunicoli della rete. Due sono infatti i ruoli che lui e i suoi colleghi possono ricoprire per incastrare i mostri del web: i cacciatori e i segugi. Se i primi sono incaricati di scoprire i percorsi e i meccanismi attraverso i quali i minori  “cadono in trappola”,  i secondi li ripercorrono fungendo da esca contro i malvagi.

Un ruolo che ad Alberto riesce particolarmente bene proprio per il suo talento nell’immedesimarsi con i più deboli. Qualità che tuttavia è al contempo la sua arma vincente e il suo tallone d’Achille. Inevitabile, che lo assalga il dubbio di assomigliare a un parassita che si nutre delle vite altrui fingendo di essere chi non è. Ingannare le stesse persone che deve proteggere per uno scopo superiore, pensa, è il grande paradosso del suo mestiere.

“Cuore capovolto”, lo definisce la collega per consolarlo: mentre quello di un mostro batte dalla parte sbagliata, il suo è solo costretto a nascondersi “al rovescio” per risultare credibile. Ma questo ad Alberto non basta, nel momento in cui si ritrova a dover affrontare la sfida più difficile della sua carriera.

Si tratta di una rete tentacolare dalla struttura piramidaria -a cui si accede solo per invito-, che ha per oggetto il baratto di vari favori, all’inizio apparentemente innocui, poi via via sempre più al limite del legale. 

Un gattino, un criceto, un anatroccolo, un pesciolino, un puledro, e così via, fino ad arrivare all’ agnello. Sono le metafore zoologiche di un’escalation di missioni, tutte rigorosamente in codice, al cui compimento corrisponde l’acquisizione di crediti virtuali, diffuse via web dalla Rete dei Cuccioli. Tutto parte dalla denuncia di un genitore, che intercettando il cellulare del figlio tredicenne ne sospetta il coinvolgimento in un giro di pedo pornografia. 

Alberto vuole vederci chiaro, ma l’urgenza è tale da farlo cadere nella sua stessa trappola: l’ansia da prestazione, che ne genera il primo, fatale errore da cui prende avvio la valanga che lo travolgerà fino alla fine. 

Il romanzo di Paola Barbato è una successione incalzante di pugnalate affilatissime e feroci nella carne viva che risveglia domande profonde attraverso un’immersione totale  nel mondo sempre più tentacolare dell’informatica.  Sin dalla prima pagina, lo stile essenziale e allo stesso tempo pieno di ritmo precipita il lettore in un incipit talmente coinvolgente, che diventa impossibile lasciare il capitolo a metà. E così via: è una lettura che ti afferra per la camicia  e ti porta con sé, che tu ne sia consapevole o meno, in un’unica carrellata di pochi giorni, fino al rash finale.

Incredibile la padronanza di un mondo così complesso come quello del web. Sorprendente.

Silvia Alonso

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