
Andrea Vitali
Il mistero del bambino senza parole
Ill. Sabrina Gennari
Piemme
Nel volumetto di Andrea Vitali, narratore contastorie di grande successo che non ha bisogno di presentazioni, in realtà c’è ben più di un mistero. Un bambino che vive solo con la mamma in una casa nel bosco gioca ad arrampicarsi su un albero, ma quando vuole scendere le foglie lo spingono dolcemente verso l’alto e arrivato in cima spaventato piange, ma le foglie gli accarezzano il volto e gli asciugano le lacrime; nel buio vede una luce dalla finestra illuminata di una casa al di là del bosco. Quindi i rami fanno l’operazione opposta e lo riportano a terra. Un mistero.
Il bambino, che non ha un nome, decide di indagare e un giorno in cui rimane solo perché la mamma è andata a trovare la nonna, attraversa il bosco e dalla finestra della casa vede un bambino seduto sul letto. Che contentezza! Ha finalmente trovato un compagno di giochi. Ma che ci fanno tutti quei bambini soli nel bosco? Un bel mistero. Anche se il nuovo bambino non parla, i due giocano insieme divertendosi molto. Tuttavia c’è qualcosa di strano che dapprima sfugge al nostro piccolo esploratore: nella casa dell’altro bambino non c’è nemmeno un libro. La mattina dopo con la mamma ritorna portando un libro e lo sfoglia davanti all’amico, che con l’indice indica una parola tra le tante, “amico”. Poi leggono insieme il libro ad alta voce. In appendice quattro paginette di facili giochi per detective in erba.
È una piccola, semplice e chiara storia a grandi caratteri stampatello, vivacemente illustrata da Sabrina Gennari, con una bella morale che tocca la curiosità infantile, il coraggio, l’amicizia, i libri, la lettura condivisa. Ma, a parte il fatto che non si capisce il mistero per cui questa affabile favoletta venga pubblicata in una collana che si chiama “Minigialli”, a dirla tutta, da Vitali nel momento in cui decide di scrivere per i piccoli ci possiamo aspettare di meglio. L’autore stesso spiega lo spirito del libro che si rifà – non dice quanto consapevolmente – alla poetica pascoliana del “fanciullino”, che (come scrive su “Robinson” dell’8 agosto) vuol “dare ascolto solo a quel bambino, che, come amiamo dirci a volte noi grandi, vive dentro di noi”. Provaci ancora dott.
Da 6 anni