Spumeggiante ed effervescente, la storia ambientata nella Milano degli anni Ottanta ci riporta ad atmosfere, modi di dire, abitudini e mestieri di quasi quaranta anni fa. Mostrandoci le possibili declinazioni del «giallo». Già, perché riprendendo e parafrasando il titolo di un altro famoso romanzo, anche il genere giallo può vantare cinquanta e più sfumature. E quella scelta da Paola Varalli ci piace molto.
Leggera e divertente, la vicenda ruota attorno al bar William (pronunciato Viliam alla milanese) e ai suoi affezionati frequentatori, nonché investigatori «casalinghi». Viliam, il proprietario, lavora come barista nel suo bar: due vetrine sulla via Paolo Lomazzo, traversa di Paolo Sarpi, nel cuore della Chinatown meneghina. La sua principale caratteristica? La «manina corta», ovvero una certa tendenza alla spilorceria: insieme all’aperitivo, quanto di meno «marketing oriented» esista, il nostro barman serve olive contate e patatine della stagione precedente. Per fortuna, a equilibrare l’offerta del locale ci pensa Socrate, il padre del Viliam, famoso per le sue polente, brasati, risotti alla milanese e tagliatelle al sugo. Annaffiati da abbondanti bicchieri di vino rosso. Affezionati clienti e amici sono il Marietto, virile gommista in tuta blu, il cosiddetto «toni» degli operai milanesi e Pino, idraulico fidanzato con Ornella, anche lui abbigliato con il «toni» d’ordinanza.
Il gruppo di detective, amanti delle indagini, ipotesi, supposizioni, ricerche e verifiche ad ampio spettro, si muovono questa volta su due piste. Una è legata al suicidio di tal Rosolino Pochintesta, operaio, scapolo cinquantaduenne originario di Lissanza e residente a Rho. Scomparso da più settimane, il suo corpo viene ritrovato nei pressi di Sesto Calende, ivi trascinato dalla corrente del Ticino. Cosa c’è di così strano o urgente da spingere i nostri quattro a indagare? Il fatto che Rosolino fosse figlio di Ines, una cara amica di Socrate che lo considerava quasi un «figlioccio» e non crede si possa essere suicidato.
La seconda pista è legata alla Eddy, amica dei quattro. In realtà, il nome intero sarebbe Edmonda de Amicis: donna imponente che di mestiere fa la buttafuori in un night club dal milanesissimo nome di BarLafus, gioviale e palestrata, capace di tirare di boxe, un fisico di tutto rispetto, con muscoli torniti al punto giusto e una tecnica sopraffina, da più di tre anni frequenta il gruppo e spesso ha offerto un valido aiuto nelle loro indagini da investigatori dilettanti. Non dimentichiamoci che i telefilm di Jessica Fletcher, su Rai Uno, erano andati in onda solo l’estate precedente!
Per tornare alla Eddy e alla pista che conduce a lei: una certa Albisa Cocca ( che Socrate e gli altri continuano a chiamare AlbiCocca), di professione entraîneuse nel locale dove la Eddy lavora come buttafuori, chiede il loro intervento perché teme che l’amica sia ricattata e si trovi, in qualche modo, in pericolo.
Le due indagini, quella intorno al suicidio di Rosolino e quella intorno alla Eddy e alle minacce che la metterebbero in pericolo, si snodano in più direzioni, coinvolgendo altri «attori» tra cui Walter Tieghi e la sua orribile guida (non fa altro che mettere e togliere la marcia e, siccome per attuare questa operazione gli tocca schiacciare la frizione, ottiene un’accelerazione involontaria… con aumenti di velocità improvvisi e frenate al rilascio della frizione) e tal Eglantino Pelagalli, detto Tino oppure Amedeo (perché somigliante ad Amedeo Nazzari). Si tratta di un professore solitario che cerca compagnia, del tutto innocente data l’età, al BarLafus e …avrà un ruolo di non poco conto nel corso delle indagini.
Le ricerche, sulla scia di uno strano bigliettino ritrovato dalla Eddy sul suo Trotter, conducono i nostri protagonisti, e noi con loro, in una specie di caccia al tesoro attraverso luoghi dimenticati, magici e nostalgicamente «milanesissimi». Nel bigliettino vengono riportati alcuni versi tratti dall’Adelchi che guidano i nostri in via Manzoni, poi in piazza Buonarroti dove si trova il monumento a Verdi e la casa di riposo da lui fatta costruire; in piazza Cadorna e via Carducci; in via Senato dove Marinetti fondò la rivista «Poesia» e corso Venezia…via Lanzone, Turro, Greco… ma non solo. Non vengono trascurate nemmeno incursioni ed esplorazioni nel territorio lombardo più vasto: Gallarate, Lisanza, Angera, Somma Lombardo, le sponde del Ticino …E non mancano nemmeno ipotesi e piste che sembrerebbero portare a giri poco chiari: prostituzione, diffusione di foto e ricatti, malavitosi dell’est Europa… ma attenzione, perchè il titolo ci ha già messo sull’avviso: «bordell per nagòtt»!


