La storia ruota attorno a un terribile incidente d’auto, avvenuto tre anni prima dell’attuale svolgimento dei fatti, così come al corpo di una psichiatra quarantenne che giace immobile in “stato vegetativo permanente”, come viene definito dai medici. E in mezzo ci sono solo sussurri, luci e ombre. Presenze di visitatori che si alternano al suo capezzale, portando discorsi che vengono colti dalla malcapitata a mozzichi e bocconi. Una fiera dell’ipocrisia, poiché ciascun familiare o amico nasconde dei segreti, com’è tipico della vita reale.
Un romanzo inquietante e claustrofobico, a dire poco. La dottoressa Tamsin Shaw sente tutto ed è in grado di elaborare le informazioni che le vengono fornite, avendo acuito un particolare senso pratico che la fa lavorare di logica. Paradossalmente, lei vede più lontano rispetto a quando era sana, ma non lo può dimostrare. Il suo corpo resta inerme, manipolato come quando era in coma dalle infermiere di turno, ingaggiando una corsa contro il tempo.
Non essendoci stati dei miglioramenti consistenti, ci si prepara infatti a staccare la spina. Verrà la morte e così Tamsin non conoscerà mai la bimba che aspettava al momento dell’incidente e che le fa sovente visita, accompagnata dal papà Jamie e dalla sua migliore amica Lucia. Per questo quel corpo “morto” deve reagire in fretta e non arrendersi. Tam, come viene chiamata, deve lottare per la piccola Elise, che ha bisogno della sua mamma.
La nostra protagonista sente che un risveglio motorio ci sarà solo quando riuscirà a ricordare l’incidente, qualcosa di talmente spaventoso da costringere la mente a entrare in una sorta di stand by, al fine di proteggere se stessa.
Se si considera poi che la dottoressa Shaw lavorava per il tribunale, nel campo della valutazione di soggetti accusati di violenza sulle donne, il discorso diventa ancora più scottante e pericoloso.
Chi ha inteso farle del male? Soprattutto, costui è ancora a piede libero e può entrare nella sua stanza in qualsiasi momento?
Una storia che mette angoscia, dove i sensi sono sempre in allerta. Olfatto, tatto e udito devono fare a meno della vista, dato che la donna riposa con gli occhi chiusi. “Non restano che l’oscurità e le voci che saranno le mie più care amiche finché non ritroverò la mia.”
Le voci intorno a me è il primo romanzo dell’inglese Natalie Chandler a essere pubblicato in Italia, nel settembre 2025 da Giunti, con traduzione di Sara Reggiani. L’autrice lavora nel campo dell’educazione comportamentale ed è nota per avere scritto numerosi thriller psicologici, che sono diventati dei bestseller di Amazon.
Che dire dello stile? Senza dubbio cinematografico, semplice e accattivante. Chandler sembra non amare un massiccio uso della virgola, di cui fa spesso a meno. I capitoli sono narrati dalla stessa Tasmin Shaw, in prima persona, mentre giace nel letto di una clinica privata londinese, con sensazioni che vengono depurate e amplificate. E questa è la parte più emozionante, poiché serra il lettore in una morsa d’impotenza e passività che si spera sempre possa allentarsi. Così come sono presenti capitoli in terza persona, a opera della stessa protagonista quando ancora stava bene, nonché del marito Jamie che di sicuro risulta un uomo ambiguo. Tamsin e Jamie, in sostanza, che si alternano tra un adesso e un prima.
Il finale a sorpresa, con colpi di scena a profusione, aumenta il clima frustrante di vedere la propria esistenza finire totalmente in balia del prossimo.
Una storia adrenalinica, consigliata a chi ama la suspense e sfida la vertigine data dalla mancanza di controllo sulle proprie azioni. Un limbo che può essere occasione di rinascita, per imparare a guardare la vita con occhi diversi.