Strani disegni – Uketsu



Uketsu
Strani disegni
Einaudi
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Ci sono libri che si lasciano leggere con leggerezza, e poi ce ne sono altri che sembrano sfidare il lettore fin dalla copertina. Strani disegni, dello scrittore giapponese Uketsu – divenuto un vero e proprio caso editoriale in patria con oltre 1,6 milioni di copie vendute – appartiene senza dubbio alla seconda categoria. Pubblicato in Italia da Einaudi, questo romanzo si presenta come un oggetto narrativo non identificato, simile per struttura e impatto a un cubo di Rubik: apparentemente caotico, disordinato, quasi respingente, ma destinato a incastrarsi con precisione perfetta pagina dopo pagina, rivelando un meccanismo narrativo sorprendentemente preciso e decisamente inconsueto.

Il punto di forza del romanzo è, senza dubbio, la costruzione della suspense. L’autore gioca con il lettore con la sicurezza di chi sa che la tensione si costruisce non con i colpi di scena improvvisi, ma con la pazienza chirurgica di chi sposta i tasselli uno alla volta, facendoli combaciare nel momento esatto in cui la curiosità è sul punto di esplodere. A quel punto, il lettore viene come preso per mano per approdare alla fase successiva. Un po’ thriller, un po’ gioco di ruolo. La trama, inizialmente frammentaria e disorientante, è orchestrata con tale attenzione al dettaglio che ogni singolo frammento, anche quello apparentemente più insignificante, finisce col trovare il proprio posto. Questo processo di composizione progressiva crea un effetto magnetico: è impossibile interrompere la lettura, o anche solo lasciar riposare il libro sul comodino. Una pagina tira l’altra, come in un incubo lucido in cui si è costretti a cercare una via d’uscita.

Ma Strani disegni non è un horror, almeno non nel senso convenzionale del termine. Nonostante alcune immagini — a tratti disturbanti e cariche di un’inquietudine visiva che rimane addosso — il romanzo non cede mai al gusto del macabro o del sensazionalismo. Il terrore non nasce da mostri o ombre, ma da qualcosa di più sottile e psicologico: l’inquietudine che si insinua tra le righe, il disagio che si insedia nei silenzi e nei non detti. È un thriller psicologico, nel senso più puro del termine, dove l’angoscia proviene dalla costruzione calibrata dei fatti, dallo svelarsi lento e inesorabile dei segreti, più che da atmosfere cupe o colpi di scena ad effetto.

Interessante è anche la scelta narrativa di affidare una parte importante della progressione della trama a rappresentazioni grafiche. Gli indizi non arrivano solo tramite parole, ma anche attraverso appunto strani disegni che costellano il racconto e che costituiscono, in qualche modo, una seconda narrazione parallela tutta da scoprire e interpretare. È un uso sapiente del visivo in un romanzo che, pur rimanendo ancorato alla parola scritta, riesce a dialogare con l’immagine come fosse un altro personaggio, uno che comunica senza parlare, ma con una potenza spesso superiore a quella del testo.

Un altro elemento che distingue Strani disegni dalla narrativa di genere più tradizionale è l’assenza di un vero e proprio investigatore. Non c’è un detective, né un protagonista votato alla ricerca della verità: l’indagine è lasciata al lettore, chiamato a interpretare ciò che accade e a ricostruire il mosaico. Questo contribuisce a creare un’atmosfera di straniamento, accentuata da personaggi che spesso sembrano anaffettivi, incapaci di stabilire legami emotivi profondi, eppure capaci di gesti che sfiorano l’incredibile, l’inaudito, l’inumano.

A rendere ancora più affascinante il libro è la figura stessa dell’autore. Uketsu è un noto youtuber e content creator giapponese che ha costruito il proprio successo sull’anonimato, mostrandosi sempre dietro una maschera. Un alone di mistero che inevitabilmente si riflette nella sua scrittura: enigmatica, straniante, ipnotica. La maschera di Uketsu non nasconde solo un volto, ma anche una poetica narrativa precisa, fatta di omissioni, simboli, tensioni sotterranee e dialoghi mai fuori dalla righe.

Un romanzo che sfida le etichette: non è un giallo, non è un horror, e neppure un thriller nel senso classico del termine. È un’opera che vive nel territorio sfumato dell’ambiguità, dove l’inquietudine prende il posto della paura, e dove la verità si raggiunge per accumulo, non per rivelazione improvvisa. Un libro che si legge con il fiato sospeso e che, una volta chiuso, continua a risuonare nella mente, come uno di quei disegni che, a prima vista, sembrano incomprensibili, ma che a uno sguardo più attento si rivelano per ciò che sono: mappe del lato più oscuro della mente umana.

Daniele Bonetti

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