Siano nell’Italia fascista degli anni trenta, a Milano. Viene ucciso un certo Bassetti, uomo schifo e defilato che lavora presso una grossa casa editrice come responsabile editoriale. Omicidio premeditato o tragico errore? Sta di fatto che l’inatteso episodio trascina nello sconforto più tetro la sua fedele segretaria, una certa Donatella. Accanto all’uomo steso per terra non vi è più il suo borsone dal quale ultimamente non si separava mai. Cosa conteneva di così compromettente da essere trafugato? Alla ricerca del contenuto si avvieranno la segretaria, le forze dell’ordine e anche alti funzionari della polizia segreta. In realtà il caso si complica perché Donatella era diventata, suo malgrado, confidente dei servizi segreti per salvare il fratello dalla prigione. Commissario e segretaria daranno il via ad una caccia con alterne fortune sino all’esito finale imprevedibile. Si tratterrà del furto di un manoscritto e sarà in qualche modo legato al periodo storico con le sue repressioni e controlli. L’eversione e la dittatura si fronteggeranno idealmente nelle pieghe di un misterioso libro. Singoli individui, presi dai loro meschini traffici o da amori impossibili daranno vita ad una ricerca che trascina nella lettura e solleva domande anche di carattere sociale e politico.
Gian Arturo Ferrari è un famosissimo direttore editoriale che per tanti anni ha diretto la Mondadori e poi ha ricoperto prestigiosi incarichi. Conosce quindi dall’alto e in maniera profonda il mondo della carta stampata con i suoi pregi e difetti.
L’autore si cimenta per la prima volta con il giallo. Il libricino si legge piacevolmente ed è scritto con grazia e garbo e ci consegna un quadro delle manomissioni che il potere esercita sull’editoria. Tale conflitto viene, secondo me, abilmente traslato in un epoca passata, foriera però di richiami all’ordine e al controllo.Â