Spesso un carillon non è solo il semplice scrigno musicale di tutti i sogni infantili espressi al chiaro di luna, tra i soffici volteggi di una ballerina. Soprattutto se riposto nel cassetto al suo fianco c’è una scatola di rovere in cui riposa una pistola.
Per il noto teorema di Cechov, la pistola che prima o poi tenterà la ribalta non sarà solo una refurtiva peregrina, bensì il principio di una reazione a catena iniziato con quel fatidico notturno.
Sarà dunque tutta colpa di Chopin se anche questa volta tornerà a travolgerci la protagonista di questo romanzo con la sua carica di irruenza. Pari a quella del suo temuto omonimo, ma con effetti benefici e assolutamente irresistibile. L’uragano Olga, declinato alle incrociate penne di Cristina Aicardi e Ferdinando Pastori ci catapulta per la seconda volta nelle disavventure della Miss Marple del brianzolo in compagnia dell’immancabile spalla (molto ben vestita) Franco Reali, l’affascinante investigatore che tra una schermaglia e l’altra rischia di rubarle il cuore.
Fugato l’Attilio di troppo dalla dote di Olivia, l’adorata nipote nonché pusher di dosi massicce di dolci alla crema di cui Olga è golosa, le velleità indagatorie della protagonista vengono ora catalizzate dalla casa di un’amica.
In barba al suo Oscar, che alle scatolette in offerta preferirebbe un succulento diversivo, questa volta la nostra eroina è alle prese con i topi d’appartamento e le refurtive dal valore affettivo esplosivo, che si assumerà il compito di ritrovare. Sempre che i nuovi acciacchi della Frau Irma (una madre particolarmente arzilla e linguacciuta) glielo permettano, e ovviamente grazie a una fila di stratagemmi e ai colpi di scena che, giocato scacco matto con la mossa vincente della regina, metteranno Reali con le spalle al muro.
Che dire? Olga è uno di quei personaggi disarmanti, di cui ti innamori sin dalla prima pagina nonostante il bagaglio di difetti che si porta dietro, anzi, proprio grazie a loro, a partire dall’incapacità dimettere un filtro alla propria lingua, spesso più veloce del cervello. Sesquipedale, per dirla con l’espressione di Gianni Brera che pare perfetta per l’humor straripante della nostra biondona non del tutto fuori gioco a livello di stagionatura.
Un senso della battuta che fa svettare Olga su tutto lo strascico di cognomi e di sorelle che si trascina dietro. Già, perché le Cazzaniga Peroni sembrano quasi fatte col bicchiere, tanto non hanno sbavature: Ottavia, Olimpia, Olivia e persino villa Odilla sembrano non potersi sottrarre a quella famosa legge di Giotto. Credo che in effetti sia proprio questo il segreto: la O maiuscola che rende il sorriso della nostra eroina disarmante, come il cerchio che disegna lo stupore sulla bocca di un bambino.
Un romanzo che dà dipendenza come i golosi bomboloni alla crema della nostra eroina.