Zoo/La rabbia di Matteo Guerrini Premio Tedeschi 2022
Come da tradizione che perdura da anni, a luglio vede la luce il romanzo che si è aggiudicato il prestigioso Premio “Alberto Tedeschi” Giallo Mondadori per il miglior giallo inedito, istituito nel 1980, e la cui vittoria coincide con la pubblicazione del romanzo nella mitica collana da edicola che coi suoi novantatré anni di storia è la più longeva e letta in Italia.
Il vincitore della 43° edizione, Matteo Guerrini, ha convinto la giuria col romanzo Zoo/La rabbia, il cui titolo è coniato da un’espressione tipicamente orientale. Guerrini, infatti, lavora nel mondo della ricerca genetica e vive in Giappone da dieci anni, e proprio nella terra del Sol Levante è ambientato il suo romanzo d’esordio dalla trama complessa che schiaccia l’occhio all’hard boiled ed capace di avvincere il lettore fin dalle prime righe e di trascinarlo nel mondo rutilante di una terra ipertecnologica ma non esente da crimini e delitti. Come avviene ad ogni latitudine di questa pianeta dove interessi e passioni convergono e si scontrano.
Sulla scena vediamo interagire una nuova coppia di investigatori, il commissario Jo Hara della Polizia di Kanagawa e la sua spalla, il collega Suzuki Masato, la cui amicizia si è consolidata in accademia dove entrambi hanno sperimentato proprio i prodromi di Zoo, la rabbia, e grazie ad essa hanno vinto nelle sfide sportive e continuano a non indietreggiare d’un passo nella vita professionale e umana.
Hara è un personaggio disincantato, che non si fa problemi a parlare chiaro, né ad aggirare le regole per raggiungere lo scopo, due caratteristiche atipiche in Giappone. Suzuki invece è un personaggio gregario che tende a minimizzare le proprie interazioni con il mondo. Parla poco, agisce solo in caso di bisogno, obbedisce agli ordini. Sono due personalità che si completano, come spesso succede in una coppia di amici e di protagonisti che funzioni. Hara e Suzuki sono amici, insomma, ma non lo riconoscono mai apertamente. Si fidano l’uno dell’altro, ma cercano di non darlo a vedere.
Un cenno all’incipit della trama: Naomi Goto, giovane biologa, per vivere gestisce una lavanderia a gettoni a Shinjuku. Una sera subisce un’aggressione sessuale e Abe Tomoki, il datore di lavoro dell’aggressore, per difenderla, uccide il suo assalitore, ma le fa chiaramente capire che adesso lei è in debito con lui e dovrà ricambiare il favore e Naomi si troverà coinvolta in una vicenda più grande di lei che affonda i prodromi in tempi lontani. Uno dei due favori richiesti, il più semplice, sembra perfino banale, ritirare un trolley alla stazione di Tokyo. Ma è proprio lì, nei corridoi della stazione, che sarà ritrovato il cadavere di un uomo nell’indifferenza generale delle nostre moderne metropoli. Le telecamere di sorveglianza riprendono un trolley nero passato di mano nello stesso istante dell’omicidio, per poi sparire. A passare il misterioso bagaglio è stata una ragazza in tailleur nero, il volto nascosto da una mascherina e da un paio di bizzarri occhiali da sole: Naomi Goto.
E quando Naomi Goto si presenta in commissariato, Jo Hara e il suo collega Suzuki Masato dovranno ricostruire tassello dopo tassello per rimettere insieme i pezzi di un enigma fatto di ombre e sangue, incastonato tra una serie omicidi efferati e gli orrori di un passato lontano che alimenta una rabbia sotterranea che il passare del tempo non ha diluito né fatto dimenticare.
Non sveliamo altro per non togliere ai lettori il piacere della lettura, ma aggiungiamo che l’autore dimostra indubbie capacità anche nel tratteggiare le personalità dei personaggi secondari come Naomi, regalando pennellate che graffiano e lasciano il segno.
Si sentiva cancellata, come una parola sbagliata da un foglio bianco. Una vita scritta a matita.
Quanto vale dunque una vita umana oggi anche nel Giappone ipertecnologico in tempi di social in cui tutto diventa fruizione immediata?
Ci ha detto Matteo Guerrini: Ogni singola vita ha un valore inestimabile, tuttavia durante l’intero corso della storia uomini appartenenti alle culture più disparate hanno sacrificato numerosissime vite senza battere ciglio. Con quel commento alludevo allo spettro del fallimento, tanto più spaventoso quanto più è competitiva la società in cui viviamo. Nella società moderna, in cui ognuno viene valutato in base alla performance, il fallimento è sempre
in agguato, pronto a sbranarci.
E ancora: Quando le vite di due persone si incrociano, le storie che ne possono scaturire comprendono l’intero ventaglio delle possibilità umane. Le persone o i personaggi – possono diventare amici, sodali, amanti, nemici, e così via. Ma cosa succederebbe se quelle vite non si incrociassero mai? Nel mondo giapponese esiste un onnipresente modello ideale: puntare alla perfezione. Un gran numero di vite punta verso pochi obiettivi comuni, ma irraggiungibili. Sono esistenze parallele, in competizione, che non hanno bisogno di rapporti interpersonali e anzi funzionano meglio in loro assenza. Il sentimento che riempie lo spazio tra di esse è la rabbia, il tema del romanzo. Tutti i personaggi della storia la provano, la subiscono e la alimentano. È una situazione in cui tutti sono contro tutti, praticamente senza eccezioni. “Tuo fratello è soltanto il primo degli estranei” dice il proverbio.
E conclude: “Il romanzo è opera della mia fantasia. I personaggi sono fittizi, la trama è un’invenzione e il contesto storico non ha alcuna pretesa di verosimiglianza, si tratta di un semplice espediente narrativo. Ciò che è autentico è la psicologia dei personaggi. Nella mia esperienza Giapponese mi capita spesso di rimanere spiazzato di fronte alle reazioni altrui -per me imprevedibili- rispetto a situazioni apparentemente scontate. Questo aspetto del Giappone è molto affascinante, ma poco conosciuto. Sappiamo moltissimo del Giappone medievale, ma quasi niente del Giappone odierno. Il romanzo è una rielaborazione della mia esperienza a contatto con la cultura Giapponese, e credo che emani il fascino ineffabile del Giappone, descritto in una forma abbastanza inconsueta.”
In appendice al romanzo d’esordio di Matteo Guerrini, “La morte viaggia in cartolina” di Antonino Genovese, vincitore del premio GialloLuna NeroNotte 2021. Un gran bel racconto ambientato sulla costa tirrenica della Sicilia con le isole Eolie a fare da sfondo una storia dei giorni nostri le cui coordinate nonostante il passare dei secoli non sono mai venute meno nel penalizzare la maternità.