Il bambino che disegnava le ombre – Oriana Ramunno



Oriana Ramunno
Il bambino che disegnava le ombre
Rizzoli
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Oriana Ramunno sarà tra gli ospiti di Non solo Giallo di sera a Ortona, il festival letterario con la direzione di Romano De Marco che si svolgerà in presenza a Ortona (Ch) dal 3 all’11 luglio.
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Nell’attesa di incontrare Oriana Ramunno a Ortona, riproponiamo la nostra recensione a Il bambino che disegnava le ombre

Ci sono libri che vanno oltre, che lasciano il segno. 
Libri che non raccontano una storia, ma raccontano La Storia.
La storia di creature umane dimenticate, la cui memoria la sperde il vento, come cenere nell’aria.
Creature ammassate, rotte, bruciate.
Ma anche nell’inferno in terra che gli uomini hanno costruito per altri uomini può celarsi la speranza, la resistenza che nasce da un moto profondo dell’anima e porta a farsi la domanda che settant’anni dopo ancora ci tormenta: “Come ha potuto consumarsi un orrore così scientemente programmato?” 
Il bambino che disegnava le ombre di Oriana Ramunno è un capolavoro assoluto, di sensibilità, misura, empatia. Un libro da leggere e meditare, da custodire e consigliare.
Il criminologo Hugo Fischer, provato nel fisico da una malattia invalidante che si guarda bene dal rendere manifesta al regime, ma che lo rende dipendente dalla morfina, arriva ad Auschwitz il 23 dicembre del 1943. Lui è l’investigatore di punta della Kriminalpolizei ed è stato chiamato dal comandante del campo, per fare chiarezza sulla morte dell’ufficiale medico Sigismud Braun, un pediatra, che lavorava a stretto contatto con Josef Mengele, l’angelo della morte. 
A trovare il cadavere di Braun, apparentemente morto soffocato dopo avere morso una mela, è Gioele, un bambino speciale ebreo che parla tedesco e bravissimo a disegnare, oggetto di approfonditi studi da parte dello “Zio Josef” per le sue qualità intellettive tanto differenti dal fratello gemello e il differente colore degli occhi. 
Gioele tratteggerà dettagliatamente nei suoi disegni la posizione del cadavere, le macchie di sangue, la mela morsa, prima che lo studio venga ripulito, prima che arrivi il criminologo. Tra Gioele e Hugo Fischer nascerà un rapporto che renderà l’orrore più sopportabile al criminologo, ma Hugo Fischer dovrà scendere negli abissi dell’inferno dell’anus mundi creato in terra dagli uomini per sterminare altri uomini, prima di trovare una luce di speranza che sa di resistenza, di voglia di credere ancora negli esseri umani, nonostante tutto. Nonostante mai si sia toccato un livello così infimo nelle umane abiezioni, frutto marcio dell’orrore programmato a tavolino, costruito un pezzo alla volta, fino a fare diventare di ghiaccio i sentimenti.
Ecco un passo drammatico, quando Hugo Fischer, che ha intrapreso anche gli studi in Medicina, assiste all’autopsia sul corpo di Braun, eseguita da dott. Rabi, anatomopatologo ebreo tra i migliori in Europa, prima che anche lui diventasse soltanto un numero. Soltanto carne per i forni crematori.

Cercò rassicurazione negli occhi del dottore, ma lui continuava a guardare solo il corpo di Braun rifinito ad arte. Hugo provò un moto di rabbia e frustrazione, come se la colpa di quello che stava accadendo fosse dell’ebreo che gli stava davanti e non dei tedeschi come lui che avevano messo in piedi quell’orrore.

“Non stia zitto, dannazione!.” imprecò con cattiveria.

La voce gli rimbombò distorta nelle orecchie, simile al latrato delle SS sulla rampa della stazione. Ancora una volta, il rumore del piccolo cranio sfondato dallo stivale tornò a riempirgli le orecchie.

Rabi sussultò. Alzò lo sguardo pieno di dolore. 

“Lo scopo dello studio dei gemelli non è osservarli in vita, ma analizzarli tramite autopsia comparativa.” Rispose d’un fiato. Guardò i guanti sporchi di sangue e sembrò sul punto di piangere. Se li pulì sul grembiule, lasciando una vistosa macchia vermiglia. “Ne ho dovute fare tante, mein Herr. Anche su bambini ancora moribondi…”

“Vivi?”. 

Mentre pronunciava quella parola, Hugo sentì l’abisso aprirglisi sotto i piedi. Gli sembrò che una voragine avesse squarciato il pavimento e lo stesse risucchiando con una voracità famelica.

“Vivi” confermò Rabi in lacrime.

“Lei mi sta prendendo in giro.”

Hugo si massaggiò le guance e le sentì scavate e ruvide. Prosciugate. 

“La vivisezione è vietata.”

“La sperimentazione sugli animali è vietata” lo corresse lui. “Qui tutto è lecito. Gli ebrei, gli zingari e i negri non sono considerati esseri umani.”

Oriana Ramunno ha lavorato a lungo su questo libro, e si sente, pagina dopo pagina. Tralasciando per un attimo la trama, che pure è capace di coinvolgere il lettore più esigente, sfidandolo a individuare dapprima l’arma del delitto, le modalità di esecuzione e infine il o i colpevoli che si aggirano tra una pletora di sospettati, a cui certo non manca il movente (il giovane aiutante rampante e ambizioso, il collega pingue e invidioso, la moglie umiliata e tradita, la crudele infermiera amante, la pediatra ebrea abusata, il gendarme tedesco innamorato della pediatra ebrea e via elencando), è l’ambientazione la vera protagonista. È Auschwitz a raccontare Auschwitz.
L’autrice ha pescato moltissimo nei ricordi della propria infanzia. Nei racconti di uno zio internato in un campo di sterminio. E ha voluto restituirci in bianco e nero quei ricordi, mostrandoceli nell’assurdo paradosso di un’indagine poliziesca condotta a tutti gli effetti per una morte sospetta in luogo dove ogni giorno si compivano migliaia di esecuzioni sommarie. Dove perfino la purezza inconsapevole veniva fatta crescere accanto all’orrore programmato. Dove il fumo dei forni crematori che alto si levava contro il cielo grigio di Auschwitz e portava con sé odore di bruciato, veniva indicato dalle bambine tedesche, figlie degli ufficiali, con un commento innocente che provoca brividi: “Oggi grigliano la carne.”
A poca distanza da loro, altri bambini, ma questi gemelli ebrei, venivano sottoposti a esperimenti talmente crudeli da non potersi narrare, e poi uccisi contemporaneamente con una puntura di fenolo nel cuore, per essere sottoposti ad autopsie comparative, per studiarne i risultati e accrescere la follia di una razza superiore.
Grande libro.

Roberto Mistretta

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