SP233 – Prima parte

Godo del sottile perverso piacere di questa vendetta postuma, consumata inaspettatamente, in piena notte. Mi sembra di riuscire quasi ad udire l’impercettibile stillicidio dei microscopici schianti. Decine di zanzare stanno andando a spiaccicarsi sul piccolo parabrezza del mio PX mentre percorro la “Varesina” nel tratto che passa accanto al Parco delle Groane, ma nonostante questo quelli che mi scuotono non sono brividi di goduria, ma di frescura. Una benedizione dopo i trenta appiccicosi gradi della serata appena trascorsa a Milano. Più che una vendetta la mia è una rappresaglia. Non faccio prigionieri. Per ogni bastardissima zanzara che mi ha punto mentre tiravo tardi in questa sera di luglio a bordo vasca del funtanun di Piazza Castello, ora ne avrò schiantate almeno dieci volte tante. Senza rallentare tiro dritto ad un semaforo che lampeggia giallo nella notte, un semaforo sopravvissuto al rigoglioso fiorire di rotonde che imperversa sia su questa SP233 come su altre gloriose strade provinciali. Quando mi capita di arrivare in questo tratto di strada di notte, provo un po’ la sensazione che potrei provare entrando nell’acqua, tanto l’aria si fa improvvisamente più fresca.

Una puttana di colore, fasciata in un abito aderente rosa fucsia, con i capelli stirati e colorati da bionda svedese, mi appare come un miraggio notturno nel cono di luce di un lampione isolato. Non posso esimermi dal rallentare per godermi lo spettacolo, ma cerco di farlo nel modo più discreto. Ha due tette enormi strizzate in un vestito troppo stretto. Con la sua esperienza intuisce le mie intenzioni: fa un passo verso la strada, mi sorride e si porta due dita alla bocca mimando di soffiarmi un bacio. Con l’altra mano si prende il bordo della ridottissima sottana e la solleva di colpo, protendendo in avanti il bacino, mettendo in bella mostra una lunga appendice d’ebano che le pende tra le gambe… anzi, a questo punto è meglio dire che “gli” pende tra le gambe!

Gli sfilo accanto lentamente ed a fatica riesco a distogliere il mio sguardo sbigottito da quella sorprendente novità! Dice qualcosa di incomprensibile per poi scoppiare in una risata sguaiata, continuando a gridare cose che non comprendo. Accelero andandomene il più velocemente possibile, spiazzato da quell’inatteso colpo di scena. Mi allontano dal lampione e sono subito inghiottito da quella che ora apprezzo come una rassicurante oscurità, solo parzialmente rischiarata dall’incerta luce del fanale della mia Vespa.

E’ notte fonda, ma con questo caldo la voglia di andare a letto per rigirarsi sudando nelle lenzuola è ai minimi termini. Mi attardo in cucina nonostante io sappia perfettamente che la sveglia suonerà tra poco più di tre ore. La finestra è spalancata ma non gira un filo d’aria. Solo il rumore di qualche rara automobile che sfreccia indisturbata rompe il silenzio della notte, scandito dal tic tac di sottofondo dell’orologio appeso sopra la porta. Apro con cautela gli sportelli dei pensili, attento a non far rumore, alla ricerca di chissà che, come se non sapessi a memoria quel che contengono.

È stata una bella serata. Da casa mia ci impiego più di un’ora di Vespa per arrivare in centro a Milano, ma in questa stagione è un giretto che faccio sempre volentieri. “Ecco il tubo delle Pringles! Possibile che ne siano avanzate dall’altra sera? Si! È pieno per metà!”. Me ne infilo in bocca a quattro per volta: il modo migliore per gustarle. “Mmmmh! Buone! Non sono patatine ma sono proprio buone! Anche se forse è meglio non indagare su di cosa sono fatte…”. Apro il frigo e mi verso un bicchiere di latte freddo. Il gusto dolciastro del latte sulla lingua salata e impastata di Pringles mi fa impazzire. Chiudo il frigo e la cucina torna ad assopirsi nella sua quieta penombra, fiocamente illuminata dalla piccola luce incassata nella cappa sopra ai fornelli. Altre quattro Pringles e altro sorso di latte freddo e un’altra auto che sfreccia nella notte fuori dalla finestra. E non gira un filo d’aria.

Rotonda Lazzaroni. La Lazzaroni con i suoi biscotti in pratica non esiste più da anni; sopravvive la sua fama, relegata in una porzione di un capannone poco prima dell’incrocio, dove c’è rimasto uno spaccio che si fregia dell’insegna con il glorioso logo della storica azienda. Ma questa per tutti resterà per sempre la Rotonda Lazzaroni, nonostante oggigiorno l’edificio più evidente sia un grosso supermercato Esselunga.
Non ci sono auto in transito verso l’autostrada. Qui il semaforo è ancora acceso. Rosso. Mi sento un po’ scemo a star fermo qui da solo senza vedere arrivare nessuno da qualsiasi strada incroci in questo punto, ma ligio al codice resto obbediente ad attendere il verde.

Consumo il mio spuntino notturno affacciato alla finestra, sperando inutilmente di scorgere un movimento nelle fronde degli alberi del viale, un segno che faccia sperare in una bava di vento caldo che almeno smuova l’aria. Niente. Nell’alone dei lampioni soltanto l’isterico svolazzare di ottuse falene.

Non sono più da solo a vagare in questo pianeta. Dritto in fondo davanti a me le luci rosse di veicoli fermi a lato strada, subito prima di un incrocio regolato da un semaforo spento che lampeggia giallo a intermittenza. Rallento. Due auto in sosta, gente che chiacchiera. Dalla sinistra arriva una luce: è una moto che mi fa un lampo col fanale e rallenta. La precedenza è mia. Faccio in tempo a vedere che è una Vespa prima di superare l’incrocio e passare oltre. Nello specchietto vedo la Vespa che svolta e mi segue prendendo la mia stessa strada. Rallento di poco e mi sposto a destra. L’altro capisce l’invito e si affianca: ci guardiamo sorridendoci. Anche la sua Vespa è un PX di vecchio tipo come il mio. Non saprei che cilindrata. È grigio metallizzato, apparentemente in buono stato per quel che posso capirne di notte, viaggiando. Il tipo è più giovane di me, con un lungo pizzetto che gli da un’aria fricchettona. Porta un casco a scodella di un colore scuro che non riesco a distinguere, con disegnate delle margherite bianche stilizzate. Dal caschetto spuntano capelli lunghi e mossi. Ha la faccia pallida forse per l’effetto della luce del contachilometri che la rischiara dal basso, sinistramente. Ha uno zainetto sulle spalle, un’ampia maglietta, pantaloni jeans e sandali, che mi confermano l’impressione freak che ho avuto all’inizio. Ho tempo di notare tutte questi particolari perché il tipo continua a viaggiarmi a fianco, alla mia stessa velocità. Continua ad osservarmi insistente, senza quasi voltarsi a guardare la strada, con un’espressione che mi suona beffarda, che non saprei definire. Rallento per farmi sorpassare ma rallenta anche lui restandomi al fianco. “E questo che cazzo vuole?”.

… la seconda parte e’ stata messa online il 19 settembre … clicca e leggi …

Lorenzo205

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