Delitto a Capo Pecora
di
Giunia Fagiolini
prima parte.
Sono appena arrivato in hotel e mi sono accordato con i simpatici proprietari per una cena tutta a base di pesce. Non vedo l’ora, pregusto già l’ottima cucina di Mario.
I gestori, Mario e Carla, sono una simpatica coppia che ha vissuto per una decina d’anni in un paese vicino a Como, poi con l’avvento della crisi sono tornati al paese natale in Sardegna, cercando un modo per mandare avanti la famiglia e hanno preso in gestione questo piccolo hotel arroccato sulle montagne a pochi chilometri da una costa bellissima e ancora incontaminata. Ci torno sempre molto volentieri perché l’accoglienza è ottima, si mangia e si vive bene. Ed è un ottimo modo per staccare dallo stress del lavoro che mi logora. Sono Loris Sebastiani, vicequestore di Milano.
E per lo meno qui non ho sempre tra i piedi quel ficcanaso di giornalista. Proprio lui: Enrico Radeschi!
Amo fare le immersioni e qui il mare è incontaminato e anche il turismo è poco sviluppato, meglio così, più tranquillità per me!
Appena disfatte le valigie preparo la muta da sub e vado subito a fare un’immersione, sento il richiamo dell’acqua sulla mia pelle, è come il canto di una sirena. Poi mi gusterò la cena e, se sono fortunato, anche il dopocena: arrivando ho notato una bella brunetta, forse la cameriera, che mi puntava con i suoi occhi da cerbiatta. La serata promette bene!
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Con la macchina presa a noleggio, mi dirigo verso Capo Pecora, un piccolo promontorio granitico, che si allunga verso il mare come un dito puntato. Il paesaggio è di una bellezza mozzafiato e il mare cristallino è un richiamo irresistibile.
Una volta indossata la muta da subacqueo e controllata l’attrezzatura, mi preparo per la mia prima immersione della stagione. Per rompere il ghiaccio m’immergo vicino agli scogli, esplorando il ricco fondale marino. Lo scenario che mi trovo davanti agli occhi abbaglia per la sua varietà di forme e colori. Ho fatto bene a concedermi questa vacanza, lo stress della metropoli mi stava uccidendo. Mi metto all’inseguimento di una cernia quando nascosto dietro una roccia, vedo qualcosa di bianco che contrasta con i colori cupi del fondale. Subito penso che si tratti di un polpo o una murena. L’istinto predatorio mi fa avvicinare, quando con orrore scopro che si tratta del corpo di una donna.
Riemergo in superficie con il cuore che batte all’impazzata, col mio lavoro sono abituato a vedere cadaveri di ogni tipo, ma fare questa macabra scoperta in maniera così inaspettata mi lascia non poco turbato.
Appena mi riprendo, chiamo il 113 e presto (per gli standard isolani) arriva una pattuglia di carabinieri. Dopo le presentazioni di rito e la descrizione del ritrovamento mi metto a parlare con il più esuberante dei due, un certo Antonio, che mi spiega come il fondo marino in questa zona sia ricco di relitti abbandonati e di come il suo sogno sia recuperarli e restaurarli, mi dice che ha una grande collezione di auto d’epoca da sistemare e di come siano la sua vera passione, dimenticandosi completamente della poveretta intrappolata tra le rocce e gli scogli. Con la tipica flemma isolana avvisa una squadra per recuperare il corpo ed io sono invitato a porgere la mia deposizione presso il comando di Iglesias cui fanno capo le indagini.
Mi sa proprio che la mia serata a tutto relax è sfumata e adesso ho solo voglia di mettere tra i denti il mio infallibile antistress, un toscanello profumato. Peccato che li ho lasciati in albergo!
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La cena si svolge in un’atmosfera cordiale e tutto sommato piacevole anche se tra i tavoli serpeggia il racconto di come sia stato ritrovato un cadavere in mare. Naturalmente vengono formulate le ipotesi più disparate, da una donna caduta accidentalmente da un traghetto e annegata, alla migrante gettata da un barcone. Se sapessero che sono stato io a trovarla mi riempirebbero di domande.
Mangio con meno appetito del solito, ancora il mio stomaco non si è ripreso dal brutto incontro. Anche il vino, un corposo Cannonau del Sulcis, ha un sapore strano. E dire che il vino è una delle mie passioni sfrenate! La cameriera che continua a servirmi ancheggiando e sorridendo mi dice che nel paese vicino ci sono i Mamuthones, uno spettacolo imperdibile per chi non li ha mai visti. Lo dice fissandomi negli occhi come se volesse comunicarmi con lo sguardo qualcosa che non può dire liberamente.
Ma sì, ho deciso di andare, magari mi distraggo e dimentico l’immagine di quel corpo incagliato e straziato.
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Non sono sicuro di aver fatto bene a uscire stasera. Nel piccolo borgo minerario riconvertito al turismo, la folla sembra impazzita dall’euforia portata dalla sfilata dei Mamuthones e dall’esibizione più scatenata di Boes e Merdules che rappresentano l’arcaico conflitto fra uomo e natura, in particolare fra l’uomo e i suoi fratelli animali. Gli uomini travestiti con pellicce cercano di catturare le persone che assistono con il loro lazo, digrigno i denti sul mio sigaro spento e tento di allontanarmi.
Alzo lo sguardo e vedo Marica, la bella ragazza che mi ha servito la cena lanciarmi un’occhiata che m’invita a seguirla. Senza nemmeno riflettere le vado dietro e lei inizia a correre per i vicoli del borgo lanciando ogni tanto delle occhiate dietro la spalla per vedere se la seguo. Sono come ipnotizzato, inizio a correre anch’io, più di una volta temendo di averla persa di vista, poi la vedo vicino al piccolo porto turistico che mi fa un cenno con la testa. Un attimo dopo è già sparita dalla mia visuale. Ho uno strano giramento di testa, faccio per sedermi sul piolo di cemento dove prima si trovava quella strana creatura, quando qualcosa attira la mia attenzione nel buio. È un cellulare.
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In albergo cerco di schiarirmi le idee e cammino su e giù sul terrazzino affacciato su uno spettacolare cielo stellato, masticando il mio toscanello senza pietà . Non so se devo accendere il cellulare che mi hanno fatto trovare. Ho uno strano presentimento!
Ma sì. Magari vedo di chi è e posso restituirlo al proprietario.
Nei secondi che occorrono per l’accensione, ho il cuore a mille e con i denti stringo forte il mio fedele sigaro, che mi aiuta a smorzare la tensione.
Lo schermo s’illumina e appare un viso di donna sorridente e un po’ ammiccante. Non ci posso credere: è la ragazza che ho ritrovato durante la mia fatale (almeno per il mio cuore) immersione.
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È mattina, mi sveglio frastornato e confuso, pensando di trovarmi nel mio appartamento milanese.
Ora ricordo! Le emozioni della giornata passata si riversano su di me provocandomi non pochi brividi.
Ieri sera ho provato ad accedere al cellulare della donna ma era protetto con una password, a quanto pare la signora aveva qualcosa da nascondere!
Prendo in considerazione l’idea di consegnare il telefono, come prova, ai carabinieri che si stanno occupando del caso, sarebbe sicuramente la cosa giusta da fare, ma ripensando alla flemma con cui si sono approcciati a esso, non credo sia una buona idea.
C’è una sola persona che può aiutarmi in questa situazione in cui mi sono cacciato: Enrico!
Consapevole dei rischi che corro a causa della mia decisione chiamo Radeschi, probabilmente lo sto buttando giù dal letto, sperando che il suo antiquato cellulare mi permetta di parlargli. Finalmente risponde e, dopo avergli spiegato la situazione, sembra compiaciuto del mio comportamento fuori dagli schemi, che è una caratteristica più sua che mia. Il mio intuito mi dice che sto facendo la cosa giusta. Dopo colazione andrò alla Posta per spedire il cellulare con un pacco raccomandato.
Che Dio me la mandi buona!
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Dopo un’attesa all’ufficio postale del paese più lunga dell’Odissea di Ulisse decido di recarmi al Comando dei Carabinieri di Iglesias per rilasciare la mia deposizione. I colleghi dell’Arma ascoltano la mia testimonianza e la mettono a verbale. Una volta concluse le formalità chiedono a titolo ufficioso la mia opinione sul caso, capisco che non sanno da che parte iniziare con le indagini. A un certo punto il maresciallo, un certo Andrea Atzori tira fuori dal cassetto la foto della vittima scattata sul luogo del ritrovamento e scuotendo la testa continua a dire «brutta storia!»
La donna presenta un esteso ematoma scuro su metà del viso e ha la spalla e il braccio destro pieni di escoriazioni e graffi, i capelli sono tutti arruffati e incrostati di sangue rappreso soprattutto sulla parte destra del capo. Vedendola così ridotta mi viene in mente la foto presente sul salvascreen del cellulare, coi capelli in ordine perfetto e il sorriso smagliante, la poveretta si sarebbe dannata se avesse saputo che la morte l’avrebbe ridotta in condizioni così pietose. Il maresciallo vedendomi assorto nella foto mi dice che in effetti non è un bello spettacolo, continuando a scuotere la testa ripetendo la solita litania.
Infine si riscuote dal suo stato di trance e m’informa che il corpo della donna è stato mandato al Policlinico Universitario di Cagliari per l’autopsia. Ci congediamo con una stretta di mano che suggella la promessa di rimanere in contatto per gli aggiornamenti del caso. Sicuramente sperano in un aiuto dovuto alla mia esperienza nella metropoli di Milano.
Ormai le mie vacanze sono sfumate.
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Trascorro i giorni seguenti in ozio totale, facendo il giro di tutti i bar del paese facendo conversazione con i locali e cercando di raccogliere informazioni. Ormai mi è passata la voglia di fare immersioni.
La notizia è arrivata ai telegiornali e presto si viene a sapere anche il nome della vittima,Amalia Murgia, il convivente ha presentato la denuncia di scomparsa, questo è pane per i denti del mio amico ficcanaso!
Finisco la mia birra, che qui si beve fin dalla mattina al posto del caffè, e decido di chiamarlo il mio fidato Radeschi. Chissà cosa avrà scoperto!
Dopo svariati tentativi finalmente il Motorola dell’era giurassica, si decide a mettermi in contatto con Enrico, giuro che quando rientro a Milano glielo regalo io un telefonino come si deve.
«Loris che piacere sentirti, ho delle succose novità !»
«Ma non mi dire!» stritolo il toscanello tra i denti.
«La nostra amica a quanto pare aveva più di un nemico. Pare che mezzo paese la volesse in posizione orizzontale e non nel senso buono! Partiamo da un ex marito becco e spennato, varie persone ricattate con foto compromettenti, fratelli con cui non si parlava più a causa di antiche gelosie e cugini in lite per questioni di eredità e non ultima la sua ex socia in affari che ha perso tutto seguendo gli investimenti sbagliati che la simpaticona le aveva infiocchettato tanto per benino! Senza contare tutte le maldicenze che metteva in giro arbitrariamente su chiunque, amici e non. Non c’è che dire, proprio un bell’elemento!»
«Peccato che tutto quello che troviamo nel cellulare non può essere utilizzato per le indagini ufficiali, anche se per te è tutto grasso che cola! Mi raccomando non far trapelare negli sproloqui che ti ostini a definire articoli giornalistici, il nostro piccolo segreto.»
«Tranquillo, sai che per me le fonti sono sacre! Appena scopro altro ci risentiamo. Intanto goditi le belle spiagge e le belle isolane!»
Come se potessi far finta che non sia successo niente…
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Visto che al contrario di ciò che mi ha suggerito il mio amico proprio non ce la faccio a fare la vita da vacanziere decido di andare a parlare con i conoscenti della vittima, in particolar modo con i suoi nemici.
Il primo della lista a rigor di logica è l’ex marito. L’uomo è molto cordiale e gentile ma s’irrigidisce quando gli chiedo dell’ex moglie. Dopo averlo tranquillizzato dicendogli che io non sono coinvolto nelle indagini ufficiali, davanti a un bicchierino di limoncello fatto in casa, comincia ad aprirsi. Fin troppo perché attacca a raccontarmi per filo e per segno le angherie subite dall’ex consorte. Lo preferivo nella versione reticente!
In sostanza la donna ha sempre condotto una doppia vita, sfruttava il marito per il ricco stipendio ma le gioie coniugali le riservava ai vari amanti, e la storia è andata avanti per anni fino a quando delle foto non l’hanno inchiodata alle sue colpe. A nulla è valso negare l’evidenza dei fatti. Dopo una separazione dispendiosa per entrambi e che è costata la chiusura dell’attività del marito per non rischiare di pagare gli alimenti alla fedifraga, l’uomo non si è più risposato non potendo più fidarsi del gentil sesso ed è tornato a vivere dalla madre vedova. Danni collaterali. Secondo lui ne è valsa la pena pur di liberarsi dell’arpia.
Mi dice che non è dispiaciuto per la fine della donna ma che lui non si sarebbe sporcato le mani per niente al mondo. Lo guardo negli occhi e leggo la sincerità nel suo sguardo. Per la mia esperienza so che anche i peggiori criminali possono mentire in maniera credibile. Salutandolo mi rammarico dentro di me che non posso portare con me sull’aereo una bottiglia di quest’ottimo limoncello o il mirto profumato tipico dell’isola.
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Nel pomeriggio, mentre sono in relax sul terrazzino del mio albergo tentando di leggere un bel poliziesco, tanto per cambiare, ricevo una chiamata del maresciallo Atzori che si occupa del caso. M’informa che i primi risultati dell’esame autoptico rivelano un trauma cranico e un trauma facciale, ancora devono stabilire se c’è dell’acqua nei polmoni della donna che rivelerebbe se è morta per annegamento. Cosa più importante hanno trovato frammenti di pelle sotto le unghie della vittima che escludono un incidente in favore di una colluttazione e conseguente omicidio. La cosa si fa interessante. Hanno fermato l’ex marito, evidentemente nel loro interrogatorio non sono arrivati alle mie stesse conclusioni. Adesso devono attendere il risultato del test sul DNA sui frammenti, che può far luce sulla dinamica del caso e soprattutto inchiodare il colpevole. Questi esami così sofisticati procedono a passo di lumaca. Magari un po’ di riflettori mediatici puntati strategicamente sul caso possono oliare la macchina burocratica, che nel nostro Bel Paese è molto frenata. È ora di sguinzagliare Radeschi!
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Le televisioni nazionali sono impazzite si grida al femminicidio, tutti sono indignati col sospettato numero uno, l’ex coniuge che sta subendo una vera e propria gogna mediatica. La cosa non mi convince e parlando con Enrico non convince neppure lui, ma mi fa notare che anche diffondendo le informazioni poco lusinghiere sulla vittima, che abbiamo ricavato dal suo cellulare, non ci crederebbe nessuno. Ormai la donna è in odore di santità !
Decidiamo di svolgere un’indagine parallela e venire allo scoperto solo in caso di notizie succose, in questa fase non servirebbe a niente. La macchina mediatica si sta mettendo in moto, gli ingredienti ci sono tutti: vittima di bell’aspetto e di età ancora giovanile, storie di tradimenti alle spalle, apparentemente tanti amici che la piangono. Di sicuro ha saputo crearsi una maschera solida a livello sociale. Presto il paese sarà preso d’assalto dai giornalisti e da questo punto di vista è una fortuna che sia successo in un’isola.
Per cercare qualche indizio che mi aiuti a indirizzarmi sulla pista giusta decido di avere un’altra conversazione amichevole con qualche possibile sospettato. Escludo subito i parenti con i quali sono in lite da una vita per non entrare in situazioni spinose e anche per rispetto alla famiglia in lutto.
Enrico mi ha parlato di un’ex socia e nel pomeriggio decido di rischiare una visita alla donna, speriamo sia illuminante.
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In una giornata soleggiata a dispetto del clima di polemiche e recriminazioni che si sta diffondendo nel paesino, mi dirigo all’indirizzo fornitomi da Radeschi, quel cane sciolto è veramente prezioso, ma non diteglielo! Al citofono sono invitato a salire in un bell’appartamento abbastanza lussuoso per gli standard del posto, fatta una doppia rampa di gradini sulla porta di casa mi accoglie una bella donna sui quarant’anni vestita (se così si può dire) con un costume bianco intero e un pareo semitrasparente, anch’esso bianco, ricamato a fiori turchesi, alle orecchie dei pendenti con pietre di turchese e argento e dei sandali alla schiava ai piedi. Mi fa accomodare su una terrazza affacciata sulla piazza del paese, su un divanetto all’ombra di un gazebo e mi offre da bere.
«Prego, lo accenda pure», dice notando il sigaro spento tra le mie labbra.
«Non lo accendo mai. Ho questo maledetto vizio da quando ho chiuso con le sigarette, ma adesso ho scoperto che può essere un ottimo antistress.»
La donna getta la testa indietro e lascia uscire una risata cristallina. All’improvviso si fa seria ed esordisce con: «è qui per parlare della morta?»
«Mi perdoni, quello che viene detto resterà tra noi. Immagino che abbia già subìto un interrogatorio formale.»
«Sì, e fortunatamente avevo un buon alibi.»
Vorrei dirle che non esistono alibi buoni ma solo alibi che si possono provare. Decido di tacere.
Come se si fosse acceso un interruttore, la donna inizia a raccontarmi per filo e per segno di come sia stata raggirata dall’ex socia, mettendo tanto pathos nel suo racconto che mi chiedo quanto sia attendibile il suo alibi.
Sintetizzando la sua storia è questa: da ragazza aveva un buon lavoro presso un salone di parrucchieri ed era stimata dalla titolare che, pur non avendo un carattere facilissimo, era comunque affezionata alla sua dipendente. Le cose precipitano quando viene assunta come apprendista Amalia, la donna annegata, all’epoca non ancora trentenne. Con adulazioni e promesse fatte a vuoto, riesce a convincere la mia interlocutrice a mettersi in proprio dando così inizio a un incubo senza fine. Fa una pausa gettandosi i lunghi capelli castani dietro le spalle. Appena fatta l’inaugurazione del salone tutto nuovo e luminoso, la trapassata getta la maschera e inizia a complottare contro la socia in affari, parlando male di lei con le clienti e mettendo in dubbio la sua professionalità . Le clienti del salone percepiscono il clima di tensione e gli affari iniziano ad andare male, non permettendo neppure di pagare gli ingenti debiti. Alla lunga la situazione esplode portando alla chiusura l’attività , quindi la bella donna che ho di fronte si ritrova senza lavoro, senza negozio e piena di debiti. E cosa peggiore piena di dubbi e insicurezze anche su se stessa. Per fortuna a volte il destino fa trovare delle strade alternative: viene notata e corteggiata dallo scapolo d’oro del paese che la salva da una situazione critica offrendole appoggio economico e amore, ed è amore quello che leggo negli occhi della donna mentre mi racconta la sua storia.
«Vede, io ho sofferto molto per la situazione in cui mi sono trovata coinvolta, a causa di quella donna», non riesce neppure a pronunciare il suo nome. Poi continua, «per anni ho sognato la vendetta, ma adesso ho raggiunto un mio equilibrio e una certa serenità . Ho messo una pietra sopra il passato. Non posso dire di essere dispiaciuta per quello che le è accaduto, in fondo nella vita si raccoglie quello che si semina.»
Continuiamo a parlare ancora un po’ davanti ad una birra aromatizzata al limone, che rinfresca con questo clima che in pochi giorni si è fatto rovente, e mi confida che neppure lei pensa che l’ex marito sia il colpevole. Anche lui è una vittima.
Ed io sono al punto di partenza.
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Questa sera ceno in albergo e vengo servito dalla giovane cameriera che mi ha fatto ritrovare il cellulare della morta. Da quella fatidica sera non l’avevo più vista, poi mi spiega che non si era sentita bene, forse un colpo di freddo poiché sulla costa c’è un notevole sbalzo termico tra il giorno e la notte. Quando le faccio capire che voglio delle spiegazioni, mi da un mezzo appuntamento per la mattina successiva, stando bene attenta a non farsi sentire dai gestori dell’hotel. La ragazza è una patita del jogging e si alza tutte le mattine alle sette per andare a correre. Sacrificherò un po’ di sano ozio vacanziero per raggiungerla. Ne vale la pena. Per più di un motivo!
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Mi viene da ridere pensando che Radeschi mi accusa di correre dietro a tutte le gonnelle, in questo caso proprio in senso letterale, ma anziché dietro a una gonnella corro dietro a un bel paio di natiche fasciate da leggins attillatissimi. Con la scusa che sono fuori allenamento, mi godo il panorama.
Che poi la mania di correre quando si è già magre al limite dell’anoressia non l’ho mai capita!
Finalmente ci fermiamo e approfitto per tirare fuori dalla tasca il mio toscanello che infilo tra i denti rigorosamente spento. Ci sediamo all’ombra di un albero, sta già iniziando a fare caldo, e la ragazza mi spiega che, la mattina prima che io ritrovassi il famigerato cadavere, lei era stata a fare una passeggiata lungo gli scogli di Capo Pecora per respirare il benefico iodio, mi spiega infatti che soffre d’asma da quando era piccola. Poi l’occhio le era caduto su un pezzo di plastica che rifletteva il sole mattutino, si era avvicinata e aveva capito che si trattava un cellulare. Quando più tardi era venuta a sapere che era stato ritrovato un corpo proprio in quel punto ha fatto due più due e capisce che era della donna caduta in mare. Non fidandosi molto degli investigatori locali ha deciso di farmelo trovare. La guardo negli occhi e vi leggo che ha una grande fiducia in me. Si avvicina, mi sfila il sigaro dai denti e mi bacia dolcemente.
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Trascorro il resto della giornata come se fossi in un’altra dimensione, continuo a pensare al bacio della giovane donna e ho completamente rimosso i pensieri che riguardano l’incidente-omicidio.
A riportarmi con i piedi sulla terra ci pensa Radeschi, con il solito squillo che mi avvisa che vuole essere richiamato. Appena riesco a mettermi in contatto con lui, esordisce così:
«Non immagineresti mai cosa ho scoperto.»
«Spara!»
«La nostra amica aveva un misterioso amante con cui aveva un convegno amoroso la notte della sua scomparsa. Una vecchia fiamma con la quale evidentemente non aveva mai rotto.»
Borbotto una frase incomprensibile sul mio povero sigaro. Radeschi continua. «E noi che pensavamo di aver toccato il fondo con la vicenda della Mantide. Questa mi sa che è peggiore!»
«Ti sei scordato che stavi per rimetterci le penne?»
«Non farmici pensare… però su una cosa era onesta, quando diceva alle sue vittime: ti farò morire, era di parola!»
Enrico non cambierà mai.
E adesso il sospettato numero uno è il misterioso amante. Chiedo al mio amico se ha già scoperto la sua identità , ma ci sta ancora lavorando. L’uomo non è iscritto su nessun social e il suo numero di cellulare è registrato in agenda sotto un nome femminile. Le astuzie delle donne! Ma niente può fermare un hacker della levatura del mio segugio, e sono fiducioso che presto sapremo chi è.
Di una cosa sono contento, che la mia impressione sull’ex marito fosse giusta. Ora devono capirlo gli inquirenti.
continua…