Non di sola trama…
Sono un modesto lettore e un pessimo scribacchino, la persona meno indicata per scrivere recensioni ma proprio non riesco a trattenere le mie impressioni.
Prima di iniziare, vorrei riportarvi una citazione di Mr. Alan Moore.
“L’ossessione per una trama solida e lineare è uno dei modi più efficaci per privare la vostra storia di energia e vitalità, e renderla invece un semplice esercizio di narrazione meccanica.”
Leggendo alcuni manuali di scrittura creativa può sorgere l’equivoco che la costruzione di una trama e la caratterizzazione di un personaggio siano due aspetti divisi. Magari il fraintendimento è dovuto a ragioni didattiche, per focalizzare i termini essenziali di un problema meglio separare ciò che è unito ma, talvolta, le due cose sono davvero separate.
Certo, in un romanzo ci vuole, ma deve essere come lo scheletro nel corpo umano: c’è anche se non si vede. A rimanere nel cuore sono i protagonisti, non le trame; Philip Marlowe, I fratelli Karamazov, V di V for Vendetta, Tyler Durden e moltissimi altri.
Una trama ben definita va bene per tutti, un personaggio ben riuscito è una trama.
A questo punto vi consiglio di conoscere Paolo Portanova, creato dalla verve narrativa di Alberto Minnella. Con Portanova e il cadavere del prete siamo giunti al terzo capitolo di una serie ambientata negli anni ’60 a Ortigia (Siracusa). Portanova è un malinconico Commissario di Polizia che deve fare i conti con un caso che lo porterà sull’orlo del precipizio, con la propria professione e la dannazione di rovinare tutto ciò che tocca. Mentre l’onda lunga di una iniziativa politica di epurazione dei “rossi” dalle file delle forze dell’ordine arriva sino in commissariato, Portanova non cede all’evidenza né si piega all’imperativo della discrezione nell’indagare il caso del “parrino spugghiatu”, il prete spogliato. Il cadavere del religioso è rinvenuto senz’abiti, precipitato misteriosamente dal balcone della casa di Natale Scimeca, un pregiudicato in stato di fermo per l’assassinio del Maresciallo Agrò.
Forse un incidente o magari un omicidio, se non fosse per il messaggio di addio lasciato da Padre Mariano.
Per Portanova è giunto il momento di confrontarsi con le proprie debolezze, fare i conti con i suoi sbagli e resistere al richiamo dell’abisso.
Ovviamente ha una trama ma la vera forza della narrazione è nell’essere scritto in prima persona e nelle piacevoli interferenze dialettali che agevolano il lettore a immedesimarsi in Portanova e la sua personale visione del mondo.
Portanova e il cadavere del prete
Mirko Giacchetti