«Per regola a Catania un centro commerciale
senza la mafia non si fa.
Dichiarazione del collaboratore di giustizia Giuseppe Mirabile,
ex esponente del clan Santapaola – Ercolano,
nell’ambito del processo penale denominato “Iblis”. Aprile 2013»
Padronissimi di non crederci, ma questa purtroppo pare essere la regola di vita o, forse meglio sarebbe dire, di sopravvivenza a Catania.
Questo libro è una storia corale, incorniciata in quella splendida barocca città settecentesca – il terremoto la distrusse quasi completamente nel 1693 – immersa nella calura, mi piace riportare testualmente ciò che scrive l’autore: «La pioggia caduta poche ore prima, aveva reso l’afa settembrina meno implacabile dei giorni precedenti, ma era solo una tregua, presto la canicola avrebbe ripreso ad ardere quella città che pareva un’immensa brace che arroventava uomini e bestie senza scampo». E in più, tanto per farla assomigliare ancor più a un’anticamera infernale, ingrigita e sporcata dalla cenere dell’Etna che da giorni sbuffa implacabile la sua rabbia annerendo cose, persone e strade.
Una storia corale, dicevo, fatta di interessanti personaggi contrapposti. Dalla parte dei buoni troviamo il procuratore, dottoressa Mignemi, il magistrato Biondi con la figlia Silvia, il commissario Miceli e i bravi e operosi associati del Centro Marcos, che si occupano dei bambini dei quartieri più poveri. Da quella dei cattivi invece: la genìa dei San Filippo Rubino, con Filippo il figlio cattivissimo, picchiatore di estrema destra con la sua truppa, impasticciato con il Serpente, un mafiosetto rampante, Ignazio, il padre detto il Duca, ex senatore del MIS, ammanicatissimo con Roma e con la potente famiglia mafiosa locale Mirabella, la figlia Giulia, ricercatrice universitaria che parrebbe innocua e c’entra solo, o almeno pare, perché fidanzata di comodo con Salvo Ribera, il delfino del padre, in grande ascesa nelle file della destra.
Una statica piuttosto difficile che vede in ballo droga, voti di scambio, banche colluse con la mafia ecc. ecc. ma che tiene funambolicamente fino a quando, prima un sassolino, poi una pietruzza e infine un sasso, muovendosi e urtandosi uno dopo l’altro riescono a sbalestrare l’architettonico equilibrio perfetto che si reggeva su quella reciproca connivenza potere/mafia. E in più c’è la mina vagante di un pentito…
Il castigo che arriva per mano della propria carne punisce i colpevoli, ma il Duca porterà con sé nelle tomba tanti, troppi terribili segreti e la “montagna di merda come diceva qualcuno” continua a dilagare.
Una storia dura per un resoconto preciso, dettagliato, professionale di Luciano Modica che conosce molto bene e di persona ciò che scrive.