Il libro (di un’altra, altro) che avresti voluto scrivere e il libro (tuo) che NON avresti voluto scrivere
Il libro che avrei voluto scrivere? Tanti. Non è una domanda da fare a una lettrice onnivora e appassionata. Ci si innamora di continuo, e si vorrebbe essere altrettanto bravi degli scrittori che si amano perdutamente e senza speranza. Sì, del tutto senza speranza, perchè non si può riscrivere il Pasticciaccio di Gadda, o i racconti della Camera di sangue, di Angela Carter, o uno qualunque dei romanzi di Agotha Kristoff, o L’arancia meccanica di Burgess. E’ una battaglia persa. Allora diciamo così: il libro che avrei voluto scrivere sarà l’ultimo che scriverò, perchè allora avrò smesso di cercare la cifra giusta. Ma escludo che si possa arrivare a questo. La scrittura è un processo. E’ come studiare il cinese: non basta una vita per impararlo. E non c’è nessun libro mio che non avrei voluto scrivere. Ce ne sono di meno riusciti, ma ho sempre scritto quel che ho voluto. Non è un mestiere: scrivo quel che voglio, quando voglio. E a volte mi viene meglio e a volte peggio. Come la vita.
Sei una scrittrice di genere o scrittore toutcourt, perché?
Non saprei. Io scrivo, non sono particolarmente legata alle etichette. Amo molto la letteratura di genere, ma non sono sicura che i lettori appassionati mi considerino una scrittrice di genere. E sono intimamente convinta che quest categorie servano oggi più che mai ad editori e librai più che a lettori e scrittori. E’ un momento fortunato e sfortunato oggi, in Italia, per la letteratura di genere. Fortunato, perchè non è mai stata così popolare. Sfortunato perchè quando un’etichetta funziona sul mercato, si tende a incollarla un po’ su tutto, indipendentemente dalla pertinenza. Siccome amo la letteratura di genere, la cosa mi manda in bestia. Ma devo essere onesta, e per quel che mi concerne non posso dire di avere in mente queste categorie quando mi metto a scrivere.
Un sempreverde da tenere sul comodino, una canzone da ascoltare sempre, un film da riguardare
Ci sono fasi, perciò posso dire il libro di ora, che è Cattivi pensieri, di Valéry; il film di ora (molto longevo, e sempre amato moltissimo, che è Blue, di Derek Jarman); la musica di ora (Zebda e MCR). Ma cambieranno. E’ questo che rende la vita interessante: che le passioni cambino.
Si può vivere di sola scrittura oggi?
Non saprei. Non ho mai avuto questa ambizione. Mi va bene che non sia un’attività prezzolata. E sono contenta di non dipendere dalla scrittura per vivere. Non potrei. Non sono abbastanza professionale. Mi piace esser libera di scrivere come di respirare.
Favorevole o contraria alle scuole di scrittura creativa? Perchè?
Non si può, credo, dare una risposta in astratto. Semplificando, diciamo che è un grosso abbaglio se uno si aspetta di diventare scrittore frequentando un corso di scrittura; ed è cialtroneria far credere che un corso di scrittura abbia lo scopo di produrre scrittori. Se poi l’obiettivo è quello di insegnare a chi li frequenta a usare la scrittura come strumento espressivo, indipendentemente dalla pubblicabilità dei testi, allora è un altro paio di maniche, ed è un obiettivo legittimo, e che può starci. Infine, è plausibile che un corso di scrittura serva a fornire alcuni strumenti a chi ha talento, e magari a metterlo nelle condizioni di incontrare persone che possono aiutarlo. Detto questo, non ho molta esperienza in questo ambito. Diciamo che una cosa che mi ha sempre colpito molto è che il successo di un corso di scrittura sia in genere direttamente proporzionale al suo costo; è un po’ come andare dallo psichiatra: più paghi, più ti fa bene. (davide fent)