La giovane poliziotta Angela Mazzola ritorna nell’ultimo romanzo di Gian Mauro Costa (Mercato nero, Sellerio, pagg 259) per una indagine che la vede – questa volta ufficialmente – distaccata dall’Antirapina, suo reparto di appartenenza, alla Sezione Omicidi, agognata destinazione professionale.
Angela in realtà – in virtù della sua giovane età, del suo aspetto e della sua “competenza” enologica – ha inizialmente solo l’incarico di infiltrarsi nella movida palermitana del quartiere Ballarò per scoprire il possibile movente del misterioso omicidio di Ernesto Altavilla, un tranquillo quarantino, rampollo dell’aristocrazia palermitana, ucciso a sangue freddo con un colpo di calibro 22 nel bel mezzo della confusione serale che riempie locali e viuzze del noto quartiere.
Ma Angela è animata dal sacro furore della giustizia (ma anche dall’adrenalina di un incarico che solletica il suo orgoglio professionale) e non si ferma certo a rintracciare alcuni inimmaginabili legami della vittima con gli ambienti degli extracomunitari che abitano e popolano il quartiere ma trova i legami che in un gioco di scatole cinesi (o, meglio, di matrioscke russe) porteranno a individuare il complesso movente dell’omicidio e gli impensabili autori dello stesso.
Al centro dell’indagine c’è, prepotente, il noto quartiere di Ballarò che in questi anni si è aperto – lasciandosi permeare e stravolgere – ad un fenomeno di immigrazione fortemente caratterizzato e di una integrazione agevolata anche da associazioni, laiche e religiose.
Quartiere che, come una sorta di palermitana Jamaa el Fna, nelle sue brulicanti piazze e stradine, si trasforma più volte nel corso della stessa giornata: bazar di mercanzie rubate all’alba, mercato di frutta e verdure nelle ore del mattino, poi, di sera, luogo della movida palermitana con piccoli baretti economici e locali, di vario tipo, che propongono cucina etnica e, lungo tutta la giornata, luogo di spaccio di ogni tipo di droga.
E’ in questo luogo che palermitani, magrebini e nigeriani si agitano nelle loro poliedriche attività, legali e illegali.
E’ lì che allignano anche le nuove mafie africane e le gang che, come in tante altre città, controllano il racket dividendosi gli spazi con la criminalità locale. Ma è li che trovi personaggi forti e limpidi come Jamal, l’affascinante pigmalione di Angela in quel mondo e che con lei condivide la voglia di azzannare la vita, di non perdere tempo ad aspettare che “le lacrime degli uccelli scavino tutta la roccia di Zuma Rock, la montagna sacra” simbolo della Nigeria.
Ed è lì, a conferma che “dal letame nascono i fiori”, che potrebbe essere nata una storia d’amore che ha coinvolto la vittima.
Angela opera da “battitrice libera”, in quasi completa solitudine e circondata da colleghi maschi e aspiranti fidanzati le cui figure appaiono (forse eccessivamente) sbiadite e marginali nel contesto del racconto.
Ma la protagonista del romanzo e dell’indagine è solo lei, giovane e volitiva donna proveniente dal proletariato palermitano che ha scelto, tra mille difficoltà, di studiare e diventare poliziotta, cose difficili in Sicilia anche nel ventunesimo secolo.
E lei è una donna che gestisce la “sua” indagine, a modo suo, senza farsi irretire dai luoghi comuni sui quartieri difficili e cercando il male ovunque, anche nella Palermo-bene; il tutto con sagacia, determinazione e passione, gli stessi ingredienti che cerca anche nei suoi disinvolti rapporti affettivi, senza concedere mai al “lui” la prima mossa e cercando in ogni rapporto, di amore o di sesso che sia, le note di una appassionata ballata del Boss Springsteen.
L’ intrigante vicenda dell’omicidio si dipana tra quartieri popolari cosiddetti “difficili”, misteriosi furti, ingessati protagonisti aristocratici e bianchi salotti dell’alta borghesia palermitana.
Si va dalla cucina di famiglia dove la zia di Angela prepara il ragù alla festicciola nel salotto intellettuale di Sandra, la sua amica giornalista, da una chiacchierata sui gradini dell’oratorio di Santa Chiara alla visita al paludato circolo del tennis, da una Tennent’s bevuta sul lungomare al raffinato Primitivo di Manduria sorseggiato nel salotto trendy dell’architetto Tarantino, rentier nullafacente e già socio della vittima in un’attività di antiquariato.
E in questa grande disparità di luoghi e situazioni che Angela – che l’autore sta ora meglio tratteggiando – si “perde” e, seduta sul suo modesto terrazzino, guarda le vicine terrazze del Grand Hotel Villa Igiea interrogandosi se quella distanza (piccola ma socialmente siderale) si potrebbe mai colmare, quale sia l’essenza profonda della sua natura e se, in realtà, nel profondo del suo cuore, non desideri invece annullarla quella distanza e raggiungere, un giorno, quel tenore di vita.
Ma il lettore, nell’attesa che termini l’isolamento contro il coronavirus e che Angela sciolga nella prossima indagine questi suoi dubbi esistenziali lasciandosi un po’ andare, si goda intreccio del noir di Costa e la narrazione delle viuzze del centro storico e delle caotiche folle della movida palermitana.
Gian Mauro Costa – Mercato nero
Giovanni Marcì