Massimo Carlotto – La signora del martedì



Massimo Carlotto
Massimo Carlotto
E/O edizioni
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Massimo Carlotto ci ha, da sempre, abituato ai suoi surreali personaggi ma nel suo ultimo romanzo (La signora del martedì, Edizioni e/o, pagg 212), ha superato se stesso e affascina il lettore con una serie di incredibili ritratti.
Un quarantunenne attore porno, Bonamente Fanzago – uscito vivo da un ictus ma ormai impossibilitato a proseguire la sua attività sia perché non può più assumere pasticche e gli stimolanti necessari al suo “lavoro” sia perché preda di sconforti emotivi e incontrollabili crisi di pianto – si è disperatamente innamorato di una misteriosa donna – Alfonsina Malacrida intesa, in una precedente e drammatica fase della sua vita, Nanà – che, da nove anni ne ha fatto il suo gigolò e, ogni martedì dalle 15 alle 16, fruisce a pagamento delle sue prestazioni sessuali nella stanza in cui lui vive alla pensione Lisbona, gestita dal signor Alfredo Guastini, un affascinate anziano travestito che – con i suoi vezzosi abiti, le sue parrucche, le pantofole con gli strass e il grembiule di pelle di Lolly Bossan – ha deciso di accudirlo come un figlio condividendone le pene d’amore e le paure.
A descriverli così sembrano tre personaggi usciti da una barzelletta, i protagonisti perfetti per una morbosa vicenda di cronaca nera, una di quelle che si trascinano per anni nelle aule di giustizia e negli studi televisivi. Ma così non è; le loro esistenze colpiscono al cuore e allo stomaco per la loro fragilità, per la paura di uscire da “sotto i sassi” dove si sono nascosti per sfuggire alle loro paure, alle loro solitudini e alle cattiverie degli altri e di una società ipocrita che li emargina nella loro “diversità” e che vuole tutto di te e “se lo prende con il denaro, a morsi, con l’inganno”.
Una ingenua e grossolana iniziativa della signora Alfredo mette in moto un turbine di eventi drammatici e imprevedibili che sconvolgono le loro esistenze costringendoli ad uscire da sotto il sasso.
Con l’aiuto di un improbabile investigatore privato – un deus ex machina con stivali texani, una passione e una cultura per distillati raffinati e il rimpianto di una storia d’amore con Nanà da lei rifiutata – cercheranno di sfuggire ai sospetti di un omicidio (anzi due) e difendersi dal feroce “shitstorm” mediatico delle tv e dei social e dalla insinuante indagine di un laido giornalista in pensione che, assetato di sangue, vuole solo azzannare Nanà, sfuggitagli tanti anni prima, e sbatterla in prima pagina.
Le vicende della intricata trama del romanzo (di cui, ovviamente, non diciamo nulla così come del passato dei protagonisti) vanno oltre un classico noir oscillando tra una sceneggiata napoletana con il sangue che scorre e drammi introspettivi degni di Simenon.
Accanto ai tre protagonisti principali c’è poi una carrellata di personaggi non meno intriganti: il poliziotto che si tiene alla larga dall’indagine per poi farla gestire prima all’antimafia e poi ai network televisivi, un avvocato che distrugge la sua attività e la sua famiglia per un (forse eccessivo) senso di colpa per non essere riuscito a salvare la giovane prostituta falsamente accusata di un omicidio, due vedove che guardano solo al loro interesse, un amante sinceramente addolorata per la perdita del viscido giornalista che veste il lutto in famiglia.
Il lettore perde presto il confine tra il bene e il male, indeciso su chi assolvere e condannare; nessuno dei protagonisti principali consente una identificazione ma sicuramente scatta un rapporto empatico forte per chi sta cercando di ricostruire la propria esistenza rimettendosi in gioco e per il sincero affetto/amore/rispetto che li lega tra di loro.
E in una società nella quale “ i sentimenti degli italiani più diffusi sono il rancore, l’astio e l’indifferenza” e dove “l’ingiustizia ti avvelena giorno dopo giorno” non basterà travestirsi e indossare le parrucche e gli abiti di un altro personaggio ma si dovrà andare alla ricerca dei propri valori fondamentali, gli unici in grado di dare la forza per tirarsi, di nuovo, fuori dai guai e vivere, finalmente, la propria vita.

Giovanni Marcì

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