Marco Santagata scrittore, storico e critico letterario, ha pubblicato i romanzi Papà non era comunista (1996, Premio Bellonci per l’inedito), Il maestro dei santi pallidi (2003, Premio Supercampiello), L’amore in sé (2006, Premio Riviera delle Palme-San Benedetto del Tronto e Premio Stresa), Il salto degli Orlandi (2007) e Voglio una vita come la mia (2008). Da italianista è cultore e tra i massimi esperti di lirica classica italiana, di Dante e di Petrarca e petrarchismo, campi di studio da cui trae ispirazione per le sue opere di narrativa e sui quali tiene conferenze e seminari in giro per il mondo.
Può raccontarci qualcosa di sé?
Ho vissuto una bella infanzia sull’Appennino, a Zocca, un’adolescenza normale a Modena e finito il liceo mi ero trasferito a Pisa dove ho studiato alla Normale. Attualmente sono professore di letteratura italiana all’Università di Pisa, mi occupo di divulgazione culturale e di nuove tecnologie. Ho fondato un’università online, ICON (Italian Culture on the net) una delle 24 università italiane che online erogano corsi di laurea a valore legale a stranieri e italiani residenti all’estero. Tutto avviene via internet, la tesi viene discussa in video-conferenza. E’ una specie di campus virtuale per diffondere la lingua e letteratura italiana nel mondo. L’idea è nata perché all’estero le si possono studiare solo dove ci sono gli Istituti di cultura, con internet si può arrivare anche nei luoghi più sperduti. Abbiamo superato le 100 lauree conseguite.
La scrittura è un’attività parallela alla sua attività di docente universitario, quanto è importante per lei?
E’ sempre stata al centro dei miei interessi con una sorta di evoluzione, dalla scrittura accademica sono passato a quella di tipo saggistico. La scrittura creativa è venuta più tardi, sia come evoluzione del lavoro di tipo scientifico che come compensazione personale. Sono tanti i professori universitari che si sono dati alla narrativa negli ultimi anni, come studiosi siamo sempre più chiusi in un recinto e la critica ha sempre meno contatti con i lettori. Ho utilizzato per la prima volta la scrittura creativa in un libro sul Petrarca cercando di scrivere in modo accattivante. Potenza dei libri: nel mio primo romanzo “Papà era comunista” mi ero inventato una nonna. Nemmeno a Zocca, dove tutti conoscevano la mia famiglia, se ne sono accorti. Il lettore tende sempre a leggere in chiave realistica autobiografica il racconto. Deve essere effetto della TV, i reality sono falsi ma se uno non è dell’ambiente non ci crede. La tecnica del reality viene sempre più spesso applicata alla narrativa.
Leggendo “Voglio una vita come la mia” ho avuto l’impressione che ci fosse una sorta di legame con “L’amore in sé”, è d’accordo?
No, non lo so. Sono solo l’autore e credo di essere la persona meno adatta a parlare dei miei libri. Sono anche critico, ma un lettore intelligente può capire anche più dell’autore. Nell’autore è spesso molto alto il senso di cecità della propria scrittura, ma quando si rende conto delle cose le utilizza. Probabilmente si scrive sempre lo stesso libro. Ne “L’amore in sé” la storia dell’incesto era uscita per caso, l’avevano colta un paio di persone alle quali avevo fatto leggere il manoscritto e poi ho deciso di ampliarla.
Quanto è autobiografico “Voglio una vita come la mia”,?
E’ una domanda che mi fanno tutti insieme alla fatidica “come l’ha presa tua moglie?”.
Il protagonista si chiama Marco, è professore universitario, tiene conferenze, si occupa di comunicazione via internet, va a Zocca, ha amici riconoscibili… tirate voi le conclusioni.
Anch’io mi sono sposato per la prima volta a 23 anni e ho 4 figli, molto diversi da quelli descritti nel libro.
Nei suoi libri sono sempre presenti i grandi autori dei quali lei è studioso, Dante e Petrarca, per quale ragione?
Perché è un modo per fare passare attraverso i discorsi una visione del mondo più completa.
Ne “L’amore in sé” vi era il mutamento del protagonista a contatto con il testo. Nel 2004 si festeggiava il settimo centenario petrarchesco. Avevo ricevuto parecchi inviti come esperto, e preparato letture di “La vita fugge e non s’arresta un’ora” che erano state pubblicate una decina di volte. Ho costruito un racconto, “L’amore in sè” partendo da queste letture. L’avevo già fatto con “Il copista”, che racconta una giornata del Petrarca e con “Il salto degli Orlandi”, entrambi editi da Sellerio .
Quali sono i suoi rapporti con Vasco Rossi, citato nel suo ultimo libro e dal quale ha preso il titolo, vi sottoponete reciprocamente le vostre opere?
Vasco Rossi ha letto il dattiloscritto di “Voglio una vita come la mia”, io invece non ho mai letto niente di suo. Ci incontriamo a Zocca, abbiamo 6 anni di differenza che quando eravamo ragazzi pesavano molto.
Che cosa legge?
Leggo un po’ di tutto, sto leggendo l’autobiografia di Martin Amis. Leggo molta narrativa italiana perché faccio parte di alcune giurie di premi letterari, del Mondello, del Viareggio, del premio Stresa di Narrativa e del premio Zocca Giovani, che ho fondato.
Progetti letterari per il futuro?
Sto preparando il Meridiano su Dante Alighieri commentato e sto scrivendo per Laterza la storia della letteratura italiana scegliendo alcuni testi. Il primo volume è già uscito, a gennaio 2009 uscirà il secondo sull’800 e poi passerò al 900. Per il momento niente di narrativa.
Da vincitore a giurato del Premio Stresa di Narrativa, che cosa ha provato a tornare in questa veste?
E’ una cosa diversa, allora ero più emozionato, anche se fare il giurato è un mestiere difficile.