Paolo Grugni è uno degli scrittori più interessanti del panorama editoriale italiano. In attesa del suo terzo romanzo, che s’intitolerà Aiutami l’editore Alacran ha riproposto in libreria il suo romanzo d’esordio Let it be. Un thriller scritto sulle note dei Beatles. Protagonista della vicenda è Tommaso Matera, semiologo e appassionato studioso dei testi dei Beatles, consulente della polizia: il suo compito è decifrare i messaggi lasciati dagli assassini. Fino al giorno in cui, stanco di orrori e violenza, decide di ritirarsi in Brianza. Ma non si sfugge al proprio destino. La tranquilla cittadina in cui Matera ha trovato rifugio è il teatro delle imprese di un serial killer che sembra condividere con lui la passione per il quartetto di Liverpool. La sfida tra i due è inevitabile.
Il romanzo, riproposto questa estate in edizione integrale, ha subito suscitato un grande interesse.
MilanoNera ha intervistato l’autore.
Come mai una “versione integrale”. Cosa mancava nella precedente?
Sono stati recuperati dei passaggi tagliati nell’edizione Mondadori. Il libro nel 2004 fu ritenuto eccessivamente letterario, per cui era meglio secondo loro, sfrondarlo un po’. Non ero d’accordo e alcune cose sono riuscito a mantenere, altre no. Però, appena ne ho avuto l’occasione, ho riproposto, grazie ad Alacran, la versione da me gradita. In questa il protagonista, Tommaso Matera, pensa e agisce da vero semiologo.
Let it be è una sorta di doppio romanzo. Quasi due storie separate. Perché questa scelta?
Si tratta di una struttura speculare. Nella prima parte il nome dell’assassino viene rivelato subito, mentre nelle seconda per scoprirlo bisognerà aspettare, come in tutti i thriller, le ultime pagine.
Tommaso Matera, il protagonista di questo romanzo, è un tipo molto particolare. Semiologo e amante dei Beatles. E’ un personaggio completamente inventato o c’è qualcosa di te in lui?
C’è qualcosa, come credo che ci sia qualcosa di tutti gli scrittori nei loro personaggi, ma non sono io. Di mio, c’è la visione critica e ironica della società. In ogni caso, tra semiologia e Beatles, la mia scelta ricade sulla prima. L’incontro con lo strutturalismo è stato molto più folgorante che quello coi Fab Four.
Quanto conta la contaminazione fra le arti? Cioè quanto la musica influenza la scrittura e viceversa?
Nel mio caso molto. Quando scrivo la musica è sempre accesa, per cui è inevitabile che ne diventi parte integrante. Lo sarà in particolare in ‘Aiutami’, il mio prossimo romanzo, dove il protagonista pensa in rima.