Le umiliazioni non finiscono mai

È usuale pensare che la vita di uno scrittore sia sempre appagante, piacevole, ricca di soddisfazioni. È raro invece conoscere, nei dettagli, le tante disavventure nelle quali sono incappati. Che, nel loro complesso, ricadono in genere sotto l’ampio significato della (terribile) parola “mortificazione”. Questo libro rappresenta un compendio di queste imbarazzanti esperienze, narrate da ben settanta scrittori anglofoni. Attraverso brevi racconti inediti e autobiografici, gli autori rendono partecipe il lettore delle numerose situazioni durante le quali si sarebbero voluti seppellire sottoterra, sparire dal pianeta, diventare trasparenti.

Tra i tanti aneddoti che mi hanno più colpito e fatto veramente ridere, mi piace ricordare quello di Matthew Sweeney, a cui si stacca un dente durante un reading, fino a perderlo tra le sedie dei presenti. Oppure la pietosa esperienza radiofonica di Maggie O’Farrell, umiliata dal rozzo conduttore. Ancora Hugo Hamilton che, a causa di un maledetto stereo dall’incontrollabile volume, guasta irrimediabilmente una cena fondamentale per il suo lavoro. E poi c’è il reading di Michael Ondaatje che, fradicio d’alcol, corre in bagno a vomitare, dimenticandosi di spegnere il microfono che ha attaccato alla giacca. Ed anche le disgraziate sventure di Niall Griffiths, Sean O’Reilly, Alan Warner, Irvine Welsh e di tanti altri. Una variegata carrellata di scenacce quasi teatrali, che cattura sempre la curiosità del lettore.

Scoprire i mortificanti retroscena di grandi nomi della letteratura anglofona mi ha divertito molto. È un libro simpatico, allegro, a volte preoccupante per chi scrive. Lo stile è sempre diverso, variando piacevolmente da autore ad autore. Lascio a Duncan McLean la conclusione di questa breve recensione: “La vera mortificazione di uno scrittore è quella di dovere incontrare di quando in quando altri scrittori, e stare a sentire i loro farneticamenti egoistici e altisonanti.” Sante parole.

emanuele cimatti

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