Nel vasto panorama delle forze di polizia italiane mancava un corpo investigativo a sé stante, non dipendente da Comandi e da questure. Ecco allora che nasce con un decreto ad hoc la DITTA.
Niente a che vedere con la Cia americana, chiamata affettuosamente Ditta da chi ne fa parte. DITTA non è un nome ma un acronimo: Divisioni Investigazioni Trasversali Territoriali d’Azione. Appartiene alla Polizia di Stato. Le Divisioni si suddividono, a loro volta, in varie sezioni, tutte finalizzate alle investigazioni. In altre parole, si tratta di una sorta di intelligence territoriale, finalizzata alla prevenzione e al contrasto della criminalità, comune e organizzata, ma con meno limitazioni di quelle che legano oggi chi fa le indagini.
Nata dalla fantasia di due autori di thriller e noir, Franco Foschi e Maurizio Matrone, uno dei quali, Matrone, di polizia e di investigazioni se ne intende essendo stato un poliziotto lui stesso e avendo trascorso molti anni sulle Volanti, la Ditta è quindi frutto di fantasia ma ben radicata nel mondo reale e potrebbe, perché no?, suggerire qualcosa al ministro dell’Interno, magari distogliendolo dalla sua guerra personale agli immigrati e ai poveri.
In questo romanzo ambientato in un’anonima località della Romana, la Ditta è “un nucleo autonomo che più autonomo non si potrebbe, al limite estremo prima dell’anarchia”, nel quale vengono “sistemati i poliziotti più irreggimentabili, i più irrequieti ma con il difetto di risolvere tutti i problemi”.
E l’ispettore Testa, orgoglioso esponente di questo gruppo investigativo, rispecchia alla perfezione queste caratteristiche. Duro, scontroso, attaccabrighe, non molla le indagini fino a quando non arriva alla soluzione finale, muovendosi in un paesotto romagnolo che più provinciale e appartato non si potrebbe. Un luogo senza storia, troppo vicino alla città natale del duce ma lontano da tutto il resto: mare, monti e capoluogo.
Testa deve indagare sulla scomparsa di un’anziana signora: Anna Tarlato Beccardelli, ricca vedova di un signorotto locale. Un donna affascinante, apparentemente amata da tutti, che per anni aveva profuso il proprio patrimonio in attività culturali molto seguite, soprattutto per i sontuosi buffet.
Quando Anna scompare, nessuno la cerca. Neanche il figlio Marlon. Le indagini sarebbero toccate ai carabinieri della stazione locale, che però si erano limitati ad aprire uno scarno fascicolo per poi lavarsene le mani.
La scomparsa sarebbe stata ignorata per sempre se non si fosse intrecciata a un caso di corruzione finito all’attenzione della Direzione distrettuale antimafia.
Anna è scomparsa da sei mesi quando l’ispettore Testa riceve l’incarico di indagare e scoprire come e perché avesse fatto perdere le sue tracce. E, naturalmente, per farlo dovrà scontrarsi con i “cugini” dell’Arma.
Lassù all’inferno è un romanzo teso, duro, pervaso da un’ironia amara che mette in risalto ingiustizie, arroganza e sopraffazioni e pressappochismo che inquinano le forze di polizia nel nostro Paese. Ma che è anche soffuso di un sentimento di malinconica inadeguatezza.
L’ispettore Testa, con i suoi eccessi e i suoi colpi di testa è un personaggio scomodo che solo l’esperienza personale di un vero sbirro come Maurizio Matrone riesce a rendere reale e perfettamente credibile.
Un romanzo che rientra più nei canoni dell’hardboiled americano che in quelli del noir di casa nostra. Narrato in prima persona, avvince fino all’ultima riga e, nello stesso tempo, apre una finestra sul mondo di chi le indagini le fa sul serio e rischia tutti i giorni la vita per poco più di mille euro al mese.
Assolutamente da non perdere
L’appuntamento con Franco Foschi , Maurizio Matrone e Lassù all’inferno, Laurana Editore, è al NebbiaGialla Suzzara Noir Festival – 1/3 febbraio 2019 – Suzzara (Mn)
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