Quarta raccolta di storie del commissario De Vicenzi, celebre personaggio dello scrittore Augusto De Angelis, al quale Luca Crovi ha regalato nuova vita inseguendo ancora una volta la sua vena fantastica.
Filo conduttore di diverse vicende vere e immaginarie che si intersecano tra loro sarà l’incomprensibilmente beffardo sorriso della Gioconda che dall’alto dei secoli e dall’amorevole volontà del suo autore continua a sfidare il mondo.
Un sorriso di sfida che attanagliava e opprimeva nottetempo il grande Napoleone così tanto da costringerlo, dopo aver preteso che fosse appesa al posto d’onore in camera di sua moglie alle Tuileries, a farlo staccare nottempo dal muro e mandarlo segretamente al Louvre ad arricchire la nuovo straordinaria collezione voluta dall’imperatore corso per la Francia.
Il commissario Carlo De Vincenzi, soprannominato “il poeta del crimine”, non ha mai amato correre: alla disinvolta abitudine degli anni della sua giovinezza in cui non si faceva che volare in bici, in motocicletta o in macchina quasi a inseguire la frenesia e la velocità, ha sempre preferito le passeggiate e la lettura. Una preferenza confermata soprattutto da quel maledetto incidente sulla dirittura di arrivo del ventitrenne pilota peruviano Jorge Chavez Dartnel, il mancato trasvolatore in aereo delle Alpi per vincere il premio messo in palio dal Touring Club .
Maledetto incidente sopraggiunto proprio poco prima del traguardo e al quale ha assistito di persona nel 1910 quando non era ancora un ufficiale. Certo che con il tempo, ha anche imparato che è meglio riflettere prima di agire. Indispensabile , soprattutto se si vuole andare a cercare tutta la verità nella rocambolesca sparizione della Gioconda dal Louvre di Parigi. È passato più di un secolo, ma il furto della Gioconda, forse il dipinto più famoso al mondo, è da considerare ancora il più clamoroso furto della storia. Correva l’anno 1911, quando Vincenzo Peruggia, un imbianchino, un italiano senza macchia convinto che Monna Lisa fosse stata rubata all’Italia da Napoleone, riuscì a far sparire il quadro lunedi 21 agosto giorno di chiusura del museo per riportarlo a quella che lui credeva fosse la sua patria.
Ora sappiamo che la storia del furto della Gioconda commesso da Napoleone è falsa. Insomma fu lui Leonardo il genio toscano a ‘venderlo’ a caro prezzo nel 1500 all’allora re di Francia, Francesco I per 4mila ducati d’oro, ma quella leggenda ha sempre fatto convinti proseliti, alimentata forse dalla tristezza di non avere più nel Belpaese uno dei capolavori più belli ( e soprattutto più misteriosi) di sempre. E fu proprio quel falso mito a convincere Peruggia a fare il suo colpo.
Colpo che mise nei pasticci persino Apollinaire e Picasso addirittura scambiati per dei ladri per la loro innocente frequentazione con un piccolo funzionario del museo.
Vincenzo Peruggia non voleva altro che la Gioconda diventasse italiana, sappiamo che in quei tre anni prese più volte contatto anche con celebri personaggi per arrivare infine maldestramente a una specie di restituzione pubblica, tre anni dopo nel 2014, lasciandosi arrestare senza colpo ferire. Chiese solo che prima del definitivo ritorno in Francia , il capolavoro fosse esposto al pubblico alla Galleria Borghese di Roma, agli Uffizi a Firenze e infine a Milano a Brera per il piacere e la commozione anche di una giovane signora Ballerini, andata con il marito, la nonna di Crovi che ritroveremo come la cuoca provetta sciura Maria dopo poco più di 14 anni istallata nella portineria di via Massena, palazzo in cui abita De Vincenzi.
Nel 1934 De Vincenzi dovrà accogliere la richiesta del collega Rizzo, nominato vice questore e trasferito a Gardone Riviera ( da Milano dopo aver coperto i veri mandanti della strage di Piazza Giulio Cesare), dove Rizzo presta ufficialmente servizio per sorvegliare le mosse del Vate, Gabriele d’Annunzio.
Qualche volta però dopo anni, stavolta addirittura dopo ben venti, alcuni eventi ritornano, pronti a provocare seri guai e magari implicare proprio il Vate, forse sulla strada di trasformarsi in un critico amico per il Duce, e quella strana richiesta porterà De Vincenzi a risolvere una tra le indagini più spinose della sua carriera. La faccenda infatti è complicata: c’è di mezzo il furto di un portafortuna, un vero talismano e di un prezioso manoscritto, trafugato al Vittoriale, a Gabriele d’Annunzio. Per risolvere il caso a De Vincenzi servirà il fattivo aiuto di Tazio Nuvolari, il pilota più forte della storia dell’umanità. Gli servirà l’aiuto per audaci fughe notturne verso il lago di Garda proprio di colui che riallacciandoci all’iniziale filo conduttore poco più che un ragazzo ma già meccanico provetto par suo, aveva tentato invano di far alzare nuovamente l’aereo dello sfortunato trasvolatore delle Alpi…
E i tre , Nuvolari, De Vincenzi e Gabriele d’Annunzio si troveranno coinvolti in un caso all’apparenza insolubile.
Come si può riuscire a collegare e poi sbrogliare il furto avvenuto al Vittoriale del manoscritto di D’Annunzio con informazioni e immagini riservate della Gioconda, con la sparizione dalla famosa manifattura orafa di Buccellati a Milano di minuscole e deliziose tartarughine d’oro care al Vate, al Comandante, e diventate un imprescindibile portafortuna per Tazio Nuvolari? La “ligera” a Milano potrà aiutare a perdersi con discrezione nella sua nebbia ma a Gardone non bisogna guardare in faccia nessuno e servirsi di altri mezzi, molto più definitivi.
Ma il mondo attorno a De Vicenzi sta pericolosamente cambiando e in una Milano in cui è sempre più difficile sottrarsi al controllo del regime, Crovi s’inventa un altro romanzo alla sua maniera fatto di un fantastico puzzle di storie sintetizzate in brevi capitoli, che descrivono una serie di avvenimenti milanesi o in qualche modo collegabili alla grande città con in comune tra loro la singolarità di rifarsi, pur giocandoci abilmente, a una storia fascinosa ricca di episodi in gran parte realmente accaduti.
La velocità della tartaruga – Luca Crovi
Patrizia Debicke