Il titolo originale tedesco Einsame Nacht (Notte solitaria ndr.), contiene la parola chiave di tutto il libro: solitudine. Ce ne vuole parlare?
La solitudine è la caratteristica che unisce i personaggi del libro, tutti a modo loro sono soli, soffrono la solitudine perché non hanno nessuno con cui condividere la loro vita e anche se hanno un compagno o una compagna si sentono ugualmente soli. Di fatto la solitudine è un tema centrale nel nostro mondo occidentale ed è un problema che tende ad aumentare sempre di più.
Non ci sono più le coppie stabili di una volta, le grandi famiglie dei nostri nonni, e fra i giovani è sempre più diffuso avere tantissimi followers, ma pochissimi amici. Dunque, credo che la solitudine sia davvero il grande problema del nostro tempo. Mi è capitato di leggere una statistica di un giornale tedesco in cui si indicava proprio della solitudine come causa principale dei suicidi. Non la malattia, non la perdita del lavoro, ma proprio il sentirsi soli.
Altre parole che si collegano alle solitudine e ne derivano sono vuoto e noia e alcuni personaggi del libro cercano in qualche modo di riempire questi vuoti e trovare uno sfogo alla noia spesso con conseguenze nefaste.
Effettivamente questo è un fenomeno che spesso porta a compiere dei gesti orribili e non perché la persona sia effettivamente cattiva, animata da pensieri malvagi o da un vero sadismo, ma proprio perché il vuoto interiore, la noia che provano, porta in una situazione di una tale mancanza di prospettive che si finisce col commettere dei gesti che sono carichi di conseguenze. In Germania noi abbiamo un detto che suona più o meno così: “La noia è la madre di tutte le sciocchezze”, ed è proprio vero, se ci pensi.
Un altro fatto interessante in questo mio libro, ma anche in altri, è che io non mi metto a descrivere il male o la persona cattiva, ma proprio il contrario, e cioè come determinate persone che non hanno una natura criminale finiscano per trovarsi in una situazione che le porterà a commettere un gesto malvagio.
Nel libro Kate, la protagonista, pensa: “Perché la gente non si trova più nella vita di tutti i giorni?” Qual è la sua risposta?
La maggior parte di noi tende a figurarsi e augurarsi un certo andamento della propria vita, ma poi, un passo dopo l’altro, queste cose non si concretizzano e si resta delusi. Questo non significa che la vita nella sua interezza abbia preso una piega negativa, ma se a un certo punto ti guardi indietro e pensi a quelle che erano le tue aspettative e i tuoi sogni di ventenne, purtroppo spesso ti rendi conto che le cose sono andate molto diversamente. Non saprei dire dove esattamente Kate abbia fatto questo pensiero, ma credo sia proprio riferito a questo: alle tante aspettative, speranze e desideri che poi non si realizzano.
La paura e il disinteresse, come quelli mostrati da Anna all’inizio del libro quando passa oltre una situazione di possibile pericolo per un’altra persone senza fermarsi… siamo una società egoista che ignora i problemi degli altri?
Dire che siamo diventati una società molto sotto pressione perché le aspettative sono ormai altissime. Abbiamo a disposizione tutte le possibilità del mondo. Possibilità per renderci e mostrarci felici e perfetti, almeno agli occhi degli altri. Questa è l’impressione che dobbiamo dare, però continuiamo ad avere dentro di noi paure, infelicità e incertezze di cui però non si deve parlare e nessuno mai ti chiede qualcosa a riguardo. Nessuno sa più che cosa c’è dietro a questa facciata di bellezza, felicità e perfezione. Nessuno parla delle cose che non vanno bene e allo stesso modo nessuno si interessa a cosa ci sia dietro la facciata esibita.
I social media sono diventati un mezzo dietro a cui nascondere la propria solitudine?
Sì, certo. Come dicevo prima, tutti nascondono la solitudine e le cose che non vanno bene.
Basta guardare questi canali di comunicazione e vedi solo persone bellissime, con grande successo. Sono tutti perfetti: hanno figli perfetti, compagni di vita perfetti, figli meravigliosi, arredamento fantastico, animali incredibili. Tutto meraviglioso! Ma le persone un po’ più in là con gli anni sanno che tutto questo non è vero, non è né credibile né possibile, mentre i giovani, lo dico perché vedo mia figlia, prendono tutto per vero. Ci credono fermamente e invece di dubitare di ciò che mostrano i social, dubitano di quanto gli viene detto dagli adulti. Credono a quello che vedono, sono convinti che quel mondo di perfezione esista.
Nel libro, Kate segue il filo rosso dell’indagine per arrivare alla soluzione . Durante la scrittura le è mai capitato di perdere il filo rosso della trama?
Non perdo mai il filo, anzi i fili della storia, perché ogni trama ha più fili che devo seguire, soprattutto in questo libro, e io so sempre dove sono e dove voglio andare.
Ma certo mi è capitato di rendermi conto nel momento della scrittura che quello che avevo programmato, pianificato e che avevo ben chiaro in testa, non funzionava.
O meglio, funziona nella mia testa, ma una volta trasposto c’è qualcosa che non va.
Può non funzionare per varie ragioni. Perché non si adatta al carattere dei personaggi, non combacia con un certo tipo di logica, o con le indagini della polizia… quindi, per molti motivi diversi è possibile che questo filo rosso si spezzi.
Cosa faccio in questi casi? Prendo i miei cani, vado a fare una passeggiata nel bosco e cerco di capire i motivi di questi intoppi e di trovare il modo di far funzionare la mia idea, di riprendere il filo.
Sulla fascetta di “La notte di Kate” c’è scritto che Kate Linville è la più amata tra i suoi personaggi. Perché secondo lei?
Non so se sia effettivamente la più amata, però in Germania, ogni volta che esce un nuovo libro con Kate come protagonista, ricevo molte lettere dai lettori che mi chiedono per favore di avere lei come protagonista anche nel prossimo. Quindi sì, è molto amata.
La cosa strana è che non è un personaggio particolarmente bello .Kate non è bellissima, non è una vincente, anzi è una persona debole però è evidente che riassume in sé tante caratteristiche in cui i lettori si riconoscono. Accade spesso di non sentirsi abbastanza bravi, abbastanza belli, abbastanza efficienti nel lavoro, e Kate Linville riassume tutte queste caratteristiche e per questo è più facile identificarsi con lei.
Sono più le donne che vivono la solitudine come un fallimento?
Sì. Un uomo non crede che la solitudine sia una cosa bella, però in genere non pensa mai che questo dipenda da lui. Non voglio generalizzare, però spesso è così. Per le donne è diverso perché tendono a riferire tutto a se stesse e a darsi la colpa per quella situazione. Pensano: e le cose stanno così è parte io in qualche momento ho commesso un errore. Un uomo invece dice semplicemente: vabbè, le cose stanno così, sono un uomo libro. Un lupo solitario
Ha qualche mania, qualche rituale da scrittrice?
Sì, diciamo che un po’ sono superstiziosa, soprattutto per quanto riguarda il mio spazio di lavoro.
Ho una vecchia scrivania, che ho comprato da ragazza e dalla quale non mi separerei per nulla al mondo. Tutti i miei libri, almeno a partire dal terzo sono stati scritti a quella scrivania e anche se una cosa di nessun valore non me ne separerò mai.
MilanoNera ringrazia Charlotte Link per la cortese disponibilità.
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