La donna senza volto

La donna senza volto è un libro davvero originale. Lo è perché, trattandosi di un romanzo storico, sviluppa un genere letterario che in Italia, fatta esclusione per il Manzoni, non ha mai trovato un vero maestro; lo è perché è una sintesi davvero felice tra lirismo e rigore metodologico; lo è, infine, in quanto prodotto editoriale di una piccola e indipendente casa editrice valtellinese, la Labos, non nuova ad avventure editoriali coronate da successo.
Come dicevo, si tratta di un romanzo storico: stupisce la capacità di Prevideprato di riprodurre dettagliatamente, con un pennello molto fedele, vita e contesto culturale di una Valtellina ancora immersa nei tempi oscuri delle guerre di religione e appena uscita dalla guerra dei 30 anni. Il conflitto politico tra cattolici e protestanti si avverte nella vicenda del parroco di Ponte in Valtellina, Don Defendente Quadrio, chiamato a risolvere il delicato caso di Giulia da Cedrasco, giovane ragazza che, come tante altre, nel suo secolo, diventa strumento quasi inconsapevole degli intrighi di palazzo e delle paure irrazionali di una comunità combattuta tra chi la venera come una santa e chi, invece, preferisce scorgere in lei le tracce del demonio.
La gestione dell’intreccio è perfetta, lo stile asciutto ma, come già ricordato nel cappello introduttivo, a tratti lirico: il paesaggio montano fa da sfondo alle vicende narrate; un buio quasi dimenticato, ormai, accompagna il lettore tra le pagine che svelano, quasi come una lampada soffusa, questa storia dimenticata e che rimane, anche alla fine, avvolta in mille dubbi e mille incertezze. Forse la maestria di Prevideprato, però, la sua bravura, sta proprio nel descriverci la protagonista senza mai parlarne direttamente: la donna senza volto tale rimarrà agli occhi del lettore; eppure ella si guadagna una fisica presenza attraverso la sua fragilità di donna del Seicento, l’umano e ingenuo candore di persona semplice vittima di trame più grandi di lei.

Massimo avrebbe potuto cedere alla tentazione del libro furbo: ha preferito, invece, scriverne uno bello. Nell’era di Dan Brown, Matilde Sensi e altri mediocri autori di thriller commerciali, Prevideprato si distingue per avere scritto un vero romanzo storico. La donna senza volto è un documentario narrativo, un delizioso spaccato della Valtellina seicentesca che evidenzia amore per la storia e zelo nel seguirne la metodologia di ricerca. Un piccolo appunto, semmai, lo muoverei alla mancanza di una bibliografia di riferimento, che completerebbe il libro di un elemento importante e renderebbe merito al lavoro certosino del professore (già autore, per altro, di un saggio molto apprezzato, Tu hai renegà la fede: stregheria e inquisizione in Valcamonica e nelle Prealpi lombarde dal 15° al 18° secolo, Nadro di Ceto, Ceto).
Dal punto di vista strettamente letterario, come non sottolineare la bellezza del personaggio di…? Una sorta di Don Abbondio nostrano che evidenzia tutta l’attualità del romanzo di Massimo: Don Defendente viene infatti considerato un’autorità in Valtellina, noto ai più come letterato autore di una dotta pubblicazione teologica. Eppure, tutto sommato, emerge di lui l’immagine più che altro di un mediocre, inserito all’interno dell’establishment, comodo ai potenti e ligio all’ordine che non mette mai in discussione. Insomma, la figura tipicamente italiana di chi, subordinato ai gradini più alti della gerarchia, vive quasi di un’ignava indifferenza, deresponsabilizzato da qualsiasi colpa, ma anche incapace di una vera libertà.

L’attualità, appunto, filtra da ogni pagina: l’attuale Italietta provinciale non è poi così diversa da un piccolo villaggio della Valtellina seicentesca, in cui ritroviamo tutti gli intrighi della municipalità, il ruolo della Chiesa Cattolica e la connivenza tra strutture di potere parallele.
Anche la condizione dei trasporti, in fin dei conti, non è poi mutata di molto: se, muniti di un cavallo, si poteva percorrere infatti la distanza tra Ponte in Valtellina e Sondrio in 45 minuti, nel nevrotico mondo globale si rischia di rimanere ingabbiati nel traffico e di metterci lo stesso tempo, anche quando di cavalli se ne hanno 35.

Bellissimo il personaggio della Perpetua, la cui figura ci ricorda la fortunatissima donnina manzoniana; e bellissimi anche tanti altre figure che Prevideprato tratteggia, delicati cammei, in modo sicuro e con poche pennellate: gustoso, per esempio, il personaggio di Lucia. Il suo rapporto con Don Defendente risveglia i sopiti sensi del casto parroco e aggiunge un’altra nota di quotidianità alla vicenda narrata.

Insomma, La donna senza volto è un testo di rara bellezza; un progetto editoriale che Enea Sansi, con coraggio, ha appoggiato e difende brillantemente.
Una scrittura che si fa accattivante di pagina in pagina e che conquisterà ogni lettore, arricchendo la sua capacità di ‘leggere’ il mondo.

Luciano Canova

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