La bambina senza il sorriso – Antonio Menna



Antonio Menna
La bambina senza il sorriso
Marsilio
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Antonio Menna, giovane scrittore nato a Potenza ma napoletano di adozione, torna in libreria con “La bambina senza il sorriso” (Farfalle Marsilio, pagine 224), una nuova avventura del suo personaggio Tony Perduto, giornalista free lance e precario, che una mattina si trova dietro la porta di casa una bambina di nove anni, Chiaretta, che si rivolge a lui per essere aiutata a ritrovare il padre che ha “smarrito” il giorno prima, mentre erano insieme a passeggio lungo Via Speranzella, nei Quartieri Spagnoli.
Tony, diffidente e perplesso, si appassiona via via alla vicenda scoprendo che nessuna denuncia è stata sporta e né la moglie né il suocero si preoccupano della scomparsa di Carmine Maiorano, affermato commercialista, già figlio del proletariato napoletano e da piccolo, rimasto orfano del padre operaio dell’Italsider, cresciuto, tra mille difficoltà, dalla madre Nunziata.
Chiaretta, che a causa di un disturbo neurologico congenito non riesce a ridere perché quando il cervello lancia lo stimolo la sua bocca rimane immobile, in realtà è l’unica a cercare angosciosamente il padre; nessun altro si preoccupa della sua scomparsa dato che negli ultimi anni Carmine è andato via già altre volte, seguendo storie di amore ma poi tornando sempre a casa.
Forse solo per curiosità o per dare una risposta a Chiaretta, Tony si lancia in una specie di indagine sulla misteriosa sparizione, cercando di fare luce sul misterioso padre, sulle sue attività, sulle sue amicizie femminili, sulla sua passione per lo “strisciare” ossia il gioco delle carte.
Come una sorta di “Dylan Dog con il fiatone”, come verrà impietosamente definito da una dei protagonisti del romanzo, Tony cercherà di ricostruire le vicende che ruotano intorno al padre di Chiaretta, muovendosi tra i vicoli dei Quartieri (dove Carmine è cresciuto) e Chiaia, la Napoli “bene” (dove ormai vive e lavora).
E qui Menna fa “maturare” il suo personaggio: precario “collaboratore di cronaca” che, per una passione che lo muove sin da bambino, insegue il sogno di diventare giornalista nel giornale che il padre leggeva ogni giorno, sbarca il lunario dando (finte) lezioni private e curando per interposta persona un sito web per vivaisti, solitario per indole è stretto tra la mamma che lo vorrebbe sistemato e sposato e Marinella, possibile aspirante fidanzata.
È la passione per il giornalismo, “che brucia come un tatuaggio rifatto ogni giorno sulla stessa pelle”, l’unica che smuove Tony dalla sua apparente apatia e gli impedisce (non appieno, in realtà) di apparire solo un “represso”, insoddisfatto della vita e vessato dal direttore del giornale; se, come lui stesso tiene a dire, non è un “eroe” però… una qualche “iniziativa” potrebbe pur prenderla!
E nel suo girovagare per le vie di Napoli e incontrare i mille personaggi delle sue giornate (la signora Amalia, don Nicola, Luigino il fruttivendolo, Filippo il pasticciere) che Tony trova la risposta sul perché ha scelto di non andare via dalle sue radici, di resistere nella precarietà che le città del sud offrono ai giovani disoccupati della sua età.
E Napoli è lì, calda come le sue sfogliatelle e accogliente come il suo mare, e viene raccontata con amore, senza sbavature, smancerie o rimpianti.
Da sottolineare la vicenda che oppone Don Flavio e Pasquale o’ Puzzulano per l’utilizzo per parcheggio abusivo che quest’ultimo fa della piazzetta antistante la chiesa; Menna ne fa il paradigma perfetto sulla napoletanità, sull’arte di arrangiarsi e sulle “regole” non scritte della convivenza, sull’incerto confine tra legalità e illegalità.
E poi la narrazione, “pulita” ed essenziale, di personaggi come “Franchestà” l’ex imbranato compagno di scuola di Tony diventato imprenditore come prestanome di altri o Filippone, il sedicenne criminale e boss dei Quartieri.
Ma il romanzo sale di tono là dove l’indagine di Tony si sposta a Bagnoli, lì stanno le rovine industriali del grande polo siderurgico Italsider, lì dove – nel bene e nel male – la grande azienda aveva creato uno stato sociale operaio, culturalmente e socialmente forte. Lì dove ormai restano solo rovine, materiali inquinanti, scheletri informi di strutture metalliche e di calcestruzzo.
Solo chi saprà (e vorrà) guardare fino in fondo quella difficile realtà e chi riuscirà a vedere il sorriso di Chiaretta, potrà scoprire la verità sulla misteriosa sparizione del suo papà.

Giovanni Marcì

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