La legge è uguale per tutti. Forse. Perché il problema nasce nell’applicazione della legge, nella ricerca della verità, con una prima divaricazione tra la verità dei fatti e verità giudiziaria. Quest’ultima scaturisce dalla costruzione delle indagini e dalla applicazione di regole, procedure, dinamiche emozionali.
È il grande nodo, l’autentico dilemma professionale e umano che coinvolge e travolge l’avvocato Alessandro Gordiani, protagonista di “Il peso del coraggio”, Fazi editore collana Darkside, scritto da Michele Navarra, che nella vita di tutti i giorni è un avvocato, com’è evidente dalla perfetta conoscenza di leggi, procedure e meccanismi giudiziari.
Navarra in questo legal thriller, che è il suo nono romanzo, costruisce una storia molto ben congegnata e unisce con un unico filo due processi: uno con l’accusa di pedofilia e l’altro per omicidio. Il filo conduttore non è soltanto la vicenda che coinvolge il dodicenne Diego, che ha denunciato le violenze subite da uno stimato medico nonché allenatore della sua quadra di calcio, e la famiglia del ragazzo che chiede giustizia prima e vendetta poi, dopo l’assoluzione del pedofilo. Quello che lega e impasta tutta la storia è la figura di Gordiani, avvocato in entrambi i procedimenti, prima come legale di parte di civile e poi come difensore del padre di Diego, accusato ( e reo confesso) di aver ucciso il medico pedofilo.
È il tormento di Gordiani che fa scattare una serie di riflessioni sulla gestione della giustizia nel nostro Paese, sulla deontologia degli avvocati e dei giudici, su come un piccolissima pietruzza possa inceppare con grande facilità una macchina complessa ed elefantiaca, che peraltro si poggia molto spesso su emozioni, risentimenti, dimenticanze, escamotage.
Dalle pagine di “Il peso del coraggio” viene fuori un affresco a tinte forti alternate a dilemmi più tenui. Una umanità sicuramente dolente per vicende terribili, ma anche per una quotidianità che fa scivolare la vita tra insoddisfazione e desideri, voglia di “spaccare tutto”, anche a costo di violare la deontologia professionale, e rabbia perché ci si sente alternativamente impossibilitati a fare emergere la verità o usati per verità di comodo, preconfezionate.
La storia. Alessandro Gordiani è impegnato in un processo molto delicato: è avvocato di parte civile della famiglia di Diego, un ragazzo di 12 anni che sostiene di essere stato abusato dal suo allenatore di calcio, uno stimato medico. Processo complicato anche dalle contraddizioni in cui cade il ragazzo nelle sue dichiarazioni, tanto che l’allenatore viene assolto perché non v’è la certezza del reato. La mancata condanna del suo aguzzino manda in profonda crisi Diego, che tenta il suicidio.
Dopo poco tempo il medico viene ritrovato cadavere nel suo appartamento. I sospetti si concentrano sul padre di Diego, che aveva minacciato di vendicarsi. Inevitabile l’arresto a cui fa seguito l’ammissione del delitto, ma con una versione poco credibile: nel corso di un chiarimento a quattr’occhi tra i due uomini la vittima avrebbe tirato fuori una pistola e avrebbe sparato al padre di Diego, che nella colluttazione successiva avrebbe ucciso il pedofilo. Anche questa volta la difesa tocca a Gordiani. E qui parte la paziente, minuziosa e, per un pezzo, artificiosa ricostruzione di cosa sia realmente accaduto per cercare di scagionare l’uomo dalle accuse. Ed è in questa parte “alla Grisham” che Navarra mette in mostra tutta la sua capacità di analisi e approfondimento sui meccanismi che regolano le vicende processuali nel nostro Paese. Una giustizia che può assolvere un pedofilo e condannare un padre che, pur sbagliando nella sua voglia di vendetta, rischia una pesante condanna per un omicidio che ha commesso, ma senza premeditazione bensì come conseguenza di una offesa, per difendersi. Quale sarà la verità che prevarrà? Quella dei fatti o quella giudiziaria?
Un gran bel romanzo questo di Navarra, che riesce a mettere insieme descrizioni minuziose e scorrevolezza della storia, coniugando la giusta tensione che spinge il lettore a partecipare emotivamente, a schierarsi, con una profonda riflessione sul senso e sulla gestione della giustizia.