Vincitore del premio Pulitzer 2014 Il Cardellino è un romanzo che pur essendo molto lungo si legge molto facilmente.
Complesso, dai temi molto profondi, è nel suo insieme avvincente, istruttivo, quasi perfezionistico, ma lo vedremo dopo, partiamo dall’inizio.
Il Cardellino narra la storia di Theodore Decker, un bambino di tredici anni che vive New York da solo con la madre da quando il padre, sempre ubriaco e a volte violento, li ha abbandonati. Un giorno Theo e la madre vengono convocati a scuola dal preside perché Theo è stato scoperto a frequentare un ragazzo che fumava. Essendo però molto in anticipo e sorpresi per strada dalla pioggia, si rifugiano in un museo, dove tra i vari quadri la madre di Theo gli fa vedere il suo preferito: Il Cardellino di Fabritius.
All’avvicinarsi dell’ora dell’appuntamento, la madre si dirige al negozio del museo per comprare il regalo a una sua collega mentre Theo rimane a osservare i quadri ancora un pochino, quando di colpo si vede una luce abbagliante e si sente un boato assordante. Theo perde i sensi. Al suo risveglio scopre che una bomba ha distrutto il museo. Prima di scappare a casa dove spera di incontrare la madre, si porta via il quadro Il Cardellino. Sarà proprio questo evento traumatizzante che cambierà per sempre la vita di Theo.
Arrivato a casa, infatti, non trova la madre e il giorno dopo, tramite una visita degli assistenti sociali, scopre che è morta nell’attentato terroristico al museo. I servizi sociali lo affidano alla famiglia di un suo compagno di scuola e a lungo andare, Theo inizia a riprendersi, grazie anche al ritrovamento di un’altra sopravvissuta all’esplosione e allo zio di lei che lo coinvolge nella restaurazione di mobili.
Quando finalmente sembra che le cose si siano sistemate per Theo e che possa vivere serenamente, ecco tornare in scena il padre che gli comunica che è venuto a prenderlo per portarlo a Las Vegas, dove vive con la nuova compagna Xandra.
La vita di Theo cambia nuovamente. A Las Vegas inizia a frequentare brutte compagnie, inizia con la droga, la violenza e la malavita, fino a quando, dopo la morte del padre, decide di tornare a New York, dove rincontra la ragazzina che aveva lasciato prima di partire e lo zio di lei.
Da questo momento inizia un periodo di metamorfosi per Theo, passa da un salotto in vista a un altro, si ritrova nei bassi fondi, e deve superare momenti di totale autodistruzione, uno dei quali lo porterà a vedere come posta in gioco il suo talismano, l’unico oggetto che lo lega alla parte più buona e genuina di sé, il quadro Il Cardellino.
Come dicevo all’inizio, Il Cardellino è un libro quasi perfezionistico e per questo in alcuni punti può sembrare un po’ lento, ma rimane comunque molto coinvolgente e appassionante.
Terzo libro scritto da Donna Tartt ritroviamo al suo interno tutta la cura che l’autrice ha voluto dedicargli, cura talmente minuziosa che ha portato la Tartt ha pubblicare solo tre libri a distanza di dieci anni uno dall’altro e ha in progetto la pubblicazione di soli altri due libri e sempre distanziati di dieci anni proprio per potercisi dedicare anima e corpo e renderli perfetti.
Narrato tutto in prima persona, il romanzo ha come temi fondamentali il dolore della perdita, l’importanza della vita e la dualità dell’animo umano rappresentato proprio dalle scelte sbagliate di Theo e il significato che ha per lui il quadro, ottenuto rubandolo al museo.
Una delle descrizioni più belle relative al dolore provato da Theo e al senso di vuoto lasciatogli dalla perdita della madre, è quando i genitori affidatari gli comunicano che deve riprendere la scuola, perché solo così può superare il periodo nero e rincominciare a vivere una quotidianità sana, e lui, dentro di sé sente il riprendere qualsiasi attività normale e quotidiana come un tradimento nei confronti della madre, una cosa sleale che gli avrebbe causato un trauma facendogli sentire e realizzare ancora di più la perdita.
Un altro merito della Tartt è quello di farci affezionare a Theo nonostante sia tutto il contrario del classico protagonista buono a cui la vita riserva solo sofferenze, infatti, pur sembrando all’inizio del libro una specie di Oliver Twist o David Copperfield, durante la lettura vediamo che in realtà, a causa della presenza paterna, è il classico ragazzo ribelle, sbandato, a volte quasi delinquente che cerca di prendere le strade più comode invece di lottare e fare le scelte più corrette. Nonostante ciò, non possiamo fare a meno di affezionarci a lui perché la narrazione in prima persona scelta dall’autrice ci consente di penetrare a fondo nell’animo di Theo portandoci a capire le sue scelte pur non condividendole.
Molto profonde anche le descrizioni riguardanti il legame tra Theo e il quadro, un talismano legato a lui a doppio filo che, accompagnandolo per tutta la vita,gli impedisce di perdersi completamente salvaguardando la sua anima, come se lo spirito della madre fosse sempre al suo fianco.
Un romanzo che va letto. Sicuramente non un libro da portare sul tram o in metropolitana o a cui dedicarsi nei ritagli di tempo, ma un romanzo che merita un po’ di tempo in cui dedicargli tutta la nostra attenzione e a cui aprire il nostro animo.
Micol Borzatta