Venezia, XVI secolo : secondo capitolo di una tragica trilogia veneziana che gioca sapientemente con la paura. Eh sì per ancora una volta Alex Connor ci regala una Venezia molto diversa dalla decadente ma splendida regina della laguna, la città incensata dai viaggiatori nei secoli. La città che celebrava ogni anno un lunghissimo Carnevale. Quel Carnevale che si rifaceva spudoratamente agli antichi culti pagani del passaggio dall’inverno alla primavera, come i Saturnalia latini o i culti dionisiaci e per i quali il dogma era “Semel in anno licet insanire”. Un’orgiastica celebrazione durante la quale le grandi oligarchie veneziane e le possenti classi dirigenti latine si mischiavano al popolino minuto, concedendo ai reietti di credersi per l’occasione simili ai ricchi e ai potenti e, in virtù di una maschera, di potersi prender gioco di loro. Ma “ I cospiratori di Venezia, sanguinoso e oscuro seguito di “I Lupi di Venezia”, dicevo, riporta in scena la Serenissima come una città diversa, cupa, crudele, che affronta e si scontra quotidianamente, senza tregua, con turpitudini, ricatti e orrori. Non bastano infatti le sublimi opere create giornalmente dai tanti e illuminati artisti di quel periodo a riscattare una città dove il quotidiano di piccoli commercianti, servitori, schiavi ed ebrei del ghetto deve confrontarsi con la sfrenata ed esibizionistica ricchezza della città lagunare, meta di mercanti di ogni parte del mondo a caccia di affari e fortuna. Il tutto poi troppo spesso solo in virtù di ricatti e corruzione. In un’epoca infatti in cui dominano la malvagità e le perversioni di ogni genere, i prevaricatori e i cospiratori hanno vita facile. Come una maschera di carnevale, la città nasconde le fattezze di chi la porta, e offre copertura ai suoi veri padroni. Veri padroni che non sono più il doge, i figli della nobiltà lagunare, ma i membri di una specie di congrega, i Lupi fatta di misteriosi individui dei quali non si sa neppure il nome, che si accanisce orribilmente contro giovani donne innocenti. Esseri ignobili che si muovono spregiudicatamente e colgono ogni opportunità per acquisire sempre maggior potere, coinvolgendo nelle loro contorte trame fragili e inconsapevoli pedine. Testimone, e prologo della tragedia anche stavolta è Marco Gianetti, voce narrante che, con le sue confessioni, assurge al ruolo di drammatico protagonista. Lui, l’ ex assistente apprendista di bottega del grande Tintoretto, unico erede delle immani fortune della famiglia, che sotto ricatto e per vigliacco egoismo, ha lasciato mano libera a una diabolica personificazione del male. A Pietro l’Aretino da cui si è lasciato circuire e ingabbiare, trascinando con sé nel baratro degli innocenti. Lui che, pur sapendo la verità, ha lasciato condannare a morte un innocente, l’amico medico Ira Tabat accusato di avere ucciso la sorella. Una trama complessa, molto articolata che coinvolge il lettore e anche stavolta come, per “I lupi di Venezia”, un’ampia carrellata di personaggi movimentano la scena, scambiandosi continuamente il timone. In testa, Pietro Aretino non solo il letterato e poeta che tutti ricordiamo, ma dipinto da Alex Connor come il malvagio principe delle tenebre, ambiguo, scaltro e terribile, mostruosamente affascinante come un cobra e altrettanto letale e il suo crudele socio e spia, l’impenetrabile fiorentino , Adamo Battista, con per spalla Nikolas Volt, l’enigmatico e misterioso aiutante. Accanto a loro in primo piano in cerca della verità a ogni costo malgrado il rischio , uno straniero, lo speziale olandese Nathaniel der Witt, scienziato, mago, ma soprattutto uomo tormentato. La prima vittima del mostruoso quartetto di barbari assassini è stata sua figlia ad Amsterdam. Da allora non riuscendo a darsi pace per la sua morte, con il rischio di essere lui stesso accusato di quella ignobile carneficina da più di due anni è impegnato in una spasmodica caccia agli assassini con la speranza di arrivare alla verità. La sua indagine lo porterà a chiedere e ricevere l’appoggio sia da un personaggio quale il grande pittore Jacopo Robusti detto il Tintoretto e la sua giovanissima moglie, che dalla cortigiana più desiderata di Venezia, Caterina Zucca e dal suo fedele servitore Bakita. Correndo impavido dei rischi personali, accoglierà il subdolo mercante francese, l’argentiere Lauret, che ha conservato uno scritto segreto che potrebbe dargli lumi sull’identità dei Lupi. Ma ci sono altre pedine che si muovono sulla scacchiera abilmente orchestrata dalla nostra autrice quali la quattordicenne Viviana, la figlia dell’avvocato romano assunto da Gianetti e il ragazzo dalla voce straordinaria che lei vorrebbe per amico, il giovanissimo e fragile castrato Giovanni Spolatti, e la voluttuosa cortigiana francese Tita Boldini, anche lei manovrata dal deus ex machina della situazione, l’Aretino. Come per tutti i suoi romanzi Alex Connor, lega anche la narrazione di I cospiratori di Venezia all’arte e alla pittura. In questo caso torneremo con lei nella bottega del Tintoretto a scoprire alcune particolari fasi del suo lavoro: dalla accurata preparazione dei colori, alla scrupolosa abitudine di plasmare piccoli modelli in cera per le sue opere e assisteremo alla sua trionfale ascesa nell’Olimpo dei pittori della laguna. Venezia, la Serenissima, la signora dei mari ormai in lento e progressivo declino, si rivela uno scenario più fantastico che reale, dove conta soprattutto il fascino dell’atmosfera offerto dalla pesante cortina nebbiosa che avvolge ogni cosa, piuttosto che non il richiamo del particolare storico o architetturale. Anche stavolta Marco Gianetti dovrà fare i conti con le conseguenze delle proprie azioni mentre una serie di brutali delitti continua a sconvolgere la città. I Lupi di Venezia hanno rincominciato a uccidere. Ma cosa mai spinge il terribile quartetto a massacrare e poi straziare le proprie vittime? Quali sono i veri volti dei quattro Lupi? I cospiratori di Venezia è solo la seconda puntata… Per saperlo non ci resta che aspettare la terza.
I cospiratori di Venezia – Alex Connor
Patrizia Debicke