Faccia a faccia ad alto contenuto noir con Romano De Marco

untitled ” Io la troverò” è stato il romanzo più votato dai lettori tra i 25 semifinalisti al Premio Scerbanenco 2014 e accede quindi di diritto  alla cinquina finalista. 
Ogni romanzo è in grado di provocare alcuni effetti nei lettori. Ci sono quelli che si lasciano leggere e poi ci sono quelli che stimolano alla lettura. Io la troverò di Romano De Marco è del secondo tipo.
Marco Tanzi era un poliziotto, il migliore di Milano, un amico fraterno per Luca Betti, il marito di Flavia e il padre della piccola Giulia, sino a quando un’indagine ha travolto la sua esistenza e lo ha fatto sprofondare in un incubo. Nel tentativo di salvarsi e prima di finire in carcere, cerca di trascinare con sé tutto il suo mondo. Dopo dieci anni, ha voltato le spalle a tutti ed è diventato un clochard alcolizzato, una parte del degrado urbano che la Milano bene cerca di ignorare.
Ma quello che sembra essere un inesorabile naufragio nel dolore, viene interrotto quando Luca Betti lo rintraccia per comunicargli la misteriosa scomparsa di sua figlia. Nonostante i trascorsi, l’amico mette da parte i dissapori e gli tende una mano per aiutarlo a risalire la china e mettersi sulle tracce di Giulia. Il ritorno di Marco destabilizza molte vite e spazza via tutti quei fragili equilibri su cui i protagonisti avevano costruito le proprie esistenze, mentre inizia una spietata caccia ai sequestratori nel mondo della pornografia clandestina e della tratta delle bianche tra Roma e Milano.
È un noir di sana e robusta costituzione in cui spicca soprattutto l’approfondimento psicologico dei personaggi; Marco e Luca non sono i soliti buoni con un cuore a diciotto carati, rimasti impigliati nella trama di un destino beffardo e crudele che, con la complicità di qualche scelta sbagliata ma necessaria, hanno crepato la superficie liscia di una vita altrimenti tranquilla.
Sono due poliziotti che hanno visto quanto di peggio può fare un gruppo di criminali senza scrupoli, ma se in Marco qualcosa si “rompe” e innesca una corsa verso l’autodistruzione, in Luca tutto resta immobile e rimane paralizzato nei limiti di una situazione claustrofobica.
Sembra che il tempo si rimetta in moto solo quando i due tornano assieme, quasi come ai vecchi tempi.
Con la complicità di capitoli brevi e inaspettati flashback, l’autore è in grado di sviluppare l’alta voracità nel lettore e, anche in questo caso, lo schema si discosta da quanto già letto. L’indagine non si svolge solo seguendo piste investigative e collezionando indizi, ma ha una dimensione “psicologica”; il caso procede contemporaneamente alla capacità dei due di affrontare e risolvere i propri fantasmi. La distanza tra Milano e Roma sembra essere una metafora tra il mondo a cui siamo abituati e l’inconcepibile violenza sessuale a scopo di lucro nei confronti delle donne, ma anche il cammino che i protagonisti devono percorrere verso la riabilitazione.
Lo stile di scrittura è accattivante e ha la capacità di visualizzare gli scenari e favorire la lettura sino all’ultima pagina.

A nome della redazione di MilanoNera ho il piacere di ospitare Romano De Marco per una breve intervista.

Innanzitutto, grazie della tua disponibilità.

  • Nel romanzo citi alcuni autori italiani e opere cinematografiche. Per scrivere Io la troverò, a quali maestri ti sei ispirato?

Nessuno in particolare, ma nel mio universo narrativo, nella caratterizzazione dei miei personaggi e nel taglio “cinematografico” che tento di dare alle mie storie, probabilmente fanno capolino tutti quegli autori e registi dei quali mi sono “cibato”  da sempre. In particolare penso che il mio Marco Tanzi abbia qualcosa in comune con gli anti-eroi politicamente scorretti del grande  Alan D. Altieri. E poi c’è il cinema di genere poliziesco degli anni settanta, una fonte di ispirazione pressoché infinita per me e per tutta una generazione di noiristi Italiani.

  • In un noir la necessità di toccare il fondo è indispensabile per il riscatto del protagonista. Marco e Luca raggiungono l’equilibrio quando sono in coppia, ma quando sono divisi affondano verso il punto zero dell’esistenza in due maniere differenti. Quale dei due atteggiamenti è il peggiore, una discesa all’inferno o l’immobilità assoluta di situazioni senza uscita?

Con questi due personaggi ho voluto raccontare la sconfitta, un sentimento o, se preferisci, una sensazione, comune a una intera generazione di quasi-cinquantenni (che poi è la mia). Marco e Luca sono due facce della stessa medaglia. La sconfitta delle aspirazioni, dei sogni, dei grandi propositi come la ricerca della giustizia (nel caso di Marco) e quella dei sentimenti  (nel caso di Luca) sono un po’ lo specchio dei nostri tempi. Il fatto che i due riescano entrambi a risollevarsi dal baratro grazie alla forza indotta dalla responsabilità del loro ruolo di padri, li assolve solo in parte, perché sancisce la loro definitiva debolezza come individui, l’incapacità di trovare esclusivamente in se stessi strategie e motivazioni sufficienti per andare avanti.

  • La violenza sulle donne è al centro della storia e, purtroppo, anche un reato molto diffuso, su cui è necessaria una continua sensibilizzazione. Nella stesura del romanzo come ti sei documentato su questo argomento?

In realtà il romanzo parla di argomenti sospesi in un limbo al confine tra realtà e leggenda metropolitana. Il dato di fatto incontrovertibile sono le centinaia di donne che scompaiono ogni anno e delle quali non si sa più nulla. Su questo e sulla lettura di alcuni libri e articoli incentrati sulla cosiddetta “tratta delle bianche” ho cercato di imbastire una trama credibile senza indugiare su aspetti “voyeuristici”. Non mi ha mai interessato la rappresentazione gratuita della violenza, soprattutto sulle donne. Quella che c’è nei miei romanzi è ridotta al minimo indispensabile ed è sempre strumentale alla narrazione.

  • Vuoi parlare della tua Milano a MilanoNera?

E’ una Milano osservata da “ospite”, con occhi avidi di suggestioni, di sensazioni, di scorci inediti e ambientazioni reali da riportare nei miei romanzi. Non pretendo di conoscere Milano come chi ci abita, ma rivendico la capacità (che a dire il vero in molti mi hanno riconosciuto) di potere e sapere raccontare questa città  con occhi di chi la apprezza, la teme, la studia con rispetto e prova gratitudine per i grandi maestri del passato e del presente che l’hanno resa la città “noir” Italiana per eccellenza. Fra tutti cito Stefano Di Marino che con la sua Milano “Gangland” ha tracciato la strada per me e per molti altri autori.

  • Quali consigli daresti a chi vorrebbe scrivere un romanzo?

Umiltà, rispetto per il lettore e accettare di farsi aiutare, soprattutto in fase di editing. E anche evitare di piangersi addosso. I rifiuti li abbiamo ricevuti tutti, se si crede in se stessi e nella propria opera, è importante continuare a provarci,  cercando di cogliere, in ogni fallimento, delle indicazioni utili per migliorarsi.

  • Progetti per il futuro?

A gennaio uscirò in una antologia per Novecento Editore, nella collana “Calibro nove”. Si intitola “Roma a mano armata”, è curata dal bravissimo Luca Poldelmengo e mi ha dato la possibilità di far rivivere, in un racconto lungo, i due personaggi del mio esordio nel “Giallo Mondadori”, ovvero il capitano dei Carabinieri Rinaldo Ferro e la sua spalla, il maresciallo Elio Cianfrocca. Li vedremo in azione nel quartiere Laurentino trentotto in una storia molto dura e adrenalinica. Poi c’è il romanzo nuovo, già scritto, che è il seguito di IO LA TROVERO’ ma anche di MILANO A MANO ARMATA. L’uscita non è ancora fissata ma sarà sicuramente entro il 2015.

Grazie della tua disponibilità e ti auguriamo Buona Scrittura.

Grazie a voi, è sempre un piacere!

Mirko Giacchetti

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