Il commissario Roberto Serra è tornato. Abbiamo aspettato dieci anni per ritrovarlo a Case Rosse, impegnato in una nuova indagine dopo “Venti corpi nella neve” (da poco di nuovo in libreria in una nuova edizione targata Piemme), ma l’attesa è stata ripagata perché “È così che si muore” è uno di quei romanzi che, se lo inizi dopo cena, il rischio di passare la notte insonne per procedere con la lettura è ben più di una possibilità. Della trama, trattandosi di un giallo, non si può e non si deve anticipare più di tanto. In primo luogo per non rovinare il piacere della lettura e lasciarsi sorprendere pagina dopo pagina, ma soprattutto perché i libri non vanno raccontati, ma, per l’appunto, letti. A ogni modo, vi basti sapere che la storia prende il via con l’incendio in un casolare, appiccato con l’intento di cancellare le tracce dell’omicidio di Eros Bagnaroli, detto il Burdigòn (lo scarafaggio).
L’indagine, affidata a Serra, si rivela complicata fin dalle prime battute perché gli elementi in mano al commissario sono pochi e gli abitanti di Case Rosse non sembrano disposti a collaborare più di tanto. L’omertà, tuttavia, è solo uno degli ostacoli da superare e allora Serra dovrà fare i conti anche con segreti tenuti nascosti per troppo tempo, un secondo omicidio, false piste create per tenerlo lontano dalla verità e aggressioni che metteranno in pericolo la sua vita. Questa volta, però, il commissario non è solo, perché ad affiancarlo durante le indagini c’è un nuovo personaggio, una giovane agente di polizia complicata e interrotta quanto lui, se non di più. Rubina Tonelli, esuberante e attaccabrighe, anche lei in fuga da se stessa e dai fantasmi del suo passato. Superata l’iniziale diffidenza, impareranno a conoscersi e accettarsi, a fidarsi l’uno dell’altra fino a comprendere quanto le loro paure e solitudini non siano altro che l’altra faccia della stessa medaglia.
E poi c’è la “danza”, la maledizione dalla quale Serra non può affrancarsi. Quelle visioni che lo tormentano e annichiliscono, ma che sono anche porte che si aprono su scenari imprevedibili che altrimenti rimarrebbero imperscrutabili. Non un escamotage, una scappatoia per risolvere il caso saltando qualche passo delle indagini, ma qualcosa che completa il personaggio, che lo rende ancora più contraddittorio, complesso, ma soprattutto umano. Già, perché Serra non è un supereroe, un poliziotto senza macchie e paure, bensì un uomo che deve confrontarsi ogni giorno con un passato che lo ha segnato in modo insanabile, che fatica a tirare avanti, ma che nonostante tutto crede nel suo lavoro e non può e non vuole sottrarsi dalla ricerca della verità.
È un bel romanzo “È così che si muore”, con un ritmo sostenuto e dialoghi che funzionano, che non suonano mai artificiosi, grazie a una scrittura asciutta e al tempo stessi colorita, con il frequente ricorso al linguaggio parlato e all’intercalare emiliano. Una storia con tanti personaggi, ricca di suggestioni, luoghi e paesaggi… e anche di buon cibo, quello della tradizione, di un’Emilia che Pasini non nasconde di amare e che non è solo scenografia, ma parte integrante della narrazione. Una lettura che farà contenti i suoi lettori che hanno aspettato con pazienza una nuova avventura di Serra, mentre quelli che l’hanno incontrato per la prima volta non potranno fare a meno di recuperare i tre precedenti romanzi per saperne di più… per aspettare poi, tutti insieme, il prossimo.