La differenza che passa tra il caso e il caos è un semplice spostamento di lettera. Scritta così, non sembra neppure una cosa tanto grave, ma queste due parole sono in grado di far vibrare – o tremare se preferite – la ragnatela che ci lega all’universo, la vita e tutto il resto.
Piani ben riusciti, strategie collaudate, metodi impeccabili e ogni altra locomotiva che corre sui binari può deragliare a causa di una coincidenza inaspettata o mancata.
Che crediate nel destino o nella volontà poco importa, l’esistere implica più possibilità di quante riusciamo a calcolarne e così non ci resta che camminare verso orizzonti sconosciuti.
Le mie quasi domande filosofiche non sono nate per caso o per il caos che ho nella mente, ma leggendo la citazione di Honoré de Balzac che si trova in calce a Il turista di Massimo Carlotto:
“Il caso è il solo legittimo sovrano dell’universo.”
Se tentate di verificare l’esattezza di questa affermazione, è possibile che dobbiate fare i conti con gli effetti del principio di indeterminazione; potete sapere dove vi trovate ma non riuscite a determinare quanto sia dovuto al caso o potete individuare il caso ma non riuscite a intuire verso quale rotta state navigando.
Nello specifico, Il turista altri non è che Abel Cartagena, il serial killer perfetto. Un predatore di uomini incapace di provare empatia con le sue vittime e con tutto il genere umano, è un maestro del travestimento, non ha una zona di caccia circoscritta (si sposta di continuo da uno stato all’altro), non ha nascosto da qualche parte nell’inconscio il desiderio di “essere fermato” e ogni volta che uccide cerca di non disseminare indizi o lasciare firme che lo intrappolino nel mirino degli investigatori.
A Venezia lo psicopatico commette l’errore di scegliere una vittima particolare e il caso introduce il caos nella sua routine omicida.
Un errore che coinvolge Pietro Sambo – ex capo della Omicidi caduto in disgrazia – che vive come un emarginato e paga ogni giorno il prezzo dei propri sbagli. Nonostante non porti più la divisa ha ancora il fiuto necessario per individuare e fermare l’assassino, ma per riuscirci dovrà fare i conti con la propria morale e decidere se iniziare un cammino da cui non si torna indietro.
Non si tratta del solito thriller con la solita caccia all’uomo, ma di una storia più ampia e articolata. Come già in passato, Carlotto racconta il Nord Est nella quotidianità di chi lo vive; Venezia non è uno sfondo ma un personaggio in più delineato nel dialetto, nella cucina e negli atteggiamenti dei co-protagonisti, gli stessi che resistono al continuo afflusso di turisti. Ed è proprio nel via vai degli stranieri che approdano in laguna tutti i pericoli e le trame assassine che metteranno a dura prova Sambo.
Una lettura consigliata non solo per la trama ricca di colpi di scena, ma anche per apprezzare la riuscita incursione letteraria dell’autore al di fuori del genere e dei canoni che negli anni lo hanno fatto conoscere al grande pubblico.
La redazione di MilanoNera è lieta di dare il benvenuto a Massimo Carlotto per una breve intervista.
In merito alla citazione iniziale, non credo di aver acquistato un biglietto della Pindaro Airlines se scrivo che nel suo romanzo sono presenti alcuni caratteri propri di Balzac. Penso soprattutto al realismo nel descrivere la società in cui viviamo e la volontà di riscatto per Pietro Sambo e di esprimersi di Abel Cartagena. Posso fare il check-in oppure ho sbagliato volo?
Non ha sbagliato volo. Balzac ha concepito la descrizione e l’interpretazione del reale attraverso il romanzo. Ha anche creduto nella necessità di personaggi raccontati minuziosamente e mossi strategicamente nelle storie. Credo che la letteratura di genere debba molto all’universo balzacchiano.
Da dove proviene l’idea per Il turista e cosa l’ha spinta a uscire dai canoni e dal genere che frequenta abitualmente?
L’idea del Turista nasce da un concentrato di desideri e curiosità. Esplorare i territori del thriller e della spy story, cancellandone i confini. Raccontare la figura del serial killer in modo nuovo, a partire dalla finta semplificazione della psicopatia. Raccontare Venezia, città violata. Come sempre cercando di forzare i canoni, di abbandonare certezze.
Un romanzo non può essere solo una storia ma deve anche avere una presa sulla coscienza sociale. Quanto è d’accordo con questa affermazione e la letteratura può cambiare la realtà?
Questo concezione del romanzo è sempre stata alla base del mio lavoro. Io non sono così convinto che la letteratura sia in grado di modificare il reale, però sono certo che sia in grado di creare consapevolezza nei lettori della necessità di diventare soggetti di cambiamento e trasformazione. Oggi ritengo che il conflitto in tutte le sue declinazioni sia il cuore della narrazione.
Il mondo letterario – talvolta – è separato per futili motivi o da invidie degne di una guerra tra poveri. Nel tempo, attorno a lei si è formato un collettivo di scrittori, quanto è importante la collettività e la circolazione di idee tra autori?
Noi rimaniamo ben lontani dalle polemiche e dalle scaramucce in ambito letterario. A noi interessa sviluppare terreni comuni di confronto e di crescita. Ci interessa la condivisione del sapere come strumento di elaborazione di progetti sensati.
Progetti Futuri?
L’Alligatore. Un nuovo romanzo con molte novità.
La ringraziamo per la sua disponibilità e le auguriamo una buona scrittura.
Grazie! E buona lettura!