Contest Cocco e Magella : i racconti vincitori

Concorso Cocco e Magella – Continua l’incipit e vinci – 
1° Classificato il racconto di Martina Manfrin

LA SCOMPARSA

Il 15 settembre del 2014, intorno a mezzogiorno, la professoressa Aurora S∗, 34 anni, insegnante di Scienze, usc`ı dal portone principale della Scuola me- dia di Lambrate, Milano, diretta come ogni giorno verso la stazione Centrale. Dopo aver salutato un paio di colleghi, Aurora fu vista allontanarsi da sola verso l’angolo compreso tra via Feltre e Piazzale Udine. I familiari e l’ex compagno diedero l’allarme intorno alle quattro del pomeriggio, e le ricerche della Polizia iniziarono verso le diciotto. Al momento della scomparsa indos- sava una giacca di velluto beige, una maglietta fucsia, dei jeans e un paio di scarpe da ginnastica.

L’ispettore Loiacono Salvatore già si immaginava le reazioni dei giornalisti. Quelle bestie assetate di notizie avrebbero scritto: ”giovane donna scompare davanti al commissariato”. Cazzate, belle e buone. Soltanto un popolo di ingrati e ignoranti poteva trattare i propri agenti di pubblica sicurezza in quel modo.
I possibili testimoni, che al momento del fatto si trovavano nelle panchine del parco ”Marisa Belisario” se ne erano già andati. Bisognava pensare a qualcos’altro.
Il suo telefono iniziò a vibrare. Una chiamata in arrivo.
Pronto, sono l’agente scelto Catania Michele. Avrei alcune novità per lei. Le parrà normale quel che le sto per dire, ma considerando che la profes- soressa in questione è sparita. . .
Mi dica.
Dunque – riprese Catania – ho controllato le telecamere del commissariato nella fascia oraria indicatami e ho scoperto che la signora Aurora S∗, dopo essere passata davanti alla nostra sede, si è diretta verso la metropolitana di piazzale Udine.
E poi?
Ah, ispettore, i nostri filmati non arrivano fin lì. Vuole che chieda le autorizzazioni per controllare le telecamere dell’ATM? Forse ha preso la metro.
Ma la prendeva tutti i giorni, per andare in Centrale! – sbottò Loiacono.
Appunto – rispose Catania – Per questo ho iniziato il discorso dicendole che tutto questo le sarebbe parso normale, sparizione a parte.
L’ispettore preferiva lavorare di fantasia verso la fine dell’indagine, quando si hanno a disposizione molte più prove; nelle fasi iniziali, invece, cercava di essere rigoroso, per non smarrire il cammino. Così decise di registrare i dati così  com’erano e proseguire.
Le ultime statistiche nel campo della criminologia riferivano che il settanta percento delle donne uccise da uomini adulti erano state vittime di parenti o persone con cui avevano intrecciato una relazione sentimentale; pertanto, il colloquio con i familiari della scomparsa costituiva un’interessante opportunità`.
I genitori di Aurora erano una coppia di pensionati che per tanti anni avevano gestito una tabaccheria vicino a Porta Venezia.
Signur’, anche questa? – brontolava il vecchio, mentre Loiacono faceva accomodare lui e la moglie nella sala degli interrogatori.
L’ispettore rispose: – Comprendo la vostra preoccupazione di genitori, ma non ritenete eccessivo denunciare la scomparsa di una trentenne, solo perché non si hanno sue notizie da quattro ore? Magari è uscita con un’amica, col fidanzato. . .
E´ stato il Roberto – disse l’anziana.
Quale Roberto?
Come, quale! – rispose la vecchia – Quello che è stato moroso di mia figlia per quattro anni!
Roberto G∗ aveva conosciuto Aurora S∗ all’università, quando erano entrambi studenti. Si erano piaciuti ed avevano iniziato poco dopo una re- lazione sentimentale, durata fino alla laurea in chimica di lei, nel 2005.
Tuttavia, sei mesi fa – continuo` la signora S∗ – Aurora mi disse di essersi incontrata nuovamente con lui, da buoni amici.
E a lei non è piaciuto – la provocò il poliziotto.
No, vede ispettore, io non ho mai criticato gli amici e dei fidanzati di mia figlia. . .
Quante volte ti ho detto che nostra figlia doveva essere controllata! – sbottò il signor S∗, alzandosi di scatto dalla sedia. L’anziano aveva occhi solo per la moglie, ed erano furenti.
Vede – disse il signor S∗, rivolto all’ispettore – deve sapere che il Roberto è un tossico. Non la fuma, la tira su con il naso.
Allora, anche Aurora. . . – insinuò Loiacono.
No! – risposero in coro i signori S∗. – Aurora – aggiunse con tono sommesso la signora S∗ – sapeva quel che faceva Roberto ma lo ha sempre disapprovato. Diceva che la droga è un business e chi ci cade è un pirla. Ci stava insieme perché credeva nel suo amore. Di recente si erano rivisti.
L’ispettore congedò i genitori e fece venire Catania: era di primaria importanza condurre quell’uomo in commissariato, quale persona informata sui fatti.
Era passata da poco la mezzanotte quando fece ingresso nel suo studio, scortato dall’agente, tale Roberto G∗, ricercatore di filosofia alla Statale.
Il giovane lo osservava con l’aria di chi con la pula non vuol avere niente a che fare ed il volto contratto in una smorfia di disprezzo ed indifferenza.
Allora? – esordì l’ispettore.
Roberto tacque. Aveva chinato la testa e si era concentrato nella fabbricazione di un origami, utilizzando uno scontrino che aveva in tasca.
Sequestro di persona ed omicidio, a cui potremmo aggiungere la detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti. Ce n’è abbastanza per farti con- dannare.
Il giovane ricercatore era troppo concentrato sulle pieghe della carta per starlo ad ascoltare.
Loiacono e Catania, dopo aver giocato al poliziotto buono e cattivo per un paio d’ore, decisero di passare al piano B. Roba da vecchia scuola. Venti minuti dopo tale deliberazione, la sessione poteva dirsi terminata e, cosa ancor più importante, avevano un nome.
L’ispettore rigirò, tenendola stretta fra il pollice e l’indice, la barchetta di carta fatta dal ragazzo. Notò che c’era una macchia di sangue. BambaMi- lano, il colombiano. Strinse la barchetta nel pugno e gettò la pallina nel cestino, prima di tornare a sedersi dietro la scrivania. Ripensò ai due inter- rogatori tenuti in precedenza e si fissò su un paio di dettagli a cui prima, mentre interrogava, non aveva dato l’attenzione che meritavano. Sapeva che, nella sua professione, gli scenari cambiano rapidamente, anche più volte nell’arco di un’ora. La mente dell’investigatore non doveva fare altro che adeguarsi al mutare delle evidenze. Erano questi i casi in cui il metodo andava adattato all’imprevedibilità del genere umano. Le verifiche, beninteso, andavano sempre fatte.
Il Bar Iris della Barona era esattamente come Roberto G∗ l’aveva descritto: la locanda dei pirati. Certe facce da galera, che nulla avevano da invidiare a Long John Silver, si aggiravano per il locale bevendo birra e giocando al videopoker, già alle nove di mattina.
Quando videro le auto della madama sopraggiungere da Piazza Miani, la maggior parte di lor tentò di dileguarsi in varie direzioni. Fra questi c’era BambaMilano, che venne circondato, messo a terra e ammanettato.
La polizia fece quindi irruzione nel bar. Dietro a un pannello di legno, collocato dietro a una di quelle macchinette per il gioco d’azzardo, rivelò, una volta rimosso, un paio di rampe di scale che conducevano a una cantina.
Quando sfondarono la porta, gli agenti si trovarono davanti ad un vero e proprio laboratorio per la cocaina, dotato di tutte le attrezzature necessarie: prodotti chimici, bilancini, strumenti per il confezionamento. Sul tavolo vi erano all’incirca due etti di polvere bianca raffinata e, sopra una lastra a specchio, alcune strisce di questa.
Seduta su una sedia, priva di sensi, con addosso un camice bianco come quello dei medici e dei farmacisti, stava la professoressa Aurora S∗.
L’ispettore le si avvicino`: le narici erano arrossate, il polso debole ma respirava ancora. Con un po’ di fortuna avrebbe avuto salva la vita ma non avrebbe evitato il processo che si meritava.
Catania aveva visto giusto: le telecamere dell’Azienda Trasporti Milanesi avevano ripreso la signorina mentre prendeva, da sola, la metropolitana alle ore dodici e sette minuti presso la stazione di Udine, per poi scendere a quella di Famagosta alle dodici e trentasei.
L’aveva detto lei stessa, alla madre: la coca è un buon affare, scemo chi ci casca. Brava ragazza. Aveva tentato entrambe le vie, con scarsi risultati.

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