Musicista, scrittore, ma anche autore, compositore e regista: Maurizio Blini è un artista a tutto tondo. Da quale di queste branche dell’arte ti senti maggiormente attratto? E in quale ritieni di esprimere più a fondo la tua creatività?
La creatività è un dono ed è figlia dell’ispirazione. Bisogna saperla ricercare i noi stessi, curarla, alimentarla, affinarla… Bisogna saperla crescere in sintonia con la nostra percezione del mondo e la nostra anima. Non esiste un particolare settore artistico prescelto. Io, ad esempio, ho coniugato più cose contemporaneamente. Ho iniziato a scrivere canzoni e musica per passare ben presto dal testo musicale alla piccola storia e al racconto. Il romanzo è divenuto una interessante conseguenza. Mi occupo anche di regia, per ora solamente in ambito teatrale, ma il mio vero obiettivo futuro è il cinema. Infatti frequento un corso di sceneggiatura che mi stimola e mi apre a nuovi orizzonti culturali ed artistici.
Quanto c’è di autobiografico nello sconvolgente racconto “Giulia”?
In ogni mio scritto c’è sempre molto di autobiografico. In Giulia c’è sicuramente un quartiere di Torino, Lucento, la mia infanzia ed il rapimento di una giovane ragazza che nella realtà, a differenza del mio racconto, finì bene. Una storia quasi vera quindi che ha, proprio per via della sua originalità, riscosso numerosi apprezzamenti. Giulia sarà anche il soggetto della mia prima sceneggiatura cinematografica in via di ultimazione.
In occasione del SuzzaraNoirFestival “Nebbia Gialla”, durante un incontro pubblico con gli scrittori Mauro Marcialis e Vins Gallico, hai dichiarato che la tua passione verso la criminologia è cominciata a 19 anni, assistendo alla prima autopsia, come studente universitario. Da quelle 57 coltellate è affiorato lo stimolo per indagare la psiche umana come narratore, oltre che come investigatore?
In realtà, ero già poliziotto da un anno e pertanto, l’interesse per la materia era già maturato. Tuttavia, quell’evento mi aprì la mente. Mi stimolò nello studio e la ricerca del lato oscuro di ognuno di noi. L’aggressività, le problematiche legate alle devianze psichiche, le infanzie disturbate, il mostro sopito che è dentro ognuno di noi. In quella circostanza mi chiesi cosa potesse scattare di così devastante in un uomo per inferire 57 pugnalate ad un altro essere umano. La rabbia cieca poi nei confronti delle donne, un altro leit motiv di assoluto interesse.
L’agghiacciante tema del traffico di organi che si insinua ne “L’uomo delle lucertole”, che hai presentato a Suzzara è di grande attualità quanto l’eco-mafia e il riciclaggio di denaro proveniente da traffici illeciti. Il futuro della giallistica italiana è già così ben delineato?
L’ispirazione per un giallista è figlia del suo tempo e, pertanto, figlia anche dei processi di globalizzazione criminale. Oggi abbiamo di fronte molti più stimoli di un tempo, più informazioni, più scelta. Possiamo inseguire i nostri mostri un po’ ovunque, anche in fenomeni apparentemente nuovi ed inconsueti proprio come quelli che hai citato. Una sorta di evoluzione criminale che il giallista non può e non deve perdersi. E’ chiaro poi, che le dinamiche legate alla struttura del romanzo restano intatte nel tempo, un po’ come uno spartito musicale o come le regole aristoteliche che disciplinano una rappresentazione teatrale, in modo che la nostra storia, qualunque possa essere, sia narrata in modo efficace.
Chi sono realmente Meucci e Vivaldi? Quale messaggio vuoi trasmettere con l’esaltazione dei piaceri della tavola? Anche il Commissario Soneri di Valerio Varesi è un buongustaio…
Io ho lavorato in polizia per oltre trent’anni. Ho fatto realmente l’investigatore e pertanto ritengo doveroso rappresentare quel mondo nel modo più realistico possibile. Ho sentito l’esigenza di uscire dallo stereotipo tipico dello sbirro televisivo ponendo, quale contraltare, personaggi semplici con le loro virtù ma anche con i loro vizi. Insomma, cerco di raccontare la storia di chi è dentro e dietro alla divisa. Spesso un anti eroe, con le sue paure, i suoi difetti, i suoi limiti. Uomini e donne normali, immersi nella vita di tutti i giorni ed ai suoi problemi. Meucci e Vivaldi sono uno l’alterego dell’altro. In loro ho suddiviso un po’ me stesso. Sono entrambi soli, anche se per ragioni diverse, amano la musica e la buona tavola. Vivaldi è anche un abile cuoco. Esaltare i piaceri della tavola significa umanizzare maggiormente i miei personaggi ed avvicinarli al pubblico. Il lettore spesso si immedesima nelle persone che posso essere simili a lui, nel bene e nel male. Non abbiamo bisogno di eroi, ma di persone simili a noi.
Quali mete letterarie hai mente per il futuro?
E’ di prossima pubblicazione il mio quarto romanzo, “Il purificatore”, un giallo intimista con gli stessi personaggi e sempre ambientato a Torino. Una storia intrigante che inizia con una estrema unzione, un moribondo che prima di esalare l’ultimo respiro confessa di aver ucciso e un prete nella notte in preda al turbamento. Infine, l’imminente sceneggiatura cinematografica “Giulia” che spero possa darmi altrettante soddisfazioni. Ma questa è un’altra storia…