Elmira, New York, 1951.
La tredicenne Myra Larkin accetta un passaggio da un ragazzo misterioso che si presenta con il nome di Mickey Mantle, lo stesso del celebre giocatore di baseball. Quel giovane, che tanto l’aveva affascinata, diventa però il principale sospettato dell’omicidio dei vicini di casa, avvenuto proprio quella notte.
Ma questo non è che il primo di una serie di eventi inquietanti destinati a sconvolgere la vita di Myra e della sua famiglia. Ava, la madre vedova, riceve lettere minatorie nella casa in cui si prende cura della figlia disabile Joan. Alex, il fratello maggiore, porta con sé il marchio indelebile degli abusi subiti nell’infanzia: un passato che lo spinge verso scelte autodistruttive e un destino tragico. Le altre due sorelle, Lexy e Fiona, reagiscono in modi opposti: la prima inseguendo con ostinazione la carriera, la seconda rifugiandosi nella ribellione. Eppure, nonostante le loro vicende, è attorno a Myra che ruota il cuore della storia, che si dispiega nell’arco di sessant’anni.
Negli ultimi decenni entra in scena Ronan, unico figlio di Myra, considerato – come sottolinea il traduttore Michele Martino – un vero e proprio alter ego dell’autore.
“La radice del male” di Adam Rapp, scrittore, drammaturgo e regista statunitense, si inserisce nel solco delle sue opere più cupe, che esplorano il lato oscuro delle relazioni umane, in particolare quelle familiari. A colpire è soprattutto la struttura narrativa: caratterizzata da continui salti temporali e improvvisi cambi di ambientazione, che danno al lettore la sensazione di essere trascinato in un flusso caotico e inevitabile.
Il messaggio che emerge è chiaro: il male non arriva soltanto dall’esterno, ma germoglia all’interno dei legami più intimi, fino a corrodere e contaminare ogni rapporto.
Il romanzo affronta temi difficili – malattie mentali, povertà, crimini efferati – ma Rapp riesce a dosarli con maestria. Gli episodi più disturbanti sono distribuiti con tale equilibrio da non risultare mai eccessivi; anzi, l’alternanza con momenti narrativi più leggeri rende la lettura scorrevole e avvolgente, senza attenuare l’impatto emotivo della storia.
In definitiva, La radice del male è un romanzo complesso e perturbante, che intreccia per più generazioni il destino di una famiglia segnata dall’ombra della violenza e dell’abbandono. Adam Rapp costruisce una narrazione frammentata ma magnetica, capace di rendere palpabile come il male non sia soltanto una forza esterna, bensì una presenza che nasce e cresce dentro le mura domestiche. È una lettura intensa e scomoda, che lascia il lettore con la consapevolezza che i legami più profondi possono essere al tempo stesso rifugio e condanna.


