Non ci sono gas lacrimogeni né manifestanti per l’indipendenza della Catalogna feriti negli scontri con la polizia, quella dove ci conduce la scrittura leggera di Alicia Gimenez-Bartlett con il suo ultimo romanzo, Mio caro serial killer. Difatti è – almeno all’inizio – la colorata, allegra e chiassosa città che tutti amiamo. Almeno all’inizio… cioè fino a quando all’omicidio violento di una donna, pugnalata ripetutamente al ventre e sfigurata, se ne aggiungono altri, con cadenza agghiacciante. Un serial killer per le vie di Barcellona? Sarebbe la prima volta, il capoluogo catalano non è Los Angeles e neanche New York, eppure… Il caso viene immediatamente affidato all’ispettrice Pedra Delicado e al fido Fermin, entrambi sono una garanzia di successo per la Policia Nacional. Però, però… a loro viene affiancato un ispettore dei Mossos d’Esquadra, certo Roberto Fraile. Come i suoi affezionati lettori sanno, Pedra non ama il lavoro di squadra, ma quando poi apprende dal suo commissario che l’indagine sarà guidata proprio da quel Fraile, allora i tempi si fanno cupi.
Ma chi sono queste donne uccise? Non sono simili né per età né per aspetto fisico, ed è quindi questo il primo scoglio che la “squadra” deve affrontare. Il lavoro di routine inizia a singhiozzo, la Delicado morde il freno e Fraile sembra uno sgobbone dedito solo al suo compito di poliziotto, e tra i due il povero Fermin è costretto a tirare fuori il meglio delle proprie battute per allentare la tensione crescente.
Finalmente, dopo litigi e screzi, ecco saltare fuori il tratto che accomuna le vittime: erano tutte clienti di un’agenzia matrimoniale!
L’inchiesta sembrerebbe arrivata a una svolta, non fosse che di questa agenzia non si sa nulla, non svolge la sua attività su internet e neppure tramite telefono, la sua regola base è la riservatezza e per salvaguardarla si rende introvabile.
Ed è a questo punto, quando la partita sembrava essersi arenata, che l’autrice fa entrare in gioco la suocera di Pedra, una signora della buona società che ha sentito parlare di quell’agenzia da una sua cara ma anche originale amica. Chiedere a lei? Certo, non fosse che l’originale signora è partita per un’imprecisata località turistica dell’India. Di questo luogo ameno si sa solo che su internet l’albergo è pubblicizzato dalla presenza di bellissimi giovani abbigliati in modo estroso. Con questi pochi elementi, i nostri decidono di non arrendersi e…
E a questo punto interrompo il racconto della trama del godibilissimo libro dell’autrice spagnola, per lasciare ai lettori il piacere di scoprire, passo dopo passo, colpi di scena e capovolgimenti di fronte. In questa sua ultima fatica, difatti, Alicia Gimenez-Bartlett non pecca di tirchieria, regalandoci una trama ricca e molto variegata, lasciandoci con il fiato sospeso fino alle pagine conclusive.
Ma in Mio caro serial killer non c’è solo la vicenda “gialla” a renderne piacevole la lettura. Con leggerezza, ancora una volta, la scrittrice catalana affronta diversi temi esistenziali e sociali, mettendo i suoi personaggi di fronte ai complessi “casi della vita”. Pedra che non può fare a meno, di fronte al riflesso impietoso di uno specchio, di realizzare l’inarrestabile trascorrere del tempo, ad esempio. Oppure il dramma che può nascondersi dietro la vita ordinaria di un collega. L’ispettrice della Policia Nacional non è una super woman, ha tanti difetti, che però non nasconde né a sé né agli altri, ma che anzi affronta con ironia, quella stessa con la quale disputa con Fermin, cercando di alleggerire la tensione, superare la stanchezza e l’avvilimento. Battibecchi, quelli tra i due colleghi, che non mancano di stupire e poi di coinvolgere il nuovo arrivato, quel Roberto Fraile che ben presto scoprirà proprio da loro un modo nuovo di affrontare le difficoltà e le tragedie della vita.
Mio caro serial killer è un gran bel romanzo che definire “solo” giallo (vista la poca considerazione che ancora in troppi nutrono per questo genere) è ancora una volta riduttivo. Leggere per credere!