I racconti della Confraternita di Radeschi

51L2jiQNTZL._SX334_BO1,204,203,200_Il Giallone in giallo 
di 
Mirko Giacchetti

Siamo così ben calibrati dalla birra, d’altronde cosa potevamo fare Fabio e io per festeggiare dentro al Microbirrificio di Lambrate?
Bere, esatto.
Montestella per lui, Domm per me e, già che c’eravamo, qualche giro di Ligera per il Boss Sciamanna.
Randagi sul marciapiede, anche la luna sbadiglia per quanto è tardi, siamo al punto che, se anche solo avessi annusato un’altra pinta, saremmo stati ubriachi persi.
Certo, sbronzi, ma con stile. La testa è leggera e il corpo un po’ ballerino ma l’equilibrio non è precario, proprio perché siamo due jedi nerd del lato buono della luce, della Forza o dell’hackeraggio. Ora non riesco a pescare il concetto giusto, galleggiano tutti sulla schiuma dell’ultima bionda.
A proposito di bionda, giallo, Giallone.
È ora di andare, è giunto il momento di saltare in sella alla Vespa e via, a mirar tra la nebbia di Maria, diversa da quella tradizional-meneghina, a compiere un massacro ad Halo.
A proposito di Halo, Paolo e Margot Molinari.
Andati.
Prima di percorrere la triste via dell’ebbrezza alcolica e far naufragare il mio fido compagno calabrese verso la malinconia più nera, perquisisco la memoria sull’ultima ubicazione del mezzo a due ruote e mi metto in marcia.
Di cognome faccio Radeschi senza la K, quindi posso ben dirigere il passo come mi pare.
“Rubata.” Ecco tutto quello che riesce a dire Fabio prima di ridere come se la passeggiata da via Adelchi a via Porpora fosse qualcosa di divertente.
“Ma chi se l’è presa?” chiedo con una punta di vuoto nello stomaco. Poi faccio due conti e mi rispondo che c’entra la Confraternita. “Che faccio, – ormai rido anch’io – accendo il pc e violo il database dei ladri di Milano?”
Che mi piaccia o meno, il giallo del Giallone lo dovrò risolvere alla vecchia maniera.
“Loris” dice Fabio, battendosi il palmo sulla fronte. Sarà, ma il figlio di ‘Nduja annaffiato dal succo di luppolo dice solo una parola per volta, ma ragiona svelto.
“Giusto, prima una chiamata allo sbirro, poi un pezzo come Dio comanda su Milanonera e Milano (e Hinterland) Oggi. Un bel titolone tipo: La Confraternita torna a colpire.”
Pesco il Motorola dalla tasca della giacca. Il display si illumina quanto basta per illudermi di far partire la chiamata, poi si spegne. Sospiro. Le costole scricchiolano un po’ e, tutto sommato, mi ricordano che gli incappucciati, se proprio devono darti qualche noia, non ti fregano qualcosa, tendono più a ucciderti.
“Andiamo, – dico – ma domani alzo pure tutte le pietre del Duomo pur di trovare il colpevole.”
Mettiamo quasi in linea retta una decina di passi quando, tra una Polo verde e una Punto rossa, vediamo la Vespa gialla.
Noto la coincidenza e focalizzo la bandiera del Mali.
“Hai capito, Fabio? Il governo di Mali trama contro di noi.”
“Mali, Agiallu va duve truva granu” urla, aspirando ogni parola.
Lo guardo. Cerco di decodificare quello che ha appena detto, poi il dizionario Radeschi calabrese/italiano suggerisce l’opzione: Il giallo va dove trova il grano.
“Cioè? Il giallo va dove trova il grano? Cosa vuoi dire?”
“Ma quale giallo! L’uccello va dove trova il grano.”
Credetemi, lo preferivo quando faceva economia di parole. Cosa avrà voluto dire? Che l’uccello non è scemo e non vuole morire di fame o che le cose strane si appiccicano addosso a me?
Montiamo in sella, la ferita sulle chiappe sottolinea l’impatto del corpo con la ferraglia tirata a nuovo.
“Hai ragione, l’uccello vola verso il grano” bofonchio da sotto il casco.
Per questa volta il Mali l’ha scampata ,ma se c’è un mistero Radeschi lo risolve penso, prima di capire che sragioniamo tanto quanto basta per spingere la Vespa ed evitare di schiantarci e diventare i prossimi trasferelli su un muro.

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