Leggere l’ultima opera di Guido Caldiron fa male. Scorri le pagine e i capitoli e ti verrebbe da chiudere il libro perché quello che è successo ha il sapore aspro dell’incredibile, il gusto amaro di una vicenda talmente buia che allunga le sue tenebre fino ai giorni nostri.
Leggere l’ultima opera di Guido Caldiron fa bene. Fa bene perché nulla deve scomparire nell’oblio di un passato che oggi sembra distante ma che proprio adesso, sullo sfondo e nelle sue forme più deviate, tenta di riproporsi nel solco di una crisi economica interminabile e di un’Europa senza identità. E allora continui a leggere perché vuoi andarcene a fondo, vuoi scoprire cosa sia successo durante e alla fine di una guerra che è costata 36,5 milioni di morti, per la maggior parte civili, solo nel nostro continente.
C’è da rimanere a bocca aperta nello scoprire che negli Stati Uniti, nell’agosto del 1940, secondo un sondaggio tra i cittadini lo spauracchio, la paura, fosse riservata per il 17% agli ebrei e per il 14% ai tedeschi mentre nel febbraio del 1946 questa media fosse del 22% per gli ebrei e dell’1% per i tedeschi.
Più si va a fondo e più si scopre come anche il Vaticano abbia avuto un ruolo centrale durante e alla fine della guerra. E non è il ruolo che l’Italia cattolica vorrebbe. Si scopre infatti che al termine della guerra Roma fosse al centro della ratline che permetteva la fuga dei criminali nazisti in sud America verso quell’Argentina per esempio, che sotto la dittatura Peron accolse più di sessantamila nazisti. Criminali che scendendo dal valico del Brennero potevano riposare e nascondersi in una delle tante chiese capitoline, ritirare i passaporti falsi e imbarcarsi successivamente dal porto di Genova verso il sole delle pampas argentine. Erich Priebke, Klaus Barbie, Josef Mengele poterono andarsene indisturbati grazie all’aiuto del Vescovo austriaco Alois Hudal il quale nelle sue memorie, dopo la sua salita ad “assistente al soglio pontificio” scrisse di essere stato fiero di aver potuto prestare il suo aiuto umanitario a tanti pezzi grossi del Terzo Reich.
Sono tanti gli episodi che l’autore riporta e molti tra loro s’incatenano indissolubilmente. Per esempio l’accenno all’operazione Odessa (da cui è stato tratto il celebre libro di Forsyth) ideata prima della fine della guerra e che si proponeva di preparare le vie di fuga per i nazisti consapevoli della sconfitta finale, la strage di Marzabotto, l’operazione Safehaven (da cui è stato tratto il film di George Clooney “Monuments Men”) o l’operazione Bernhard che prevedeva la produzione di enormi quantità di sterline false allo scopo di sabotare l’economia inglese. Anche Usa e Urss durante la guerra fredda si spartirono scienziati e spie ex naziste per i loro scopi.
Il mondo intero ha una sua parte di colpa ed è questo che più colpisce al termine della lettura di questo saggio. I segreti del Terzo Reich se li sono divisi in molti. La memoria di quegli orrori si è troppo spesso affievolita di fronte ai nuovi eventi che la storia ha presentato all’umanità. Esattamente quello che Simon Wiesenthal, l’ex deportato di Mauthausen e cacciatore di nazisti non voleva. Perché “…sopravvivere è un privilegio che ti impone dei doveri…noi sopravvissuti abbiamo dei doveri non solo verso i morti ma anche verso le generazioni future: dobbiamo trasmettere loro le nostre esperienze, sì che ne possano trarre degli insegnamenti. Informarsi, significa difendersi…”
Informarsi, significa difendersi.
I segreti del Quarto Reich
Marco Zanoni