Si chiamano Tristano e Isotta come i due amanti del mito medievale dell’amore folle e sono i due gatti di casa Waldman. Protagonista insieme a Marco Alfieri dell’ultima giallo di Alessandro Maurizi “Il vampiro di Munch” (Ciesse edizioni) giornalista d’assalto che, dai corridoi di Montecitorio passa alla cronaca nera, Francesco Waldman è un uomo solitario. Sa che “sempre gatti ci sarebbero stati nel suo orizzonte” e con i suoi gatti divide la poltrona ergonomica “costatagli un occhio della testta” o meglio, “se quei due si fossero tolti di mezzo l’avrebbe volentieri provata, quella poltrona”. Amico dell’assistente capo della Polizia, Marco Alfieri, il giornalista si imbatte presto in un caso di omicidio le cui dinamiche hanno a che fare col famoso dipinto Il vampiro di Munch che “non rappresentava l’amore bensì la morte, quella più sottile, quella che uccide l’anima”. Un gioco di ruoli in cui i destini dei personaggi sono segnati in un disegno ben preciso e netto e tutto quello che appare è solo un inganno. Maurizi costruisce un giallo, il secondo con Alfieri, in cui entrano in campo anche i comportamenti della Polizia dopo l’Unità d’Italia e un quadro e un pamphlet riescono a scuotere le fondamenta di un piano in cui si insinuano anche la follia e la debolezza umane. Waldman e Alfieri in coppia ricostruiscono il puzzle, ogni pedina va al suo posto fino all’imprevisto, ad un distacco tremendo al quale Alfieri sopravviverà con fatica. Pure i gatti “con i loro indecifrabili sguardi e la loro divina prosopopea” che Waldman spesso imitava nelle movenze distendendosi sulla poltrona di pelle dello studio, subiranno un cambiamento ma forse proprio da loro, chissà, avrà inizio la terza indagine di Alfieri.