L’idea è nata da una bella e stimolante chiacchierata con Cristina Aicardi, che ha recensito Il respiro del fuoco con parole molto lusinghiere, per le quali le sono grato. Cristina e io ci siamo detti: perché non dare una sbirciata nel ‘dietro le quinte’ di come nasce un romanzo?
Sono ancora poco più che un esordiente, e c’è molto di questo mestiere che devo ancora imparare. Una cosa però l’ho appresa subito, e in questo mi è stata utilissima l’esperienza del primo romanzo, Il prigioniero della notte. Ed è questa: il lavoro più difficile non è scrivere, ma è ciò che viene dopo la prima stesura. E cioè, il «momento Lorena Bobbitt», come mi diverto a chiamarlo. Cosa tagliare, quanto tagliare, perché tagliare? Ma soprattutto: tagliare, tagliare, tagliare!
Alcune recensioni on line del Prigioniero della notte dichiaravano di apprezzare brani che non necessariamente portavano avanti il plot, che avevano un taglio più di atmosfera, diciamo. Altre invece, come quella di Cristina, li consideravano inserti che rallentavano inutilmente la lettura…
Io cerco di stare nel mezzo, naturalmente, perché c’è del vero da entrambe le parti, o così mi sembra. E quand’è stato il momento di rivedere la prima stesura del Respiro del fuoco ho usato anche questo criterio per applicare il «metodo Bobbitt»
Sono così saltati aggettivi, periodi, paragrafi, e in alcuni casi interi capitoli. Ma, da carattere compulsivo-ossessivo quale sono, ho tenuto tutto quanto… Ed eccoci al punto, ovvero al ‘dietro le quinte’.
Di seguito trovate uno dei capitoli saltati, era addirittura il secondo capitolo (non si svela nulla, nessuno spoiler per chi non l’ha ancora letto). Ve lo lascio così com’è nato, senza revisioni: avevo iniziato a eliminare qualche ripetizione e a variare un paio di giri di frase, ma poi ho scelto di toglierlo proprio del tutto.
La parola innanzitutto a Cristina, e poi a voi: questo capitolo meritava il «trattamento Bobbitt»?
2
Dev’essere di nuovo estate e io non me ne sono accorta, pensai.
Amavo l’estate, la mia mano stretta in quella ruvida e grande di mio padre, l’altra mano a sfiorare, con i polpastrelli, i fili d’erba e i petali dei tulipani. L’afa delle campagne attorno a Haven era sempre stata soffocante, ma mi bastava il sorriso appena accennato e tuttavia splendente di mio padre, i suoi occhi luminosi, le gocce di sudore sulla sua fronte, le poche parole che diceva, mi bastava questo per non sentir più nemmeno il mio stesso peso. L’aria era lieve sotto i piedi.
Lasciavo la mano di mio padre solo perché sapevo, con tutta l’incrollabile certezza di una figlia ancora bambina, che avrei potuto ritrovarla quando volevo. Che sarebbe stata sempre lì per me. Anche se «Sempre» e «mai» erano parole che non esistevano nemmeno. Avvolta in tutto quel caldo e tutto quell’amore, mi lasciavo rotolare nei prati. L’erba mi faceva pizzicare il viso, e quel lieve prurito si confondeva con l’arrossamento del primo sole acceso sulla mia pelle delicata.
Doveva essere di nuovo estate, e dovevo essere di nuovo rotolata su un prato, perché avvertivo lo stesso pizzicore urticante in viso, lo stesso frinire di pelle arrossata, e sentivo tutto il peso del terreno erboso della collina sotto il mio petto.
Avvertivo tutto il peso della terra addosso, e quel respiro che proprio non ne voleva sapere di entrarmi nei polmoni.
Non sapevo più qual era il sopra, qual era il sotto.
Il peso sotto di me. No, era sopra di me.
«Non respiro» dissi con l’ultimo sputo di fiato. O credetti di dirlo, perché alle mie orecchie non giungeva altro che un sibilo perdurante, lacerante, che aumentava di intensità a ogni pulsazione cardiaca.
«Non respiro» dissi ancora, strozzata.
Il peso si tolse da sotto di me, no, si sollevò da sopra di me.
Il peso di un uomo. La sua testa si stagliò contro un cielo in fiamme.
«Ciao, papà» dissi, e poi persi conoscenza.
In effetti, pur avendo apprezzato molto “il prigioniero della notte“, avevo qualche piccola riserva sullo stile. C’erano riflessioni e pause molto “liriche che in alcuni punti mi parevano cozzare con il ritmo imposto dalla storia. Sono gusti, ovviamente. Stile che, invece, ho trovato decisamente cambiato ne “ il respiro del fuoco“, dove questi aspetti sono stati limati per aderire maggiormente al ritmo forsennato imposto dalla trama.
Ora, venendo alla domanda proposta da Federico se questo capitolo andasse o no tagliato, per me decisamente sì.
Un capitolo così, da solo, non avrebbe avuto grosso significato o dato grande apporto alla storia.