Giuseppe Di Piazza è un giornalista di grande valore e di solida esperienza basti dire che faceva il cronista di nera a L’Ora di Palermo nel ’79, nel pieno della seconda guerra di mafia, quando i quotidiani locali e nazionali aprivano ogni mattina con la conta dei morti. All’epoca era un “biondino” come il suo protagonista Leo Salinas detto “Occhi di Sonno”. Era cioè un aspirante praticante.
Diventato professionista nel 1984, Di Piazza ha subito cominciato a volare alto. Nel 1986 ha visto, con Enrico Deaglio, la nascita di Reporter, nell’86 è passato al Messaggero dove ha salito tutti i gradini della professione fino a quello di caporedattore centrale. Nel 2000 è passato alla Rizzoli: prima direttore di AGR, l’agenzia di stampa radiofonica e digitale di Rcs, poi, nel 2003 direttore di Max a cui è seguita, nel 2007, la direzione del magazine Sette. Dal marzo 2012 è stabilmente al Corriere della sera.
Dal giornalismo al romanzo il passo è stato quasi obbligato. Nel 2012 ha visto la luce I quattro canti di Palermo pubblicato anche negli USA; sono seguiti, nel 2013, Un uomo molto cattivo e l’e-book Fango – Doppia morte di un uomo perbene.
Dunque, una carriera giornalistica come poche che ti ha traghettato nel romanzo poliziesco. Parliamo della tua ultima fatica letteraria Malanottata. Quanto dell’esperienza di “biondino” hai riversato in queste pagine?
Nello scrivere ho rivissuto le emozioni di quegli anni, la sensazione epidermica di far parte di una storia grande e drammatica, a suo modo epica, avendo io un ruolo minimo. Era l’inizio della carriera, il momento in cui si imparava dai più grandi. Il “biondino” era uno stato professionale e uno stato d’animo. Era la promessa (la scommessa) di un futuro
Chi ha frequentato la redazione di un grande quotidiano nei panni di un aspirante cronista negli anni in cui non c’erano ancora troppe limitazioni al lavoro dei giornalisti, leggendo questo libro si sente a casa. E’ voluto questo effetto oppure ti è venuto naturale anche se, in fondo, la maggior parte della tua professione si è svolta nelle stanze di chi i “Biondini” li comanda e li fa trottare?
Nel corso degli anni, avendo diretto molte redazioni, di “biondini” ne ho fatti crescere tanti. Ho assunto molti giornalisti, altri – un paio di centinaia – ho contribuito a formarli insegnando per 14 anni all’università Iulm, alla scuola dell’Ordine dei Giornalisti. Ma nelle pagine di Malanottata c’è l’altra parte di questa storia: la testimonianza di anni innocenti in cui io ero solo un aspirante giornalista che muoveva i primi passi. Anni senza cellulari, senza internet, con poche tv private, senza computer in redazione. Anni difficili da credere, ma che suscitano in me e spero in chi leggerà una grande tenerezza”
Il tuo protagonista Leo Salinas, per i colleghi ‘Occhi di sonno’ perché dorme poco a causa delle levatacce imposte dal capocronaca, in realtà è uno sveglio. Un giovane di talento destinato a una grande carriera. Arguisco che il crollare perennemente di stanchezza sia appartenuto anche a te agli inizi ella professione. Come ricordi quegli anni?
Lavoravo nel leggendario giornale L’Ora, quotidiano del pomeriggio che usciva in edicola intorno alle 14. Si cominciava alle 7.30 del mattino, imbottendoci di caffè. Ma la sera prima noi ragazzi, poco più che ventenni, facevamo tardi… Io ero costantemente in bilico tra l’allegria della mia età e il dolore della morte che mi circondava. Mi innamoravo tutti i giorni, e tutti i giorni scrivevo di omicidi o li raccontavo dalla tv del giornale. Era un frullatore esistenziale che non si fermava mai.
Oggi incoraggeresti un figlio o una figlia a intraprendere la strada del giornalismo d’inchiesta?
I giornali sono in forte crisi, ma il sistema dell’informazione – parlo del digitale e di molte sue declinazioni – no. Ritengo che l’unica salvezza del settore in futuro sarà fare mezzi d’informazione – digitali o anche di carta – che sappiano dare al lettore tre cose: notizie originali (cioè frutto d’inchiesta), analisi del reale, commenti. Il resto – cioè le notizie correnti – sono già vissute dal pubblico come una commodity gratuita. I miei figli hanno fatto alte scelte, ma se uno di loro avesse avuto la vocazione non l’avrei ostacolato: resta uno dei mestieri più belli del mondo.
Malanottata è pura invenzione oppure è ispirato a fatti di cronaca, magari coperti da te nel lontano 1984?
E’ fiction, pura invenzione, che però prende lo spunto da una storia che mi raccontò Pietro Grasso
Niente meno! L’intera vicenda prende il via dal brutale assassinio di una prostituta che aveva adottato il nome d’arte di una modella molto famosa all’epoca, Veruska. Si correvano più rischi a fare ‘il mestiere’ in quegli anni, in Sicilia, oppure pensi che la vita di una ‘pulla’ valga di meno oggi?
Penso che allora il “mestiere” fosse più rispettato. Non lo esercitavano straniere illegali, ma professioniste italiane figlie della “cultura del casino” come diceva Enzo Biagi. La legge Merlin, nel ‘58, cambiò lo scenario…
In Malanottata l’ombra della mafia incombe quasi su ogni pagina ma non ha un ruolo preminente. Ne accenni qua e là punteggiando la narrazione di fatti realmente avvenuti in anni diversi. Il sequestro di Mauro De Mauro, la strage di viale Lazio, il sacco di Palermo, l’omicidio di Peppino Impastato… Ce n’è uno, fra questi, su cui hai indagato e che ti ha colpito al punto da toglierti l sonno?
Ero davvero uno dei ragazzi che andò sotto casa di Tano Badalamenti la notte che venne ritrovato il corpo di Peppino
Agli inizi della carriera, quando scarpinavi come Leo Salinas da un omicidio all’altro, hai mai avuto paura?
Ero abbastanza irresponsabile. Spesso non mi rendevo conto di dove andassi. Fui minacciato una sera dal figlio di un boss, che mi disse: ti scippiamo a tiesta, cioè ti tagliamo la testa. Lo raccontai alla mobile, la polizia sorvegliò casa mia per qualche giorno, ma poi passò tutto: per Cosa nostra ero irrilevante.
Il tuo cronista non ha difficoltà a estorcere informazioni al capo della Mobile Gualtieri, cosa che sarebbe impensabile oggi, in epoca di conferenze stampa preconfezionate. Addirittura viene a patti con lui per avere l’esclusiva a indagine conclusa. Da direttore non hai mai avuto la sensazione che l’attenzione per la privacy, che di recente ha dato un fiero colpo anche alle intercettazioni, sia esagerata e si ripercuota negativamente sulla ricerca della verità?
Sono cresciuto senza privacy. Pubblicavamo foto di tutti, anche negli anni lunghi e belli del Messaggero, dove fui capocronista. Io stesso facevo accordi a Roma con i capi della mobile. Ho travasato nel passato cose che mi sono davvero successe.
Leo Salinas gira per Palermo in scooter portandosi dietro il fotografo del giornale, Filippo, col suo pesante borsone pieno di obiettivi e chassis. E questo è un altro prezioso frammento di un’epoca che non c’è più: il cronista e il suo fotografo. Ma tu oltre che un giornalista sei anche un fotografo di alto profilo. Un artista con alle spalle diverse mostre. Come è nata questa passione per così dire ‘collaterale?
E’ stata la mia prima forma espressiva. Ho cominciato a fotografare a 12 anni, quando mia madre mi regalò una Kodak Instamatic. Una passione che è per sempre.
In Malanottata c’è lo spirito, velato di nostalgia, per quegli anni ’80 pieni di morti e di spavento ma anche densi di condivisioni e di impegno. Il tuo protagonista e la sua deliziosa ragazza, Lilli, condividono l’appartamento con un’altra coppia che rischia di far colare a picco il loro rapporto. Una storia nella storia che ha l’aria di non essere del tutto inventata, gatta Cicova compresa…
Ho scavato nei miei ricordi e li ho shakerati con l’invenzione
Dal giornalismo d’indagine sono nati romanzi non fiction che hanno fatto storia: parlo di Gomorra, di Romanzo Criminale, delle storie del commissario Moltalbano che sono un affresco molto efficace non solo della criminalità siciliana, ma anche della mentalità degli isolani. Tu, con questo noir che hai punteggiato di schegge di storia, come ti collochi? Voglio dire: ti senti più giornalista o più scrittore?
Io vorrei essere uno scrittore quando scrivo romanzi, un giornalista quando faccio i giornali, un fotografo quando scatto davanti a un paesaggio. Provo a far coesistere le mie tre identità, questo sì. Certo, lavoro nei giornali dal 1979 e pubblico romanzi dal 2012. L’anzianità di servizio è una regola? Non so. Ma la passione ha età?
Infine, la domanda di rito: il tuo delizioso “Occhi di Sonno” con Lilli, Fabrizio, la sfrontata Serena, il pittoresco Saro e gli altri comprimari, tutti credibili a cominciare dai loro nomi (e Dio solo sa quanto sia difficile dare nomi credibili ai personaggi di un romanzo!) avranno futuro in altre storie?
Sì. Hanno un passato – I quattro canti di Palermo, Fango-doppia morte di un uomo perbene – e avranno un futuro: io non abbandono Leo Salinas e il suo (mio?) romanticismo di ventenne.
Le precedenti tappe del blogtour di Malanottata
11 Gennaio, I luoghi, Palermo e la Sicilia – 50/50 Thriller
12 Gennaio. La musica – Thrillernord
15 Gennaio, Amore e…noir – Contorni di noir
17 Gennaio, Gli Anni Ottanta – Il Giallista
Giuseppe Di Piazza con il suo Malanottata
sarà uno degli ospiti del Nebbiagialla Suzzara Noir Festival
Suzzara (Mn ) 2/4 Febbraio 2018
Tutte le info al link Nebbiagialla