“Un’autobiografia sembra il racconto di una vita ben colma. Una successione di atti. Gli spostamenti di un corpo nello spazio-tempo. Avventure, misfatti, gioie, dolori e fine. La mia vera vita comincia con una fine”. L’intento di Antoni Casas Ros ne Il Teorema di Almodovar non č quello di scrivere un primo romanzo snocciolando gli amori, le angoscie, le inquietudini o le sue sbronze, ma solo “per capire come possa esserci un’altra festa al centro del vuoto.”
E il suo vuoto č rappresentato da quella tragica notte quando l’improvviso attraversamento di un cervo provocň l’incidente che uccise Sandra, la sua compagna e distrusse la sua vita, lasciandolo sfigurato per sempre. La chirurgia ricostruttiva non č riuscita a cancellare lo stile cubista della sua faccia- “Picasso mi avrebbe odiato perchč rappresento la negazione della sua inventiva”– e da allora vive in uno stato di isolamento, in un abbaino che affaccia sul porto di Genova, guadagandosi da vivere facendo lezioni di matematica su internet e uscendo la notte. E proprio una notte conosce Lisa, uno splendido trans brasiliano, i cui occhi riescono a guardare senza timori il suo volto picassiano, anzi a ricrearlo e a consentirgli di mostrarsi di nuovo alla luce del sole. Lisa, l’unica che osa parlare del suo caos. Lisa, un sistema complesso, la cui essenza č entrata in comunicazione con la sua, forse proprio grazie all’indefinitezza del suo sesso. Lisa, che gli dŕ il coraggio di riconciliarsi con il mondo, di incontrare Pedro Almodovar, di riuscire a parlare della sua infanzia e dei problemi col padre dal passato franchista, che gli permette di riappacificarsi con quel cervo che ha distrutto la sua esistenza. E di capire a fondo che al centro del vuoto c’č davvero un altra festa.
Una storia che ha il sapore della magia. La magia dei numeri e della passione per la letteratura – i titoli dei capitoli sono citazioni dai Principia Mathematica di Isaac Newton- della critica alla societŕ di massa che guarda solo all’apparenza e a tutte le forme di totalitarismi. Una storia intensa, coinvolgente, lirica, che riesce a provare empiricamente quello che per Casas Ros č il teorema di Almodovar: “č sufficiente guardare abbastanza a lungo per trasformare l’orrore in bellezza”.