Bologna non è mai stata così nera
Non è la prima volta che recensisco Silvia Di Giacomo, una delle voci più interessanti tra i nuovi scrittori crime, che, pur nel suo spaziare dal noir all’erotico, dal distopico allo young adult, mantiene una voce sempre riconoscibile e sincera.
Già, non è la prima volta che la recensisco. E questo mi permette di affermare che l’autrice mantiene sempre fermo lo sguardo su ciò che più le preme: la condizione femminile e la sua sopraffazione, la violenza di genere che si accanisce in abuso anche psicologico, lo sfruttamento sessuale. Le sue figure di donna, in primo piano o sullo sfondo, raccontano con voce vibrante storie di estremo degrado, vittime di una società malata e troppo indifferente. Tutte, nessuna esclusa: Sara de Lo stato di Dio (Foschi Editore, 2017) che si auto punisce perché a quella società non può sottomettersi, Maya de L’amico virtuale (Lisciani Editore, 2019), la cui ingenuità viene adescata e violata da un pedofilo della rete, e adesso Eva de Il corpo del peccato (Foschi Editore, 2020), senza volto e senza nome, salvo quello di un peccato originale per il quale è condannata a vita.
Vittime tutte, e quindi degne dell’attenzione dell’autrice che le racconta con voce persuasiva, non importano i colori se di fantathriller, young adult, erotico, noir.
Così, infatti, anche Il corpo del peccato, dominato da due incisive figure femminili: la prima vittima, Maddalena Costa, anziana esponente di una famiglia di notabili, ed Eva appunto, di cui non sappiamo quasi nulla fino all’exploit finale, se non l’atroce dolore di una vita reclusa, privata sembra di affetti e dei pur minimi generi di conforto.
Un omicidio eccellente che colpisce Bologna nel suo cuore borghese, banale nel movente, il furto di qualche orologio da collezione. Forse. Occorre muoversi con cautela in quell’ambito, tra le pietre solenni degli antichi palazzi, la vittima infatti è madre di due notai, tra i più conosciuti della città. A indagare è Claudio Degli Esposti, commissario brillante e tormentato al pari di tanti suoi colleghi, eppure diverso perché a perseguitarlo è un male davvero oscuro, colpevole anche al suo stesso giudizio: una dipendenza da sesso estremo. È un abisso quello che gli si spalanca dentro e che lo ingoia, sul quale però continua ad affacciarsi nel suo peregrinare in una Bologna da periferia degradata, in locali malfamati nei quali il divertimento o le cure estetiche sono solo il pretesto al sesso mercenario.
Eppure quella città, ostile e malvagia, finisce per incontrarsi con l’altra, di luce apparente e di sazietà appagata, nella sua vita e nell’indagine. E la perversa ambiguità delle sue pratiche sessuali, e dei demoni che gli divorano l’anima, si rivelerà invece una guida di salvezza per vittime innocenti.
Con scrittura piana ma puntuale, priva di compiacimento eppure colorita, Silvia Di Giacomo ci spalanca le porte di una Bologna condannata, reproba di vizi e ipocrisia, avvezza a nascondere sotto tappeti di sete preziose il sudiciume morale e il bisogno di sopraffazione.
Una città sazia e disperata, appunto, come ebbe a definirla il suo cardinale qualche anno fa, edonista e corrotta, annoiata e quindi avida di qualunque stimolo.
Bologna doppia, di luce apparente e di buio reale, grigia come i suoi muri di periferia dai quali i murales sogghignano malvagi, scura come il Rose Night, malfamato epicentro della vicenda, colorato solo nel nome e oscuro invece come i malfattori che si muovono al suo interno, gravido di sentori ripugnanti come i vizi che alimenta.
Ambivalenti quanto la città sono anche i personaggi che si muovono tra le sue quinte e che l’autrice ben caratterizza tra vizi e virtù, inseparabili come il giusto e l’ingiusto. Lo afferma anche Khalil Gibran, non si possono dividere, “perché stanno mescolati insieme al cospetto del sole, come insieme sono tessuti il filo bianco e il filo nero”.
Una città e un’umanità in preda alle tenebre più che alla luce, che ci respinge e ci indigna. Ma, a voler ben riflettere, è questa la missione del noir, sollevare le coscienze e indurle al cambiamento. Silvia Di Giacomo sembra averla accolta e restituita dalle sue pagine.
SILVIA DI GIACOMO, classe ’74, vive e lavora a Bologna come gemmologa. Dopo aver frequentato i corsi di scrittura creativa di Gianluca Morozzi, esordisce nel 2015 con un racconto per l’antologia Cadute, edita da Fernandel. A ottobre 2017 esce il suo primo romanzo Lo stato di Dio, pubblicato da Foschi Editore. Nel 2018 partecipa alle antologie Tempo e Blu, Clown Bianco Editore. A marzo 2019 pubblica il noir per ragazzi L’amico virtuale, edito da Lisciani Libri. A luglio 2019 partecipa all’antologia Gli incantautori, per D Editore. Insieme a Gianluca Morozzi è stata direttrice artistica dell’edizione 2018 del festival “Note di carta”.