Incontro Giulia Martani nel bar sotto casa, a Mantova, come abbiamo fatto altre volte. Classe 1984, laureata in Giurisprudenza all’Università di Bologna, davanti all’aperitivo, chiedo all’autrice di raccontarci qualcosa del suo prossimo libro, un legal thriller, in uscita per la casa editrice Il Rio a partire da aprile, dal titolo, “La praticante”.
Parlaci del tuo nuovo libro.
“La praticante” è a metà strada tra il legal thriller e la commedia nera, e non manca di presentare diversi spunti umoristici, tragicomici oserei dire. Di primo acchito il lettore potrebbe ridere, ma, in un secondo momento, rifletterà su aspetti parecchio drammatici della vita dei precari di oggi. Le vicissitudini di Francesca dipingono un quadro multi sfaccettato della condizione giovanile che non è poi così ottimistica come poteva essere tanti anni fa.
Rompiamo gli schemi. Ti faccio una domanda personale all’inizio di questa intervista. Di cosa ti occupi nella vita quando non ti dedichi alla scrittura?
Insegno presso la fondazione Enaip, un istituto di Mantova, la mia città, come supplente.
Cosa pensi che significhi di questi tempi?
Sicuramente è una posizione precaria, “La praticante”, non a caso, tratta il tema della situazione dei giovani oggigiorno.
Hai scritto un legal thriller. Francesca, la protagonista, si trova da studente, con grandi aspettative e con un’ingenua convinzione di avere un futuro certo, nel mondo del lavoro, così variegato, così instabile. A cosa ti sei ispirata?
Francesca è una praticante avvocato e io stessa sono stata praticante avvocato, quindi sicuramente c’è qualcosa di mio nella narrazione, anche se naturalmente la mia esperienza non è stata drammatica come la sua. Ho voluto un po’ esagerare, enfatizzare certi aspetti della vita del giovane praticante, per stigmatizzarli e offrire spunti di riflessione per il lettore. Conclusa l’esperienza universitaria, Francesca parte piena di entusiasmo e inizia a svolgere il praticantato presso uno studio legale, dove si scontra con la dura realtà, che non è esattamente quel mondo magico e fatato che immaginava di trovare dopo l’agognata laurea. Rimane ben preso delusa perché si accorge che non è tutto rose e fiori, anzi l’attività di praticante è praticamente gratuita o tutt’al più sottopagata. Oltretutto c’è un’impiegata bella e attraente che sottrae denaro allo studio che, in un susseguirsi di tensione, si trasformerà nella scena del crimine, nonché teatro delle indagini e preda del cinismo della tv del dolore.
Che fa Francesca per vivere?
La ragazza, per riuscire a pagare l’affitto e le bollette di casa, è costretta ad avere un secondo lavoro come hostess per fiere ed eventi, attività che le viene contestata dagli avvocati, che la vorrebbero solamente dedita al praticantato forense.
Parlaci del contesto, l’ambientazione nello studio a conduzione familiare. Lo stato d’animo di una giovane che esce dall’università e si trova a lavorare in un ambiente così chiuso ne risente?
Diciamo che gestione familiare o non familiare cambia poco, l’ambiente è più o meno sempre quello. Il giovane laureato viene sempre sfruttato o al limite ha un rimborso spese, una condizione avvilente per chi ha studiato anni e anni per raggiungere un obiettivo, è uno dei paradossi del mondo di oggi: si studia una vita e si ha molto di meno di chi è andato a lavorare dopo il diploma.
Veniamo adesso al legal thriller entrando un po’ più nel merito di questo genere letterario. Il colpo di scena: nei tuoi libri ci sono sempre questi ribaltamenti di situazione che fanno precipitare improvvisamente gli eventi, parlaci di questo, senza svelare troppo, dato che la trama, come sempre, la si può leggere.
Mi piace molto l’idea del colpo si scena, stupire il lettore e tenerlo con il fiato sospeso, e per riuscirci ricorro a diversi espedienti narrativi. Ho già scritto dei libri noir, il primo è stato “Nero ma non troppo”, una raccolta di racconti oscuri e tenebrosi con finali a sorpresa, storie cariche di tensione, misteri ed elementi soprannaturali.
E poi?
Successivamente ho pubblicato “Benzina” che racconta la storia di una giovane quindicenne alle prese con il bullismo sui banchi di scuola. Una ragazzina inizialmente ingenua, timida e secchiona, che, per motivi che il lettore scopre nel corso della narrazione, commette un gesto gravissimo: dare fuoco alla scuola. La voce narrante è quella di Ilaria, la protagonista, che racconta la sua vicenda direttamente dal carcere minorile.
Da cosa parte l’attrazione per il thriller e il noir?
È una passione che ho da sempre. Fin da quando, ancora ragazzina, passavo pomeriggi interi a leggere i racconti di Edgar Allan Poe e Howard P. Lovecraft.
Nei tuoi libri ci sono dei personaggi ricorrenti, parlaci di questi stereotipi che spesso si ricordano l’uno con l’altro nella mente di chi ha letto più di un tuo racconto.
Francesca, la praticante, può ricordare per alcuni aspetti Angelo, il protagonista maschile di “Angelo del fango”, un ragazzo che si trova senza lavoro, a dover fare i conti con la crisi economica e la disoccupazione. Sia la vicenda che i tratti caratteristici del giovane, possono ricondurre in qualche modo a Francesca. Inoltre, in “Angelo del fango” c’è un altro personaggio ricorrente, ovvero il fidanzato cinico di Eleonora, la protagonista femminile, che assomiglia a quello di Francesca. Sono stereotipi che mi sono particolarmente cari.
Parliamo un po’ dell’autore. In te ci sono tante sfaccettature di Giulia, tante Giulia diverse e questo si rispecchia anche nei tuoi racconti, come se in te convivesse più di uno stile. Raccontaci il tuo essere così eclettica.
In effetti, quando mi chiedono quale sia il mio genere, mi è difficile trovare una risposta univoca. Ho scritto un po’ di tutto, a partire da una raccolta di racconti noir “Nero ma non troppo”, della quale ho accennato prima, proseguendo con “Benzina”, che parla del bullismo al femminile, dopodiché ho dato alle stampe qualcosa di completamente diverso ovvero una favola illustrata per bambini dal titolo “La gatta che si credeva una bambina”. I felini mi sono particolarmente cari, come si può immaginare e desumere da titolo. “Angelo del fango” invece è un libro drammatico sul disagio giovanile, diverso da quanto prima. “La praticante” è noir e torniamo alle origini. Ho fatto questa scelta per voler dimostrare di non essere del tutto imbrigliata in uno schema. Mi piace poter affrontare argomenti diversi tra loro, perché credo che sia più stimolante dal punto di vita creativo per un autore e soprattutto perché amo scrivere di tutto ciò che mi emoziona, senza precludermi possibilità e legarmi ad un genere predefinito.
È catartico?
Molto.