Dalla nostra inviata alla fiera della piccola e media editoria a Roma.
La fiera della piccola e media editoria di Roma con i suoi 55 mila visitatori si propone sempre più come un’interessante preludio al Salone del libro di Torino e salotto buono dei grandi protagonisti della letteratura.
Domenica 7 dicembre due straordinari autori di noir, Massimo Carlotto e Veit Heinichen si sono confrontati sui grandi temi e soprattutto sul futuro del genere noir.
Una straordinaria panoramica geografica e umana che parte da est, le terra di confine per antonomasia, Trieste, narrata da Veit Henichen fino a alla Padova dell’alligatore.
Il noir è sempre più chiave, secondo gli autori, di lettura del territorio, e il romanzo uno straordinario strumento per far nascere nel lettore domande sulla trasformazione della propria vita.
Heinichen ha affrontato un problema cruciale durante la presentazione, ovvero la lucidità verso la storia della propria città di adozione, e si è detto fortunato di poter scrivere da “ospite privilegiato” della strana realtà triestina, apparentemente paciosa ma invece attraversata in lungo e in largo da una criminalità internazionale.
Meglio non va a Padova secondo Massimo Carlotto, dove le merci illegali che quotidianamente arrivano da est vengono poi smistate verso tutta la penisola.
Attraverso i loro personaggi i due autori riescono a portare il lettore direttamente dentro alla storia, coinvolgendolo in una fiction verosimile in cui il lettore riconosce tutte le emergenze vere e le trasformazioni criminali di questo Paese.
La scomparsa, per esempio,di una malavita nostrana che ha dovuto fondersi e spesso asservirsi alle mafie internazionali che si spartiscono un territorio ormai devastato dagli interessi economici e svenduto al miglior offerente.
Appassionandosi alle gesta del commissario Laurenti o alle spericolate indagini dell’alligatore il lettore scopre, secondo gli autori, un mondo senza veli e soprattutto si innesca in lui un processo di ribellione verso il sentire corrente che tende a mettere l’accento sulla fastidiosissima micro crimanilità tinteggiata di xenofobia e non sugli enormi interessi economici alla base delle mafie.
I due scrittori hanno fama di “piantagrane”, scomodi per le loro allusioni più che documentate, i loro ritratti fedeli e irriverenti e riconoscibili di alte cariche politiche e il loro sfidare apertamente un modo di pensare autolesionista e rassegnato.
Dalla discussione, infatti, emerge chiarissima una forte consapevolezza del malessere che agita i territori che descrivono ma contemporaneamente una presa di coscienza dei problemi e la voglia di trasmettere un istinto a ricostruire e a far si che la realtà cambi.
Infine un bellissimo omaggio ai lettori da parte di Carlotto che riconosce negli appassionati il motore delle sue storie, regalando un ruolo vitale a chi sostiene con entusiasmo un lavoro sulla realtà che annovera molti scettici ma altrettanti entusiasti estimatori.
In sala anche Ascanio Celestini, un crociato del dire le cose come stanno, e la grande speranza uscendo da questo incontro è che sempre più persone credano nella forza innovatrice di questo genere e si riconoscano nella sua prorompente voglia di restituire la verità del mondo che ci circonda.