Ernesto Ferrero

Ernesto Ferrero vive a Torino dove è nato nel 1938. Ha iniziato nel 1963 a lavorare nell’editoria, dal 1998 è direttore della Fiera internazionale del Libro di Torino.

Tra i suoi libri, i romanzi N. ( Premio Strega 2000) e L’anno dell’Indiano, una biografia di Barbablù, il mostruoso Gilles de Rais del Medioevo francese (tutti presso Einaudi), le Lezioni napoleoniche sulla natura degli uomini, le tecniche del buon governo e l’arte di gestire le sconfitte (Mondadori), il monologo teatrale Elisa (Sellerio), una biografia per immagini di Italo Calvino (Album Calvino, Mondadori), e un’introduzione all’opera di Primo Levi (Einaudi). Per i bambini ha scritto L’Ottavo Nano (Il Battello a Vapore) e Il giovane Napoleone (Gallucci). Nel libro di memorie I migliori anni della nostra vita (Feltrinelli) ha rievocato la vita quotidiana nella casa editrice Einaudi dal 1963 alla fine degli anni ’80. Traduttore di Flaubert e Céline, collabora a La Stampa, Il Sole24ore e ai programmi culturali della Rai.

« Ho esordito come narratore piuttosto tardi, nel 1980. Riuscivo a scrivere libri solo quando cambiavo lavoro, passando da un editore all’altro. Veramente a 25 anni avevo già scritto due romanzi, ma sono rimasti nel cassetto. Di uno ho perfino perso il manoscritto.

Da dieci anni vivo nel condominio ai piedi della collina torinese e in riva al Po che fu l’ultimo domicilio di Emilio Salgari. Tutte le mattine esco dal portone in cui passava anche lui. Vorrei raccontare i suoi ultimi anni, e attraverso quelli il rapporto tra vita e scrittura.

Sono torinese, ma mia madre era di Porto Maurizio, e mi sento un ligure di collina. Nella Luna e i falò di Cesare Pavese il protagonista si chiede che cosa era prima di nascere. Ecco, io ero le fasce di ulivi , i muretti di pietra bionda che segnano l’entroterra ligure. Però dalla Liguria mi allontana la cementificazione che l’ha devastata, anche se torno spesso ad Alassio, dove faccio parte della giuria dei Premi Alassio, e dove mia moglie ed io abbiamo dei carissimi amici in Antonio e Silvia Ricci. Oggi il mio luogo di elezione è l’Isola d’Elba, in cui passo le vacanze da quarant’anni. La amo profondamente, e sono orgoglioso di essere cittadino onorario di Portoferraio.»

Il libro (di un altro) che avrebbe voluto scrivere e il libro (suo) che non avrebbe voluto scrivere.

Avrei voluto scrivere Il viaggio al termine della notte di Céline, che considero il più grande romanzo del Novecento. Ho avuto l’onore di tradurlo, e quando sono arrivato alla fine avrei voluto tradurne altre 500 pagine.

Vorrei riscrivere in modo diverso i libri che ho scritto. Dopo un po’ di tempo il distacco ti aiuta a vederli meglio. E poi noi cambiamo continuamente, cambia anche il nostro modo di “sentire” una storia e di raccontarla.

Si considera uno scrittore di genere o scrittore tout court, perché?

Spero proprio di non essere considerato uno scrittore di genere. Rispetto i generi ma il vero compito dello scrittore è la sperimentazione, la ricerca continua.

Un sempreverde (libro) da tenere sul comodino, una canzone da ascoltare sempre, un film da riguardare…

Ci sono autori che rileggo continuamente, Carlo Emilio Gadda, Italo Calvino, Primo Levi, Stendhal , Flaubert e Maupassant. Adesso vorrei rileggere Manzoni e Tolstoj. Tra le canzoni care c’è sicuramente Yesterday dei Beatles. Da giovane volevo fare il regista. Barry Lindon di Stanley Kubrik è il film che avrei voluto girare.

Si può vivere di sola scrittura oggi?

Pochissimi riescono a vivere di sola scrittura. Avere un altro mestiere aiuta a restare in contatto con la realtà. L’isolamento, la concentrazione sono necessarie, ma restare nel mondo è importante.

Favorevole o contrario alle scuole di scrittura creativa? Perché?

Le scuole possono aiutare a migliorare la tecnica, ma credo che molto dipenda dal talento personale che nessuno può insegnare.

Ha visto la trasposizione cinematografica di un suo libro: che effetto le ha fatto? E’ vero che nel passaggio fra la carta e la pellicola si perde qualcosa o no?

Dal mio romanzo N. Paolo Virzì ha tratto liberamente Io e l’imperatore con Daniel Auteuil e Monica Bellucci. Sono due cose molto diverse, ma va bene così, e anzi sono grato a Virzì, che tra l’altro è un uomo molto simpatico, perchè così il libro è tornato in circolazione.

ambretta sampietro

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