La strategia dell’inganno
Stefania Limiti
Chiarelettere
Per i molti che ancora non si capacitano di come un movimento-partito come il M5s, fuori alle righe e da tutti gli schemi politici portati in parlamento a partire dall’Unità, oggi si ritrovi alla guida del paese insieme alla Lega, altra anomalia del sistema partitico, la lettura di questo libro può dare una risposta chiara e molto semplice: perché tutta la politica, da De Gasperi in poi, che abbiamo sperimentato fin qui, ha lavorato quasi esclusivamente a vantaggio di pochi riducendoci a poco meno che una colonia delle potenze atlantiche, Usa in testa, ma anche Inghilterra, Germania e Francia. La gente alla lunga se n’è accorta e bene o male ha deciso di voltare pagina.
Un lavoro intenso e molto articolato quello dei politici che nei decenni si sono avvicendai al potere. Un lavoro sporco, fondato su bombe, attentati, tentativi di golpe, operazioni di false flag (falsa bandiera), come la bomba in piazza Fontana attribuita subito agli anarchici mentre era stata orchestrata da componenti nerissime dello Stato. E poi, quella logorante guerra psicologica giocata con la complicità dei media per spingere la popolazione a eleggere governi amici. E la P2, i faccendieri, gli amici degli amici, la corruzione a tutti i livelli, le varie trattative con la criminalità organizzata …
Proprio di questo si occupa, in questo libro, Stefania Limiti, grande giornalista di indagine, di recente scagionata dall’accusa di aver dato false informazioni al pubblico ministero (art.371 bis del c.p) semplicemente per essersi rifiutata di rivelare il nome della fonte riservata che le aveva passato informazioni riservate (fino a 4 anni di carcere), da lei inserite in un libro precedente. In altre parole: indagata e vessata per aver fatto semplicemente il suo lavoro di giornalista nel rispetto delle norme di legge che tutelano il segreto professionale.
Ma Stefania ha coraggio da vendere. E’ stata prosciolta ed è tornata in libreria con un saggio forse ancora più scottante: questo!
Qui si parla di ciò che avvenne fra il 1992 e il 1993, anno cruciale che segna il passaggio (traumatico!) dalla prima alla seconda repubblica. Dunque: nel biennio più nero della storia nera del nostro Paese, fra il marzo 1992 e l’aprile 1994, l’Italia subì un serie di attentati, apparentemente mafiosi, che gettarono la popolazione nel panico e finirono per terminare l’opera iniziata con Tangentopoli, facendo piazza pulita della vecchia politica per imboccare una svolta liberista con la discesa in campo di Silvio Berlusconi.
La stagione di sangue iniziò il 12 marzo 1992 con l’assassinio di Salvo Lima, il referente DC di Cosa nostra; poi ci fu il tentato omicidio di Maurizio Costanzo il 4 maggio (anche se non è del tutto sicuro che fosse proprio lui l’obiettivo della bomba fatta esplodere in via Fauro al passaggio della sua auto. Seguirono gli omicidi con stragi di Giovanni Falcone, 23 maggio e Paolo Borsellino, 19 luglio. Il 27 maggio dell’anno successivo ci fu la strage di Firenze; il 27 luglio le bombe a catena che esplosero a Milano e a Roma; poi l’omicidio a Palermo di Don Pino Puglisi il 15 settembre nonché il fallito maxi attentato ai carabinieri nei pressi dello stadio Olimpico a Roma del 31 ottobre e quello a Fornello contro il mafioso pentito Salvator Contorno del 14 aprile 1994.
A condire tutto questo ci furono anche il cosiddetto golpe Nardi dai risvolti boccacceschi, l’attacco alla sede Rai di Saxa Rubra sferrato da u manipolo di mercenari legati alla Cia, gli scandali del Sisde e del Sismi che arrivarono a minare la reputazione del presidente della repubblica Oscar Luigi Scalfaro; la crisi economica più grave degli ultimi vent’anni.
Gli attacchi allo Stato e alle sue istituzioni cessarono a metà del 1994, quando Cosa Nostra trovò nuovi puntelli politici anche se perse i boss di spicco: Leoluca Bagarella, i fratelli Graviano e Totò Riina, arrestati, processati e condannati.
Ma non è finita, perché il Paese sperimentò l’umiliante “messa in ginocchio” della trattativa dello Stato con i Corleonesi i quali, in cambio della cessazione delle stragi, pretesero e ottennero la revisione del maxiprocesso, l’abolizione dell’ergastolo per i mafiosi e la cancellazione del secondo comma dell’articolo 41-bis c.p, che aveva introdotto un regime carcerario durissimo per i boss. Naturalmente non tutto quello che Riina aveva chiesto nel famoso ‘papello’ fu concesso subito, però è un dato di fatto che nel novembre 1993, in pieno scacco da parte della mafia, il 41bis fu revocato dal governo Ciampi nella persona del ministro Conso.
Ma furono davvero pochi uomini calati su Palermo da Corleone, feroci e sanguinari ma ignoranti, a disegnare la strategia destinata a togliere di mezzo il più importante e potente partito comunista europeo, il Pci, insieme a tutta la compagine parlamentare, Dc in testa, oppure dietro di loro c’era una strategia precisa, ordita da “menti raffinatissime”, come ebbe a dire Giovanni Falcone?
Sta di fatto che da una Stato, se vogliamo più assistenziale che sociale, ma attento ai bisogni della gente, giudicato troppo di sinistra, si sterzò bruscamente a destra, imboccando quel percorso che (guarda, guarda!) era stato tracciato da Licio Gelli nel suo “Piano di rinascita nazionale”, sfociato nell’attuale liberismo selvaggio.
E la mafia come entra in tutto questo?
“Siamo andati in un terreno che non ci appartiene, quei morti non ci appartengono.” Sono parole di Gaspare Spatuzza, stragista pentito di Cosa nostra. Parole che dicono molto.
Può darsi che le mafie (non soltanto Cosa nostra) siano state il braccio armato al servizio di quelle “menti raffinatissime”, ma è certo che dalla svolta del 1994 hanno ottenuto vantaggi enormi. Oggi non hanno più bisogno di sparare perché il loro “fatturato” in tutti i campi, anche nei business perfettamente legali ma intrapresi con proventi illeciti, fa concorrenza al bilancio dello Stato.
Ci fu, per la verità, un tentativo di indagare sui possibili mandanti politici delle stragi. La Procura di Firenze, aprì fascicoli su diversi personaggi. In particolare su Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri, considerati come i nuovi referenti di Cosa Nostra, ma l’inchiesta fu archiviata nel 1998.
Restano le amare conclusioni di Stefania Limiti che, a bocce ferme, osserva come a trarre vantaggio dalla strategia terroristica messa in atto dalla mafia siano state proprio le forze più conservatrici, quelle che mirano alla conservazione dei privilegi e all’abbattimento dei diritti dei cittadini più deboli, a cominciare da quelli dei lavoratori, a tutto vantaggio di coloro che puntano al profitto.
“Le stragi intimidiscono le istituzioni, disorientano le forze politiche, generano uno spazio pubblico di caos. E creano gli uomini d’ordine ai quali la massa si affida, invocando la ghigliottina”. Forse non proprio la ghigliottina per fortuna, ma il resto è esattamente quello con cui oggi ci troviamo a fare i conti.