Piccoli scrittori crescono
Ecco il racconto numero tre scelto fra i migliori prodotti dai ragazzi dell’Istituto Martino Martini di Mezzolombardo (Trento) nel corso del workshop che si è tenuto a Suzzara il 29 gennaio scorso, nell’ambito del festival di letteratura noir Nebbiagialla.
La prima parte, in corsivo, è l’incipit scelto dall’autore fra i tre proposti.
Una festa pericolosa
Di Gabriele Osti
cl 1° A. Istituto Tecnico Economico
Una corsa pazza nel buio, con il casco integrale calcato sopra i lunghissimi capelli di cui si intravedevano solo alcune ciocche lasciate strategicamente libere sul collo.
Marzia era in ritardo per l’appuntamento con Andrea. Aveva perso più tempo del previsto per convincere i suoi a lasciarla uscire e doveva dare gas se voleva incontrarlo prima che lui entrasse nel locale e la vedesse arrivare in sella al bolide verde.
«Non fare tardi», si era raccomandata la madre. «Domani hai lezione.»
«Solo fino all’una», aveva promesso lei. «Arrivo da Claudia con la moto e poi ci accompagna suo fratello in macchina».
E invece no. Niente fratello, niente macchina.
E, naturalmente, niente Claudia.
La Kawasaki Ninja 300 era stata il regalo per la maturità ottenuta con ottimi voti. Marzia non sarebbe mai scesa dalla sella, ma le condizioni poste dai genitori, a partire dal momento in cui aveva ottenuto la patente, erano state chiare e tassative: piccoli tragitti in paese, fino a quando non sarai davvero esperta.»
«Ma ho la patente!» aveva protestato.
«La patente non dice che sai davvero condurre quel mostro. E, comunque, mai di notte!»
A diciannove anni Marzia era uno scricciolo di ragazza ma in sella alla sua Kawa si sentiva una gigantessa. Le moto erano la sua passione. Avrebbe voluto diventare pilota e correre il Gran Premio come Valentino Rossi, ma qui suo padre era stato categorico: no! La piccola Kawasaki era stata il giusto compromesso per convincerla a iscriversi all’università.
Quella sera, mentre macinava chilometri sulla Provinciale, Marzia era consapevole di violare il patto con i genitori, ma la prospettiva di fare la sua entrata in scena apparendo ad Andrea in sella a quella meraviglia scintillante era stata una tentazione irresistibile.
«Io sarò là dopo le dieci e mezza. Ti aspetto un quarto d’ora per entrare insieme. E’ una festa privata e non saresti ammessa senza di me, » le aveva detto quel pomeriggio sul pullman che li riportava entrambi a casa. E a lei era venuta l’idea di trasgredire alla regola numero uno per farsi ammirare.
Una piccola bravata senza rischi, aveva pensato. Anzitutto non c’era pericolo che la scoprissero, poi la notte era limpida, illuminata da una luna enorme. Poche le auto in circolazione. Al ritorno avrebbe trovato la strada ancora più sgombra e avrebbe potuto spingere a fondo.
Marzia, volando sull’asfalto, sentiva il cuore che cantava.
Passò mezz’ora da quando Marzia era salita in sella al suo bolide, quando ricevette una chiamata di Andrea, il ragazzo che le piaceva da molto tempo. Per rispondere dovette rallentare e accostarsi al ciglio della carreggiata.
«Cosa vuoi Andrea?»
«Volevo solo sapere se verrai.»
«Sì, sto arrivando… Per la verità non potrei… Entro l’una di notte dovrò essere di ritorno a casa altrimenti i miei si arrabbieranno. Chiameranno a casa di Claudia per chiederle che fine ho fatto e…».
«Okay,» tagliò corto il ragazzo. «Cerca di essere veloce perché la festa sta per cominciare e io non me la voglio perdere per nessun motivo.»
«Sì, non ti preoccupare, non tarderò. A dopo.»
Marzia ripartì con la mano destra stretta all’acceleratore. Diede gas superando il limite di velocità in un batter d’occhio. Non vedeva l’ora di essere con Andrea e di partecipare alla sua prima festa privata, dove avrebbe potuto conoscerlo meglio e magari anche incontrare altre persone interessanti. Poiché la strada era sgombra continuò ad accelerare.
Erano le dieci e quarantacinque minuti quando i due s’incontrarono davanti al luogo della festa: due ragazzi, uno più bello dell’altra. Andrea era vestito molto bene, aveva jeans neri e sopra una giacchetta molto leggera di colore blu scuro sotto cui si intravedeva una bellissima maglia bianca con il disegno di una cravatta nera a pois grigi. Marzia, invece, aveva un vestito bianco con la gonna a righe orizzontali bianche e nere. Forse la scollatura era un tantino esagerata e poteva dare nell’occhio, ma i grandi occhiali neri le davano un pizzico di mistero. Il ragazzo le andò incontro e le porse la mano per accompagnarla dentro, ma lei era pallidissima e per l’emozione la sua mano cominciò a sudare. Affrettò il passo per entrare prima che la situazione precipitasse mettendola in imbarazzo.
Marzia suonò il campanello e l’uscio fu aperto dal compagno di banco di Andrea che si affrettò a entrare seguito da Marzia la quale subito si tappò le orecchie per la musica assordante che usciva dalle casse sparse per tutte le stanze: evidentemente la festa era già cominciata.
Fino alle undici tutti rimasero sobri ma presto si cominciò a bere. Marzia si aggirava per le stanze un po’ spaesata quando notò che diversi ospiti, fra cui Andrea, salivano al piano superiore.
Passò un’ora. Andrea non tornava. Marzia decise di salire a cercarlo.
Lo trovò in una stanza al buio, illuminata debolmente dalla luce della strada che filtrava attraverso le tapparelle abbassate. Era in compagnia di una persona che non conosceva.
Marzia e Andrea scesero insieme a mezzanotte passata e percorsero il corridoio per raggiungere l’uscita quando un adulto li fermò con un tocco sulla spalla. «Venite a bere qualcosa di là, per piacere, la festa è appena iniziata!»
Andrea lanciò un’occhiata a Marzia che, essendo sua ospite, si sentì obbligata ad accettare. Fece sì con il capo e seguì i due in una in un’altra stanza piena di persone sbronze. In realtà gli ubriachi erano una trentina ma almeno venti non si reggevano in piedi.
Andrea cominciò a bere un bicchiere dopo l’altro sotto gli occhi di Marzia che lo guardava, impotente, finché qualcuno le mise fra le mani un bicchiere con un liquido rossastro. Sembrava un cocktail ed era invitante. Marzia lo stava portando alle labbra quando vide Andrea cadere a terra di schianto, svenuto. Allontanò il bicchiere e chiamò la guardia medica che in meno di cinque minuti inviò un’autoambulanza.
Andrea fu portato all’ospedale e Marzia seguì l’ambulanza con la Kawasaki. Ma si riebbe e fu presto dimesso. I medici attribuirono lo svenimento all’alcol ma la ragazza aveva il dubbio che avesse preso anche qualcos’altro.
Erano le tre del mattino quando I due ragazzi furono liberi di rincasare. Marzia accompagnò Andrea a si fiondò a casa dove ad attenderla trovò i genitori. Erano seduti in salotto e appena entrò si limitarono a guardarla con la faccia scura: avevano telefonato a Claudia e lei non aveva potuto fare altro che dire la verità.
Prima di andare a coricarsi Marzia dovette consegnare al padre, infuriato, le chiavi della moto e la patente. Ma non fece troppe storie perché si era resa conto di aver corso, con la sua scappatella, un brutto rischio.
Da quel giorno Marzia smise di frequentare Andrea perché aveva capito che lui avrebbe finito per portarla su una cattiva strada ma poiché il suo affetto per lui non era affatto svanito, tenne per sé il segreto del malore: nessuno seppe che quella sera Andrea aveva fatto uso di stupefacenti.